Ascoltate Josè Saramago intervistato da Serena Dandini

giovedì 31 luglio 2008

Maroni risponde al Consiglio d’Europa: non siamo razzisti (è che ci disegnano così)

Il Ministro dell’Interno Maroni ha dichiarato di essersi stupito (e parecchio scocciato) di fronte al duro rapporto redatto dal Commissario speciale per i diritti umani Hammarberg sulle politiche migratorie del governo italiano e su quelle che colpiscono rom e sinti. Il commissario ha infatti denunciato il clima di intolleranza diffusa che circola in tutto il paese; clima nei confronti del quale, a suo dire, il governo non appare impegnato in un’operazione di contrasto fornendo piuttosto, a volte, un malcelato sostegno anche attraverso l’operato delle forze di polizia.
Il Ministro, quindi, di fronte all’ennesimo richiamo (ci sono già stati quello di Amnesty International, ma anche quello del Parlamento europeo e tanti altri), ripropone ancora una volta lo stesso copione che recita più o meno così: "sono farneticazioni, qui nessuno è razzista, ma bisogna dare più sicurezza agli italiani".

Non sarebbe vero dunque che l’Italia sigla accordi bilaterali su rimpatri e deportazioni con paesi che non rispettano i diritti umani e non disdegnano la tortura, come la Tunisia, o che non hanno mai pensato di ratificare la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati come la Libia (accordi tra l’altro il cui ’merito’ non ricade certo soltanto sull’attuale governo, ma nei quali D’Alema o Amato hanno avuto un ruolo altrettanto sostanziale).

E non sarebbe allo stesso modo vero, pertanto, che dichiarare di voler indirizzare i tagli del sussidio per gli indigenti solo ai cittadini stranieri, o schedare tutti i bambini di un particolare gruppo etnico, siano politiche intrise di razzismo.

Inoltre non sarebbe razzista aggiungere un aggravamento della pena se uno stesso identico reato viene commesso da un migrante irregolare invece che da un italiano, e non sarebbe certo razzista dichiarare che i centri di detenzione - che imprigionano persone solo perché non hanno i documenti in regola e provengono da un altro paese - non solo debbano esistere e moltiplicarsi, ma vadano presidiati dai militari con i mitra in mano.

Tutto questo, ovviamente, oltre a non avere nulla a che fare con il razzismo, non produrrebbe poi, seguendo il ragionamento del Ministro Maroni, alcuna conseguenza negativa sulla società.

Non sarà certo il razzismo, quindi, ma qualcos’altro, la ragione delle decine di episodi che hanno attraversato da nord a sud l’Italia dell’ultimo disastroso periodo. Così come non hanno agito spinti e legittimati da una certa spiegazione razzista del mondo, dei propri problemi e delle proprie insicurezze, tutti i cittadini di questo paese che si sono ritrovati ad insultare, picchiare, bruciare, sputare contro altre persone, anche donne e bambini, soltanto perché percepiti come ‘stranieri’. Non è definibile come razzismo questo odio intollerante che fino a ieri veniva quanto meno tenuto a freno dal pudore.
Ma allora cos’é?
Nell’attesa che venga trovata una risposta a questa domanda è forse bene fornire un elenco (incompleto ma significativo) di alcuni particolari fatti accaduti nel corso degli ultimi dodici mesi di cronaca italiana.
Pubblicato da : Melting Pot



I deliri di Radio Padana sul Blog di Daniele Sensi : L'AntiCominitarista

martedì 29 luglio 2008

Buone Notizie

Vi ricordate di Rebecca Covaciu la " Piccola artista" Rom ?

Ora i Covaciu hanno una casa, garantita da un contratto di comodato gratuito per un anno.

G. e A. un coppia di mezza età che risiede a Potenza, spiegano:"Abbiamo conosciuto la storia di Rebecca su Internet, e di punto in bianco abbiamo desiso di ospitarli in questa casa che non abitiamo".

Preferiscono non essere nominati. "Non vogliamo trasformarci nel prototipo mediatico della famiglia italiana solidale".

Ma il loro altruismo ha restituito il sorriso alla prole di Stelian.

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Nel 2003 Saeed Jazee, lo scultore minorenne, aveva ucciso senza premeditazione un coetaneo che lo aveva aggredito e si era poi dato da fare per soccorrerlo.
Amnesty International aveva lanciato un'azione urgente per impedire la sua esecuzione.

A seguito del perdono concesso dalla famiglia della vittima, è stato graziato il 26 luglio 2008

lunedì 28 luglio 2008

Piccole vittime senza nome

Afghanistan- Due bambini crivellati a un checkpoint della Nato
Ultime vittime di una serie infinita di stragi di civili targate Nato, ormai sempre più frequenti e sanguinose. Nel solo fine settimana si contano diciotto civili uccisi. PeaceReporter ripercorre i massacri delle ultime settimane e i più recenti episodi che hanno provocato la morte di bambini: una drammatica costante fin dall’inizio di questa guerra
Non sappiamo i nomi dei due bambini afgani uccisi domenica dalle raffiche di mitra dei soldati della Nato i morti stranieri non meritano tale umana attenzione. Sappiamo solo che domenica si trovavano a Kandahar, a bordo di un’automobile che non si è fermata subito all’alt di un checkpoint Isaf. I militari, per ragioni di sicurezza, hanno aperto il fuoco. I due bambini sono stati crivellati di colpi e sono morti dissanguati. Ferito gravemente il guidatore.
Il giorno prima, nella vicina provincia di Helmand, quattro civili avevano perso la vita nella stessa identica maniera, tre rimangono feriti.
Nelle stesse ore, altri tre civili erano morti sotto un bombardamento dell’artiglieria Usa nella provincia orientale di Paktika, mentre nove agenti di polizia afgani erano stati uccisi “per errore” in un bombardamento aereo statunitense nella provincia occidentale di Farah, sotto comando italiano.

Escalation di stragi. Quest’anno il numero di civili afgani uccisi dalle forze Nato ha registrato una drammatica impennata, con “incidenti” ormai quotidiani e sempre più sanguinosi. Tra giugno e luglio si sono verificate delle vere e proprie stragi. Come quella del 6 luglio, quando i caccia della Nato hanno bombardato un corteo nuziale sulle montagne della provincia di Nangarhar, ammazzando quarantadue donne e bambini, tra cui la giovanissima sposa, una ragazzina di nome Ruhmina.
Solo due giorni prima, ventidue civili sono rimasti uccisi in un bombardamento aereo Usa nella provincia orientale del Nuristan. Il governatore provinciale che ha denunciato il massacro è stato destituito pochi giorni dopo da Karzai.
Il 10 di giugno, trentatré civili sono morti sotto le bombe sganciate dai caccia statunitensi su un villaggio della provincia di Paktika.

Piccole vittime. Dei tanti – impuniti – crimini di guerra commessi dagli Stati Uniti e dalla Nato in Afghanistan, quelli contro i bambini sono certamente i più odiosi.
Lo scorso 21 marzo, il nostro Venerdì Santo, le bombe Nato sganciate su un villaggio nella provincia centrale di Uruzgan uccisero e ustionarono diversi bambini. Altri ne morirono dopo il ricovero all’ospedale di Emergency a Lashkargah.
Nella stessa clinica pochi giorni prima era stata ricoverata una donna, Halima, che aveva appena perso i suoi due bambini, uccisi dalla mitragliatrice di un elicottero Apache assieme ad altri dodici suoi familiari nel villaggio di Haydarabad, in provincia di Helmand. Tornando indietro negli anni, fino alle stragi del dicembre 2003 a Hutala e Gardez, l’elenco degli episodi che hanno visto la morte di bambini afgani per mano delle truppe Usa e Nato è lunghissimo, e dovrebbe far riflettere. (Piccole vittime senza nome di Enrico Piovesana)
Pubblicato su : PeaceReporter

sabato 26 luglio 2008

LA 'PICCIRIDDA' DI BORSELLINO


« “Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita. Tutti hanno paura ma io l'unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi.Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi ma io senza di te sono morta.” » Rita Atria (Partanna, 4 settembre 1974 – Roma, 26 luglio 1992)


"Rita, non t'immischiare, non fare fesserie" le aveva detto ripetutamente la madre, ma, Rita aveva incontrato Paolo Borsellino, un uomo buono che le sorride dolcemente, e lei parla, parla…racconta fatti. Fa nomi. Indica persone, compreso l'ex sindaco democristiano Culicchia, che ha gestito e governato il dopo terremoto. "Fimmina lingua longa e amica degli sbirri" disse qualcuno intenzionalmente, e così al suo funerale, di tutto il paese, non andò nessuno. Non andò neppure sua madre, che, disamorata, fredda e distaccata, l'aveva ripudiata e minacciata di morte perché quella figlia così poco allineata, per niente assoggettata, le procurava stizza e preoccupazione. Inoltre, sia a lei che a quella poco di buono di sua nuora, Piera Aiello, che aveva plagiato a picciridda, non perdonava di aver "tradito" l'onore della famiglia.Si recherà al cimitero parecchi mesi più tardi, e con un martello, dopo aver spaccato il marmo tombale, rompe pure la fotografia della figlia, una foto di Rita appena adolescente. Figlia di un piccolo boss di quartiere facente capo agli Accardo, Rita Atria è nata e cresciuta a Partanna, piccolo comune del Belice, una vasta zona divenuta famosa perché distrutta dal terremoto. Un territorio in cui, in quel periodo, si dice circolasse denaro proveniente dal narcotraffico, e di cui Rita non sopporta le brutture, le vigliaccherie, la tristezza. L'ignavia delle donne. "Una donna sa sempre cosa sta combinando suo marito o suo figlio" ha spiegato Piera Aiello moglie di Nicola Atria, fratello di Rita, e lei condivide con convinzione. Sensibile all'inverosimile, eppur ostinata, caparbia, fin dall'adolescenza dimostra di essere molto dura ed autonoma. Acasa sua, faide, ragionamenti, strategie, vecchi rancori, interessi di ogni tipo, erano all'ordine del giorno, perché, suo padre, don Vito Atria, ufficialmente pastore di mestiere, era un uomo di rispetto che si occupava di qualsiasi problema; per tutti trovava soluzioni; fra tutti, metteva pace, "…per questioni di principio e di prestigio…- sosteneva Rita - senza ricavarne particolari vantaggi economici…" tranne quello di rubare bestiame tranquillamente ed avere buoni rapporti con tutti quelli che contavano.Cionostante, il 18 novembre dell'85, don Vito Atria, non avendo capito che il tempo è cambiato, e che la droga impone un cambio generazionale, è stato ucciso. Rita innanzi a quel cadavere crivellato di colpi, fra gli urli e gli impegni di rappresaglia dei famigliari, anche se appena dodicenne, dentro di sé, comincia ad rimestare vendetta. Ma la morte del padre le lascia un vuoto.Rita, allora, riversa tutto il suo affetto e la sua devozione sul fratello Nicola. Ma Nicola era un "pesce piccolo" che col giro della droga, aveva fatto i soldi e conquistato potere. Girava sempre armato e con una grossa moto. Quello con il fratello diventa un rapporto molto intenso, fatto di tenerezza, amicizia, complicità, confidenze. E' Nicola, infatti, che le dice delle persone coinvolte nell'omicidio del padre, del movente; chi comanda in paese, le gerarchie, cosa si muove, chi tira le fila… trasformando così una ragazzina di diciassette anni, in custode di segreti più grandi di lei. Tutto ciò non le impedisce di innamorarsi e fidanzarsi con Calogero, un giovane del suo paese. Fino al 24 giugno del 91, il giorno in cui anche suo fratello Nicola viene ucciso e sua cognata Piera Aiello che da sempre aveva contestato a quel marito le frequentazioni e i suoi affari, collabora con la giustizia e fa arrestare un sacco di persone. Calogero interrompe il fidanzamento con Rita perché cognata di una pentita e sua madre Giovanna va in escandescenze.Dopo il trasferimento in località segreta di Piera e dei suoi figli, Rita a Partanna è veramente sola: rinnegata dal fidanzato e dalla mamma, non sa con chi parlare, con chi scambiare due parole.Sottomettersi come sua madre o ribellarsi?All'inizio di novembre, ad appena diciassette anni, decide di denunciare il sistema mafioso del suo paese e vendicare così l'assassinio del padre e del fratello. Incontra il giudice Paolo Borsellino, un uomo buono che per lei sarà come un padre, la proteggerà e la sosterrà nella ricerca di giustizia; tenterà qualche approccio per farla riappacificare con la madre. La ragazzina inizia così una vita clandestina a Roma. Sotto falso nome, per mesi e mesi non vedrà nessuno, e soprattutto non vedrà mai più sua madre. L'unico conforto è il giudice. Ma arriva l'estate del '92 e ammazzano Borsellino, Rita non ce la fa ad andare avanti. Una settimana dopo si uccide.Ma la storia di Rita non finisce così, come così non finisce la speranza e la voglia di cambiare questo paese e di denunciare le mafie. Ogni anno in tutta Italia vengono organizzate iniziative per ricordarla e per continuare il suo percorso.
( LIBERA - associazioni, nomi e numeri contro le mafie)
"Alla volontà della politica di combattere veramente la mafia io non ho mai creduto" (Paolo Borsellino)

venerdì 25 luglio 2008

Nessuno vince in guerra


Barack Obama e John McCain continuano a discutere sulla guerra. McCain dice che bisogna tenere le truppe in Iraq fino a quando non avremo vinto, e mandare altre truppe in Afghanistan. Obama dice che bisogna ritirare in parte, non tutte, le truppe e mandarle a combattere in Afganistan.
Per quelli, come me, che hanno combattuto nella II Guerra mondiale, e da allora hanno lottato contro la guerra, è necessario chiedersi: i nostri leader politici sono impazziti? Non hanno imparato niente dalla storia? Non hanno capito che nessuno esce vincitore da una guerra, ma che centinaia di esseri umani muoiono, soprattutto civili e bambini?

Abbiamo forse vinto la guerra in Corea? In realtà ci siamo trovati di fronte ad una situazione di stallo, e abbiamo lasciato tutto come era prima, con una dittatura nel Sud Corea e una nel Nord Corea. Per giunta più di 2 milioni di persone – moltissimi civili – sono morte, gli Stati Uniti hanno scaricato napalm sui bambini e 50.000 soldati americani hanno perso la vita.

Possiamo dire di aver vinto in Vietnam? Siamo stati costretti a ritirarci, dopo che sono morti 2 milioni di vietnamiti, ancora una volta soprattutto civili, ci siamo lasciati dietro bambini ustionati o senza arti, e 58.000 soldati americani morti.
Abbiamo vinto la prima Guerra del Golfo? Non direi proprio. Si è vero abbiamo cacciato Saddam Hussein fuori dal Kuwait, le vittime americane sono state soltanto poche centinaia, ma sono morti forse 100.000 iracheni. Per giunta le conseguenze sono state disastrose per gli Stati Uniti: Saddam era sempre al potere, e l’America è stata costretta ad imporre sanzioni economiche. Questo ha provocato la morte di centinaia di migliaia di iracheni, secondo l’ONU, e preparato il terreno per un’altra guerra.

In Afghanistan, gli Stati Uniti hanno dichiarato “vittoria” sui Talebani. Adesso i Talebani sono tornati e gli attacchi sono aumentati. Il numero dei soldati americani morti in Afghanistan è maggiore rispetto alle vittime americane in Iraq. Che cosa fa pensare Obama che aumentare il numero delle truppe in Afghanistan porterà alla vittoria? E se anche così fosse, da un punto di vista militare, quanto durerebbe, e a quale prezzo di vite umane da entrambe le parti?

Il fatto che gli attacchi in Afganistan si siano intensificati dovrebbe far riflettere su com’è iniziata questa guerra. Dovrebbero essere più cauti coloro che affermano che era sbagliato attaccare l’Iraq ma giusto attaccare l’Afghanistan.

Torniamo indietro, all’11 settembre. I dirottatori fanno schiantare gli aerei sul World Trade Center e sul Pentagono, uccidendo 3.000 persone. Un atto terroristico imperdonabile da qualunque codice morale. La nazione si è infiammata. Il presidente Bush dichiara guerra all’Afghanistan, con l’approvazione del pubblico americano trascinato da un’ondata di paura e rabbia. Bush dichiara “guerra al terrorismo”.

A parte i terroristi, tutti siamo contro il terrorismo. Per cui una guerra al terrorismo poteva sembrare giusta. Ma è proprio questo il problema, che non è stato considerato dalla maggior parte degli americani nella foga del momento: il presidente Bush, nonostante la sua arrogante sicurezza, non aveva la più pallida idea di come fare una guerra al terrorismo.

Sì, Al Qaeda – un gruppo di fanatici relativamente piccolo ma spietato – era responsabile degli attacchi. E sì, c’erano le prove che Osama bin Laden e altri fossero in Afghanistan. Ma gli Stati Uniti non sapevano esattamente dove, cosi hanno invaso e bombardato tutto il paese. La gente ha pensato che fosse giusto, “Dovevamo fare qualcosa” si diceva in giro.
Sì, dovevamo fare qualcosa. Ma qualcosa di sensato, non un atto temerario ed incosciente. Approveremmo un capo della polizia che per colpire un pericoloso criminale, sapendo che si nasconde in un certo quartiere ordina che tutto il quartiere sia bombardato? Ben presto il numero delle vittime ha superato i 3.000, quindi ha superato il numero delle vittime dell’11 settembre. Centinaia di afghani sono stati costretti a fuggire dalle loro case e sono diventati profughi erranti.
Due mesi dopo l’invasione dell’Afghanistan, un articolo sul Boston Globe descriveva un bambino di 10 anni sul letto d’ospedale: “Ha perso gli occhi e le mani a causa di una bomba che ha colpito la sua casa durante il pranzo della domenica”. Il dottore che lo curava ha detto: “Gli americani avranno pensato che fosse Osama altrimenti perché ridurlo così?”
Dovremmo chiedere ai candidati alla presidenza: la nostra guerra in Afghanistan sta vincendo il terrorismo o lo sta provocando? E la guerra stessa non è forse terrorismo?
Pubblicato su: peacereporter

giovedì 24 luglio 2008

Il male peggiore: L' INDIFFERENZA


Il peggiore peccato contro i nostri simili non è l'odio ma l'indifferenza: questa è l'essenza dell'inumanità. (George Bernard Shaw)

domenica 20 luglio 2008

Ho il Virus!!!


Dovrò assentarmi. Sono stata costretta. Costretta da un sistema che, per questioni politiche, commerciali o per puro divertissement, mi tiene lontana dal mio blog. Questo post infatti è stato scritto da un altro computer, dato che il mio è infetto da spyware, malware e simili. Virus entrati probabilmente attraverso Messenger che scorrazzano liberamente tra i dati del mio computer, elaborati in modo da rilevare il mio antivirus e bloccarne gli aggiornamenti. Perché proprio a me? Verrebbe da dire (anche se a me viene proprio da urlare). Perché questi virus sono dei programmi, degli ammassi di dati congegnati in modo da rispondere alle stesse azioni, ogni volta sempre allo stesso modo. Stanno nella rete, non hanno nazionalità, sono in circolo e come ogni virus che si rispetti, infettano e sono trasmissibili da soggetto a soggetto. E non è certo responsabilità dell’antivirus, anche lui, in fondo è un ammasso di dati che, se lo conosci puoi fregarlo. Virus e antivirus funzionano allo stesso modo, come due lottatori che si studiano, solo che in mezzo ci stai tu: l’utente medio. A volte infatti anche una piccola distrazione può rivelarsi fatale e, come nel mio caso, portare alla paralisi del proprio computer.
Vorrei dire solo poche cose.
Se le questioni sono politiche, i fabbricanti di virus assomigliano ai black block di Genova o ai kamikaze palestinesi: il fine non giustifica i mezzi. Per i brigatisti occorreva “colpirne uno per rieducarne cento”… ma qui si fa una strage per destabilizzare un colosso, come se per diffondere il vegetarismo si dovessero uccidere indifferentemente McDonald, i macellai e i clienti delle macellerie in ogni parte del mondo.
Allora forse il movente è un altro. È una guerra commerciale. Dove se io (programmatore) di giorno lavoro per una nota ditta di software, di notte lavoro per un’altra ditta, per la quale fabbrico virus capaci di destabilizzare i software da me programmati di mattina. O magari lavoro sempre per la stessa ditta, un po’ come quei medici che creano in laboratorio nuove malattie e nuovi vaccini, in contemporanea.
Nessuno può sapere la verità: colossi dell’informatica planetaria impegnati in una guerra a colpi di trojan e spioni del web, di vermoni e bachi? O ladroni mascherati da finti guerriglieri che tentano di aprire porte tra intrecci di dati, con il solo scopo di arrivare a tutti i costi, percorrendo tutte le strade possibili, ad avere l’accesso a codici bancari, postali o quant’altro?
Oppure dei semplici burloni, malati di onnipotenza, capaci di distruggere un computer a distanza, che godono dell’impotenza altrui?
Fatto sta che io sono senza il mio innocuo computer domestico, una delle poche porte col mondo esterno, con la comunicazione, con l’informazione più genuina. Stop. Porta chiusa per qualche giorno, giusto il tempo di dirvene quattro, maledetti

venerdì 18 luglio 2008

"E' AL COLMO LA FECCIA" lettera di A. Zanotelli

“E’ AL COLMO LA FECCIA”
LETTERA AGLI AMICI di padre Alex Zanotelli letta su
: Latinoamerica e tutti i Sud del mondo

Carissimi, è con la rabbia in corpo che vi scrivo questa lettera dai bassi di Napoli, dal Rione Sanità nel cuore di quest'estate infuocata. La mia è una rabbia lacerante perché oggi la Menzogna è diventata la Verità. Il mio lamento è così ben espresso da un credente ebreo nel
Salmo 12 :
"Solo falsità l'uno all'altro si dicono:
bocche piene di menzogna,
tutti a nascondere ciò che tramano in cuore.
Come rettili strisciano,
e i più vili emergono,
è al colmo la feccia"
Quando, dopo Korogocho, ho scelto di vivere a Napoli , non avrei mai pensato che mi sarei trovato a vivere le stesse lotte. Sono passato dalla discarica di Nairobi, a fianco della baraccopoli di Korogocho alle lotte di Napoli contro le discariche e gli inceneritori. Sono convinto che Napoli è solo la punta dell’iceberg di un problema che ci sommerge tutti. Infatti, se a questo mondo, gli oltre sei miliardi di esseri umani vivessero come viviamo noi ricchi (l’11% del mondo consuma l’88% delle risorse del pianeta!) avremmo bisogno di altri quattro pianeti come risorse e di altro quattro come discariche ove buttare i nostri rifiuti. I poveri di Korogocho, che vivono sulla discarica, mi hanno insegnato a riciclare tutto, a riusare tutto, a riparare tutto, a rivendere tutto, ma soprattutto a vivere con sobrietà.E’ stata una grande lezione che mi aiuta oggi a leggere la situazione dei rifiuti a Napoli e in Campania, regione ridotta da vent’anni a sversatoio nazionale dei rifiuti tossici. Infatti esponenti della camorra in combutta con logge massoniche coperte e politici locali, avevano deciso nel 1989, nel ristorante “La Taverna” di Villaricca, di sversare i rifiuti tossici in Campania. Questo perché diventava sempre più difficile seppellire i nostri rifiuti in Somalia. Migliaia di Tir sono arrivati da ogni parte di Italia carichi di rifiuti tossici e sono stati sepolti dalla camorra nel Triangolo della morte (Acerra-Nola- Marigliano), nelle Terre dei fuochi (Nord di Napoli) e nelle campagne del Casertano. Questi rifiuti tossici “bombardano” oggi, in particolare i neonati, con diossine, nanoparticelle che producono tumori, malformazioni , leucemie...Il documentario \"Biutiful Cauntri\" esprime bene quanto vi racconto.A cui bisogna aggiungere il disastro della politica ormai subordinata ai potentati economici-finanziari. Infatti questa regione è stata gestita dal 1994 da 10 commissari straordinari per i rifiuti,scelti dai vari governi nazionali che si sono succeduti. (E’sempre più chiaro, per me, l’intreccio fra politica, potentati economici-finanziari, camorra, logge massoniche coperte e servizi segreti!). In 15 anni i commissari straordinari hanno speso oltre due miliardi di euro, per produrre oltre sette milioni di tonnellate di “ecoballe”, che di eco non hanno proprio nulla: sono rifiuti tal quale, avvolti in plastica che non si possono nè incenerire (la Campania è già un disastro ecologico!) né seppellire perché inquinerebbero le falde acquifere. Buona parte di queste ecoballe, accatastate fuori la città di Giugliano, infestano con il loro percolato quelle splendide campagne denominate \"Taverna del re\".E così siamo giunti al disastro! Oggi la Campania ha raggiunto gli stessi livelli di tumore del Nord-Est, che però ha fabbriche e lavoro. Noi, senza fabbriche e senza lavoro, per i rifiuti siamo condannati alla stessa sorte. Il nostro non è un disastro ecologico -lo dico con rabbia- ma un crimine ecologico, frutto di decisioni politiche che coprono enormi interessi finanziari. Ne è prova il fatto che Prodi, a governo scaduto, abbia firmato due ordinanze: una che permetteva di bruciare le ecoballe di Giugliano nell’inceneritore di Acerra, l’altra che permetteva di dare il Cip 6 (la bolletta che paghiamo all’Enel per le energie rinnovabili) ai 3 inceneritori della Campania che “trasformano la merda in oro -come dice Guido Viale- Quanto più merda, tanto più oro!”.Ulteriore rabbia quando il governo Berlusconi ha firmato il nuovo decreto n. 90 sui rifiuti in Campania. Berlusconi ci impone, con la forza militare, di costruire 10 discariche e quattro inceneritori. Se i 4 inceneritori funzionassero, la Campania dovrebbe importare rifiuti da altrove per farli funzionare. Da solo l’inceneritore di Acerra potrebbe bruciare 800.000 tonnellate all’anno! E’ chiaro allora che non si vuole fare la raccolta differenziata, perché se venisse fatta seriamente (al 70%), non ci sarebbe bisogno di quegli inceneritori. E’ da 14 anni che non c’è volontà politica di fare la raccolta differenziata. Non sono i napoletani che non la vogliono, ma i politici che la ostacolano perché devono ubbidire ai potentati economici-finanziari promotori degli inceneritori. E tutto questo ci viene imposto con la forza militare vietando ogni resistenza o dissenso, pena la prigione. Le conseguenze di questo decreto per la Campania sono devastanti. \"Se tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge (articolo 3 della Costituzione), i Campani saranno meno uguali, avranno meno dignità sociale\" così afferma un recente Appello ai Parlamentari Campani. Ciò che è definito “tossico” altrove, anche sulla base normativa comunitaria, in Campania non lo è; ciò che altrove è considerato “pericoloso”qui non lo sarà. Le regole di tutela ambientale e salvaguardia e controllo sanitario, qui non saranno in vigore. La polizia giudiziaria e la magistratura, in tema di repressione di violazioni della normativa sui rifiuti, hanno meno poteri che nel resto d’Italia e i nuovi tribunali speciali, per la loro smisurata competenza e novità, non saranno in grado di tutelare, come altrove accade, i diritti dei Campani”.Davanti a tutto questo, ho diritto ad indignarmi. Per me è una questione etica e morale. Ci devo essere come prete, come missionario. Se lotto contro l’aborto e l’eutanasia, devo esserci nella lotta su tutto questo che costituisce una grande minaccia alla salute dei cittadini campani. Il decreto Berlusconi straccia il diritto alla salute dei cittadini Campani.Per questo sono andato con tanta indignazione in corpo all’inceneritore di Acerra, a contestare la conferenza stampa di Berlusconi, organizzata nel cuore del Mostro, come lo chiama la gente. Eravamo pochi, forse un centinaio di persone. (La gente di Acerra, dopo le botte del 29 agosto 2004 da parte delle forze dell’ordine, è terrorizzata e ha paura di scendere in campo). Abbiamo tentato di dire il nostro no a quanto stava accadendo. Abbiamo distribuito alla stampa i volantini: \"Lutto cittadino. La democrazia è morta ad Acerra. Ne danno il triste annuncio il presidente Berlusconi e il sottosegretario Bertolaso.” Nella conferenza stampa (non ci è stato permesso di parteciparvi!) Berlusconi ha chiesto scusa alla Fibe per tutto quello che ha “subito” per costruire l’inceneritore ad Acerra! (Ricordo che la Fibe è sotto processo oggi!). Uno schiaffo ai giudici! Bertolaso ha annunciato che aveva firmato il giorno prima l’ordinanza con la Fibe perché finisse i lavori! Poi ha annunciato che avrebbe scelto con trattativa privata, una delle tre o quattro ditte italiane e una straniera, a gestire i rifiuti. Quella italiana sarà quasi certamente la A2A (la multiservizi di Brescia e Milano) e quella straniera è la Veolia, la più grande multinazionale dell’acqua e la seconda al mondo per i rifiuti. Sarà quasi certamente Veolia a papparsi il bocconcino e così, dopo i rifiuti, si papperà anche l’acqua di Napoli. Che vergogna! E’ la stravittoria dei potentati economici-finanziari, il cui unico scopo è fare soldi in barba a tutti noi che diventiamo le nuove cavie. Sono infatti convinto che la Campania è diventata oggi un ottimo esempio di quello che la Naomi Klein nel suo libro \"Shock Economy\", chiama appunto l’economia di shock! Lì dove c’è emergenza grave viene permesso ai potentati economico-finanziari di fare cose che non potrebbero fare in circostanze normali. Se funziona in Campania, lo si ripeterà altrove. (New Orleans dopo Katrina insegna!).E per farci digerire questa pillola amara, O’ Sistema ci invierà un migliaio di volontari per aiutare gli imbecilli dei napoletani a fare la raccolta differenziata, un migliaio di alpini per sostenere l’operazione e trecento psicologi per oleare questa operazione!! Ma a che punto siamo arrivati in questo paese!?! Mi indigno profondamente! E proclamo la mia solidarietà a questo popolo massacrato! \"Padre Alex e i suoi fratelli\" era scritto in una fotografia apparsa su Tempi (inserto di La Repubblica). Sì, sono fiero di essere a Napoli in questo momento così tragico con i miei fratelli (e sorelle) di Savignano Irpino, espropriati del loro terreno seminato a novembre, con i miei fratelli di Chiaiano, costretti ad accedere nelle proprie abitazioni con un pass perchè sotto sorveglianza militare.Per questo, con i comitati come Allarme rifiuti tossici, con le reti come Lilliput e con tanti gruppi, continueremo a resistere in Campania. Non ci arrenderemo.Vi chiedo di condividere questa rabbia, questa collera contro un Sistema economico-finanziario che ammazza ed uccide non solo i poveri del Sud del mondo, ma anche i poveri nel cuore dell’Impero. Trovo conforto nelle parole del grande resistente contro Hitler, il pastore luterano danese, Kaj Munk ucciso dai nazisti nel 1944 .\"Qual è dunque il compito del predicatore oggi? Dovrei rispondere: fede, speranza e carità. Sembra una bella risposta. Ma vorrei dire piuttosto: coraggio. Ma no, neppure questo è abbastanza provocatorio per costituire l’intera verità... Il nostro compito oggi è la temerarietà. Perchè ciò di cui come Chiesa manchiamo non è certamente né di psicologia né di letteratura. Quello che a noi manca è una santa collera”.Davanti alla Menzogna che furoreggia in questa regione campana, non ci resta che una santa collera. Una collera che vorrei vedere nei miei concittadini, ma anche nella mia Chiesa. “I simboli della Chiesa Cristiana sono sempre stati il leone, l’agnello, la colomba e il pesce -diceva sempre Kaj Munk- mai il camaleonte”.Vi scrivo questo al ritorno della manifestazione tenutasi nelle strade di Chiaiano, contro l’occupazione militare della cava. Invece di aspettare il giudizio dei tecnici sull’idoneità della cava, Bertolaso ha inviato l’esercito per occuparla. La gente di Chiaiano si sente raggirata, abbandonata e tradita .Non abbandonateci. E’ questione di vita o di morte per tutti. E’ con tanta rabbia che ve lo scrivo.Resistiamo! (Alex Zanotelli )


Per approfondimenti consultate questo sito


La Vignetta è di : ROBERTO MANGOSI

giovedì 17 luglio 2008

Fate tacere i bloggers una volta per tutte!


Dalla Russia alla Spagna, dalla Cina all'Iran, passando per la “pecoreccia” Italia, bloggers arrestati, condannati, messi a tacere. Libertà di parola? Una utopia nell'era dell'informazione globale.Se n'era scritto non molto tempo fa [1] per alcuni casi accaduti nel mondo, il più grave – e conosciuto – dei quali la tremenda repressione del regime birmano nei confronti dei monaci buddisti e dei bloggers che cercavano in tutti i modi di far filtrare notizie ed informazioni all'estero; si era riaperto il dibattito recentemente con il caso dello storico Carlo Ruta [2], condannato per il reato di “stampa clandestina”.
Ma nell'ultima settimana l'argomento torna prepotentemente alla ribalta: i bloggers sono testimoni scomodi, il blog un potente mezzo di comunicazione globale. Internet è pericolosa, bisogna mettere a tacere queste voci libere una volta per tutte.
La cosa che maggiormente preoccupa è che la tendenza rimane la stessa, a prescindere dal sistema legislativo vigente: l'equiparazione di un blog ad una testata giornalistica ed il blogger al direttore di un giornale, responsabile dunque non solo dei suoi scritti ma anche, se non soprattutto!, dei commenti lasciati dagli altri lettori. E' il caso di quanto accaduto in Russia [3] ed è il caso di quanto accaduto in Spagna [4], dove i blogger hanno scritto degli articoli, il primo contro la polizia ed il secondo contro la SIAE spagnola, ed i lettori hanno lasciato i loro spesso feroci commenti. Risultato: il russo condannato ad un anno di carcere per “incitamento all'odio” e lo spagnolo e novemila euro di multa per diffamazione.
E meno male che Russia e Spagna sono repubbliche democratiche! … o almeno, dovrebbero esserlo. Perché in Stati totalitari, come la Cina e l'Iran, non si va certo per il sottile.
Huang Qi, noto blogger dissidente cinese [5] già arrestato e condannato ad una pena detentiva di diversi anni, tutti scontati, è stato nuovamente arrestato: tre anni di reclusione per “essersi impossessato di segreti di Stato”. Il suo crimine? Aver dato voce alle centinaia di genitori che chiedevano giustizia per i loro figli morti sotto le macerie delle scuole pubbliche durante l'ultimo, drammatico, terremoto. Il sospetto è terribile: speculatori edilizi, con la complicità dei quadri del Partito locali, avrebbero costruito le scuole con materiale di scarto; non si spiega altrimenti perché in interi villaggi colpiti dal sisma gli unici palazzi a crollare sono state proprio le scuole.
Quale sarebbe il segreto di stato da custodire così gelosamente? L'impasto di scarsa qualità del cemento usato per le costruzioni, o l'alto tasso di corruzione dei dirigenti politici cinesi?
Prigione e multe salate. Ma si può fare di peggio: in Iran sta per essere approvata una legge [6] che condanna i blogger rei (a prescindere?) di promuovere “la corruzione, la pornografia e l'ateismo” all'esilio o all'impiccagione, corredata di amputazione della mano destra e del piede sinistro.
Dovrebbero essere contenti allora i bloggers italiani di avere blog e forum “solo” sequestrati ed oscurati, poco importa se contenga indagini sulla mafia in Sicilia e le sue collusioni con i poteri locali, come nel caso di Carlo Ruta, accese discussioni sulla pedopornografia tra i sacerdoti, come nel caso dei forum dell'associazione ADUC [7], o una pseudotrascrizione di una improbabile, quanto palesemente falsa!, telefonata “pecoreccia” tra Berlusconi e Confalonieri [8].
Nel nostro (bel?) Paese indagare, discutere, sbeffeggiare parodiando pari sono: una libertà di espressione che non ci è (più) concessa.


NOTE
[1] Le censure del dissensohttp://www.ldenews.info/?p=123 [2] Le inchieste scomodehttp://www.ldenews.info/?p=169%20[3] Russia, condannato blogger sobillatore(PI - News) Ha commentato in un blog, se l'è presa con la polizia che mette a tacere la stampa locale. Condannato ad un anno con la condizionale: ha aizzato i cittadini contro le forze dell'ordinePunto Informatico, 9 luglio 2008http://punto-informatico.it/2348440/PI/News/Russia--condannato-blogger-sobillatore/p.aspx%20[4] La SIAE spagnola fa condannare un blogger(PI - News) E' stato considerato responsabile dei commenti ad un post sul suo blog. Condannato a pagare 9mila euro, il blogger Julio Alonso ricorrerà in appello: non possono costringerci all'autocensura, dicePunto Informatico, 8 luglio 2008http://punto-informatico.it/2346770/PI/News/La-SIAE-spagnola-fa-condannare-un-blogger/p.aspx [5] Cina, spenta la voce del blogger che cercava la verità sul terremotoRaiNews24, 12 luglio 2008http://www.rainews24.it/ran24/rainews24_2007/magazine/scenari/scenari_estate_01.asp%20[6] Iran, a morte i blogger(PI - News) Una proposta di legge per condannare coloro che in rete attentino alla morale di stato. A Teheran il web non fa eccezione: vanno puniti coloro che si fanno portatori di costumi corrottiPunto Informatico, 7 luglio 2008http://punto-informatico.it/2345133/PI/News/Iran--a-morte-i-blogger/p.aspx [7] Italia, due forum dissequestrati. A metà(PI - News) Il caso ADUC che ha alzato tantissima polvere giunge ad una conclusione che lascia però l'amaro in bocca. Legittime le bestemmie, illegittime - fa notare l'Associazione - le discussioni sulla pedofilia nella ChiesaPunto Informatico, 10 luglio 2008http://punto-informatico.it/2349406/PI/News/Italia--due-forum-dissequestrati--A-met-agrave-/p.aspx [8] La falsa telefonata di Berlusconi a Confalonieri imbarazza l'informazioneQuando un post di un blog è pubblicato con intenti satirici ma viene scambiato per una notizia reale, la colpa non è dell'autore del post ma di chi non fa i dovuti controlli.Zeusnews, 8 luglio 2008http://www.zeusnews.it/index.php3?ar=stampa&cod=7881&numero=999%20il responsabile del sito: «Era solo uno scherzo»Su Internet pubblicata la telefonata Berlusconi-Confalonieri, ma è un falsoGhedini: «Un falso plateale, completamente inventato». Confalonieri: «Evidente montatura»Corriere della Sera, 7 luglio 2008http://www.corriere.it/politica/08_luglio_07/intercettazione_falsa_ghedini_c3597ea2-4c2d-11dd-85a4-00144f02aabc.shtml

mercoledì 16 luglio 2008

Bolzaneto, giustizia negata

Trenta assolti e solo quindici condannati al processo per le violenze nella caserma al G8 di Genova nel 2001.
E grazie alla prescrizione nessuno pagherà.

In Italia la giustizia non è (più) uguale per tutti. Dopo la sentenza su Bolzaneto 2001 prendiamo atto che la Classe politica, la Casta, il Governo, ha finalmente sottomesso il potere giudiziario. Che resiste, quando può, in casamatte isolate, ma viene minato da leggi e attacchi che rendono impossibile un normale esercizio della giustizia. Sette anni dopo Bolzaneto nessuno dei picchiatori in divisa entrerà in carcere. Più a sud, in Abruzzo, hanno arrestato Del Turco e molti altri. Ma sappiamo che la precedente decapitazione della giunta regionale abruzzese, quella del 1992, si concluse, sei anni dopo, con l'assoluzione di tutti.
Quando non possono liberarli subito, i corrotti, li liberano senza clamore dopo.
Il potere, dopo aver dominato la giustizia, la ammazza.
Questo è l'unico teorema di un Italia che va verso il baratro. (di Giulietto Chiesa)



Il commento di Dario Fo (AUDIO) e...ancora su MicroMega altri Commenti, il Processo (storie, udienze e testimonianze), Bibliografia, Video, rassegna stampa

Ascanio Celestini in: La divisa non si processa

Il medico in mimetica di Luca Galassi

Esiste una speciale sezione, nelle Forze Armate italiane, di cui pochi sono a conoscenza. Si chiama 'Riserva Selezionata', fa parte delle Forze di completamento ed è costituita da civili, ai quali può venir conferita la nomina di ufficiale fino al grado di Maggiore. Della riserva fa parte chi è in possesso di spiccate doti professionali, abbia specializzazioni difficilmente reperibili in ambito militare e dia ampio affidamento per prestare la propria opera nelle Forze Armate. Così, deve essere stato perché in possesso di questi requisiti che il dottor Giacomo Toccafondi, medico chirurgo, nato a Genova il 6 marzo del '54, è stato scelto dalle Forze Armate italiane per partecipare alla missione italiana in Bosnia. E deve essere stato sempre per 'spiccate doti professionali' che il magistrato Alfonso Sabella, capomissione del Dap (Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria), durante il G8 di Genova, lo nominò dirigente sanitario dell'ospedale all'interno del carcere di Bolzaneto, dove decine e decine di manifestanti feriti negli scontri arrivarono per subire ulteriori pestaggi e feroci umiliazioni.
Abusi e minacce. Il dottor Toccafondi è uno dei 45 imputati nel processo in corso a Genova per le torture inflitte a molte delle 250 persone, italiane e straniere, che nel luglio del 2001 furono 'ospitate' nel carcere provvisorio di Genova Bolzaneto. Carabinieri, agenti di polizia, agenti di custodia, medici ed infermieri carcerari sono accusati di un vasto campionario di reati: abuso d'ufficio, violenza privata, lesioni personali, percosse, ingiurie, minacce, falso ideologico, abuso di autorità contro i detenuti.
Nessun provvedimento a carico. Al medico Toccafondi, i Pm hanno contestato anche violazioni dell'ordinamento penitenziario e della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. In particolare, gli è stato contestato di "aver effettuato egli stesso, ed avere comunque consentito che altri medici effettuassero, i controlli e il cosiddetto 'triage' e le visite mediche al primo ingresso con modalità non conformi ad umanità e tali da non rispettare la dignità della persona visitata, così sottoponendo le persone ad un trattamento penitenziario anche sotto il profilo sanitario inumano e degradante". Nonostante i gravi capi di imputazione, il dottor Giacomo Toccafondi non è stato trasferito, rimosso o licenziato, ma, al contrario, è rimasto aiuto chirurgo nell’ospedale di Pontedecimo gestito dalla Asl n. 3 di Genova, continuando addirittura a svolgere la mansione di direttore sanitario nel carcere femminile di Pontedecimo. Come numerosi indagati o rinviati a giudizio, anche nei suoi confronti nessuna sanzione disciplinare è stata adottata. Come i poliziotti Alessandro Canterini, (capo del VII nucleo antisommossa responsabile dei pestaggi alla Diaz) e Alessandro Perugini (vice-capo della Digos genovese), promossi da dirigenti semplici a dirigenti superiori benché rinviati a giudizio; così, anche il dottor Toccafondi, poco più di un mese fa, è stato richiamato in servizio dallo Stato italiano, presso il ministero della Difesa, nella sezione Forze di completamento. Lo attesta una delibera dell'Asl 3 genovese, presso la quale il medico presta servizio con contratto a tempo indeterminato.
Missioni all'estero. Il Maggiore Toccafondi (tale è il suo grado nelle Forze di complemento dell'Esercito) è stato 'richiamato alle armi', prestando servizio presso il ministero della Difesa, dal 25 al 26 giugno di quest'anno. Lo attesta la delibera numero 909 della Asl 3 del 1 agosto 2007. Come è stato impiegato? In una nuova missione 'di pace' come in Bosnia? Per qualche perizia medica, per la quale erano indispensabili le sue 'spiccate doti professionali'? Per un colloquio di lavoro, in vista di un ulteriore e ben remunerato incarico da parte del ministero della Difesa? Dal Comando militare di Genova fanno sapere che in quei giorni il medico è stato convocato a Trieste, al Comando militare che lo 'arruolò' per la Bosnia, per una semplice 'sessione informativa'. Ma non è tutto. Andando a spulciare tra le delibere dell'Asl, si scopre che nel 2004 il medico, per il quale i Pm del G8 avevano già chiesto al Gip il rinvio a giudizio, era stato richiamato in servizio dall'Esercito per un incarico ben più importante e duraturo: il Kosovo. Della richiesta di 'congedo' dal lavoro, l'Asl prende atto nella delibera numero 854 del 22 giugno 2005. Il medico ha prestato servizio nel contingente militare italiano dal 29 settembre al 10 dicembre del 2004.

Nei confronti del dottor Toccafondi, l'Asl numero 3 di Genova ha avviato un procedimento disciplinare, che rimarrà tuttavia sospeso fino a quando non si concluderà l'iter giudiziario che lo vede imputato.
L'infermiere che lo denunciò. Delle 'gesta' del medico durante i giorni del G8, resta agli atti la testimonianza dell'infermiere che lavorò a stretto contatto con lui a Bolzaneto, Marco Poggi, oggi 55enne. Contattato da PeaceReporter, Poggi ha raccontato per l'ennesima volta come si svolsero i fatti. "Il medico era quasi sempre vestito con tuta mimetica, con una maglietta blu con scritto 'Polizia penitenziaria'. Io, in tanti anni, non ho mai visto un medico prendere servizio con la mimetica. Non aveva l'atteggiamento che dovrebbe tenere un medico in quelle circostanze, e cioè di mettere a proprio agio i pazienti, specie i traumatizzati. Aveva un modo di fare spavaldo. Diceva ai giovani manifestanti: 'Te lo dò io il Che Guevara', 'Sento puzza di comunismo', oppure 'Sei un brigatista'. Era un esaltato, uno che si sentiva onnipotente. Toccafondi aveva messo da parte alcuni oggetti dei manifestanti. Disse che erano 'trofei'. Si vantava anche dei trofei che aveva raccolto in Bosnia, e che conservava in un sacchetto. Un comportamento e un linguaggio che denunciano uno scarso rispetto della dignità umana. Nella mia decennale esperienza, sia in carcere che in manicomio, non ho mai visto un comportamento così. Mi ha segnato. E se ha segnato me, pensi quei poveri ragazzi, che arrivavano in infermeria feriti e terrorizzati". Cosa si aspetta dalla giustizia? "Per me, sinceramente, niente. Mi aspetto che ci sia giustizia per i ragazzi". Secondo lei il dottor Toccafondi è colpevole?. "Senza il minimo dubbio".

LA VIGNETTA è di Mauro Biani

martedì 15 luglio 2008

Ponte, autostrada, inceneritori. L’imbarazzante curriculum di Impregilo

È stato annunciato l’inizio dei lavori per il Ponte sullo Stretto nel 2009,



è stata confermata l’assegnazione dell’appalto all’impresa vincitrice.


Ma in pochi ricordano quanto fatto da Impregilo negli ultimi anni, dalla Salerno – Reggio Calabria fino agli inceneritori campani. Un biglietto da visita imbarazzante che dovrebbe porre più di un interrogativo…






Stavolta ci siamo? Dopo 150 milioni di euro spesi dalla società “Stretto di Messina” dal 1971 in poi, dopo 126 chili di carte e progetti, dopo l’ultimo bilancio conosciuto di 10 milioni e 767 mila euro c’è oggi l’impegno chiaro del governo nazionale (Berlusconi: “la prima pietra nel 2009”) e di quello regionale, un appalto già vinto ed assegnato, una cordata guidata da due delle maggiori ditte di costruzioni del Paese: Impregilo e Condotte.


Pietro Ciucci, presidente di ANAS e della società Stretto di Messina, in un recente intervento ha detto che ''dallo Stato servono circa 2,2 miliardi di euro contro i 2,5 miliardi del precedente progetto, da reperire nel bilancio dello Stato e non in Fintecna''. Il resto sarebbe da reperire nel mercato.


Sembra dunque che, tolto il non trascurabile aspetto finanziario, non manchi niente all’apertura dei cantieri. Se però l’appalto fosse riassegnato con uno di quei colloqui di lavoro dove il candidato presenta il curriculum, Impregilo avrebbe seri problemi. In pochi ricordano quanto avvenuto negli ultimi anni, dalla Salerno – Reggio Calabria fino agli inceneritori campani. Un biglietto da visita imbarazzante che dovrebbe porre più di un interrogativo…



Protocolli d’intesa



Diciassette marzo 2004. Impregilo – in associazione con Condotte – vince l’appalto del secondo e del terzo maxi lotto della Salerno - Reggio Calabria, dallo svincolo di Gioia Tauro in giù, per un importo complessivo di 1.200 milioni di euro. La gara, iniziata nel mese di agosto del 2003, rappresenta una delle principali applicazioni della Legge Obiettivo, con tempi di realizzazione di circa 3 anni e mezzo dalla consegna. Una proiezione della CGIL, oggetto di sdegnate smentite, pronostica invece il 2035 come l’anno di definitiva chiusura dei lavori. I cantieri sono stati aperti nel 1997.

Il 30 gennaio del 2003 ANAS e prefetture di Reggio Calabria e Vibo Valentia siglano un primo protocollo d’intesa, cui aderiscono le imprese ed i sindacati. Sono previsti cantieri blindati e posti di blocco della Guardia di Finanza; sbarramenti e controlli elettronici per persone, materiali e mezzi; coordinamento con le DDA e le Procure della Repubblica di Calabria, Campania e Lucania; nuova assunzione di personale ANAS “specializzato in sicurezza”; controlli a tappeto su appaltatori e subappaltatori; “contrassegni di identificazione elettronica” sugli automezzi impegnati nei lavori.


Il primo aprile 2005 l’ANAS, la cordata guidata da Impregilo e la Prefettura di Reggio Calabria firmano un ulteriore protocollo d’intesa per la “prevenzione dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata”.


L’impegno sottoscritto è finalizzato a “coadiuvare l’attività delle Istituzioni, ad adottare tutte le misure del caso atte ad evitare affidamenti ad imprese sub-appaltatrici e sub-affidatarie nel caso in cui le informazioni antimafia abbiano dato esito positivo. […] Impregilo effettuerà anche controlli, verifiche e monitoraggi per scongiurare l’intromissione di imprese irregolari, forme di caporalato o lavoro nero […] L’adesione al protocollo firmato oggi è particolarmente significativa perché testimonia ancora una volta l’impegno di Impregilo a contrastare quei fenomeni illeciti quali la criminalità organizzata e la corruzione, nonché a garantire la massima trasparenza ed affidabilità nei sub-appalti”.


Solamente due anni più tardi queste parole assumeranno il sapore amaro della beffa: il 7 luglio 2007, quindici persone sono arrestate dalla procura di Reggio Calabria con l’accusa di associazione mafiosa ed estorsione.


Secondo i magistrati, le imprese aggiudicatarie versavano il 3% come “tassa sicurezza cantiere”, e spesso avrebbero affidato a società di riferimento la fornitura di materiale e servizi, talvolta con la mediazione di imprenditori insospettabili capaci di aggirare le informative antimafia.


Ogni intervento sui cantieri, secondo le indagini, era stato spezzettato secondo il criterio della competenza territoriale: ai Mancuso, il tratto Pizzo Calabro-Serra San Bruno; ai Pesce, il tratto tra Serre e Rosarno; infine, ai Piromalli la zona tra Rosarno e Gioia Tauro. Nell' elenco degli indagati c’è il patriarca Gioacchino Piromalli, 73 anni, vera cerniera tra gli anni '70 e il 2000 per tutti i lavori pubblici dell’area: dal Centro siderurgico (mai realizzato) al porto di Gioia Tauro, fino all’autostrada, dalla prima costruzione agli appalti odierni.


Vittime o colluse?



"La 'ndrangheta raggiunge tutte le attività", dichiara alla stampa il procuratore di Reggio Calabria, Franco Scuderi: "Ci sono facce compiacenti che prestano la loro immagine formalmente pulita per aggirare la normativa antimafia. Addirittura emerge un quadro secondo cui, dal Nord, le grandi ditte inviano i loro emissari per mediare con la 'ndrangheta, per ricercare ditte così dette a modo e gradite alle cosche per ottenere forniture di beni, noli di automezzi".


“Intorno all' autostrada non si scatenano soltanto gli appetiti della 'ndrangheta. Ci sono anche gli interessi di imprese nazionali e internazionali che, nel corso degli anni, si sono aggiudicati i lavori per le grandi opere in Calabria. C' è la convenienza che ha fatto stringere patti, accordi difficili da rinnegare all'improvviso. Eppure il cambiamento è un vero cambiamento solo se questi patti verranno sciolti” dichiara il neo procuratore capo di Reggio Giuseppe Pignatone.


Il presidente degli industriali calabresi Umberto De Rose sostiene che qui “le imprese del Nord non hanno dato un buon esempio", e Confindustria in sostanza usa due pesi e due misure per giudicare i suoi iscritti, espulsione per i piccoli che si arrendono al pizzo, silenzio per le grandi aziende.


Roberto Di Palma, magistrato della DDA di Reggio, ad un certo punto si è chiesto: “Imprenditori sottoposti ad estorsione o collusi?”.


Imprese come Condotte ed Impregilo, si legge nel Decimo Rapporto di Sos Impresa “Le mani della criminalità sulle imprese”, avevano insediato nelle loro società due uomini che, secondo gli inquirenti, “da sempre avrebbero avuto a che fare con esponenti della criminalità organizzata e con imprese di riferimento alle cosche”. Dalle indagini è emerso che il famoso 3% sarebbe recuperato con “l’alterazione degli importi delle fatture”.


“Né alla società né ai propri dirigenti è mai stato notificato alcun provvedimento da parte della magistratura da cui si possano desumere rapporti con la criminalità organizzata per l'autostrada Salerno Reggio Calabria”, afferma Impregilo in un comunicato stampa.


Francesco Falbo, colonnello della Guardia di finanza e responsabile della Dia di Reggio Calabria, racconta in un’intervista la sua esperienza diretta: “Il sistema funziona così. Il General contractor, in questo caso Impregilo, quando riceve le offerte deve chiedere alle prefetture l’informazione antimafia. Per forza. La legge lo prevede per certi importi, dai vecchi 300 milioni di lire in su, ma in realtà già per l’A3 Astaldi, la stessa Impregilo e le altre società hanno fatto dei protocolli d’intesa per importi inferiori […]”.


La migliore sintesi della situazione è però del procuratore capo di Reggio Pignatone: “La Calabria? Una terra estremamente povera che affoga in un mare di soldi”.


Interesse strategico nazionale


Tutto inizia nel 1997 quando Antonio Rastrelli, presidente della regione Campania per AN, diventa commissario straordinario per l'emergenza rifiuti. Sulla base di un progetto dell'Enea e per conto del ministro dell'Ambiente del primo governo Prodi, redige il nuovo "piano regionale per i rifiuti solidi urbani", che prevede la privatizzazione in blocco del ciclo di smaltimento degli Rsu.

Un piano che porterà, grazie ai suoi successori, al dominio monopolistico dell'Impregilo sul trasporto, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti di tutta la Campania. L’idea è quella di spremere energia dall'incenerimento delle eco balle, il cosiddetto CDR (combustibile derivato dai rifiuti).


Alle imprese che si aggiudicano gli appalti infatti il governo garantisce il pagamento a peso d'oro di ogni tonnellata di immondizia bruciata e la possibilità di vendere l'energia ad un prezzo triplo di quello di mercato. Si tratta dei cosiddetti “Cip 6”, introdotti fin dal 1992 dal comitato interministeriale prezzi, quali incentivi, pagati dalla collettività con la bolletta dell'Enel (7%), alla produzione di energia proveniente da “fonti pulite e rinnovabili”.


Gli inceneritori regionali vengono gestiti in regime di monopolio dal gruppo Impregilo, che vive uno dei momenti più critici della sua pur travagliata storia quando è disposto il mega-sequestro di 750 milioni di euro a carico della società. Il successivo intervento della Cassazione (dopo una camera di consiglio durata sei ore e mezza) salva la società.


Dopo la tragedia della spazzatura napoletana raccontata dai mass media di tutto il globo, Impregilo si trova in una difficile situazione: da un lato deve proteggere il suo investimento, cioè riscuotere dallo Stato, dall’altro rischia un crollo d’immagine come imputato di primo piano del disastro campano.


A fine 2007, si arriva ad una intesa col Commissario straordinario, che passa sotto il nome burocratico di “atto ricognitivo” e che stabilisce il diritto del gruppo a vedersi rimborsati con denaro pubblico i costi sostenuti per realizzare il termovalorizzatore di Acerra (non ancora ultimato, ma protetto dalla fine di giugno del 2008 dai militari dell’esercito italiano in quanto “area strategica nazionale”) e i tre impianti per la produzione di cdr di Caivano, Giuliano e Tufino. In totale fanno 389 milioni di euro.



Chi è Impregilo


La società vanta numeri da primato: un capitale sociale di 716 milioni di euro, un portafoglio ordini superiore ai 13 miliardi di euro, oltre 10.000 dipendenti, cantieri aperti in tutto il mondo, dalla Nigeria agli Stati Uniti fino alla Cina.


Negli anni tra il 1989 e 1990 Fiat Impresit e Cogefar si fusero in Cogefar-Impresit. Successivamente furono incorporate anche le società Girola e Lodigiani, diventando Impregilo Spa (Impre-Gi-Lo). Sono gli anni di Tangentopoli in cui la società è coinvolta a pieno titolo.


Successivamente ancora fu incorporata la società d'ingegneria Castelli e al termine di quel periodo fu nominato quale presidente del gruppo Franco Carraro, già ministro dello Spettacolo, sindaco di Roma, presidente del Milan, del CONI e della Federcalcio fino al 2006 quando si dimette in seguito a “calciopoli”.


Dalla fine del 2005 circa il 30% del capitale sociale è detenuto da Igli SpA dopo l'esercizio dell'opzione call sulle azioni detenute da Gemina, controllata dai Romiti. Da febbraio 2007 l'assetto azionario di Igli è composto in modo paritetico, al 33%, dalle società Argofin (gruppo Gavio), Autostrade (Famiglia Benetton) e Immobiliare Lombarda (gruppo Ligresti).


Da evidenziare l’importante presenza delle Assicurazioni Generali e ABN AMRO, ottava banca europea per capitalizzazione ed acquirente del gruppo Antonveneta.



Chi è Condotte Spa


La “Società italiana per Condotte d’acqua” è stata fondata il 7 aprile 1880. In seguito diventa una società per azioni e viene acquisita dal gruppo IRI-Iritecna. Nel 1997 viene interamente privatizzata. Nel 2000 lo Stato ne celebra i 120 anni con un francobollo commemorativo in 50 esemplari che rappresenta un ponte realizzato nel ’68 sul fiume Paranà, in Argentina.

Negli ultimi anni Condotte si segnala come partner fedele di Impregilo dal Mose alla TAV, dalla Salerno - Reggio Calabria fino al Ponte sullo Stretto.

Il 20 marzo del 2008 si registra il momento forse più imbarazzante della sua secolare storia, quando la prefettura di Roma decide di ritirare il cosiddetto “certificato antimafia”, mettendo a rischio numerosi cantieri (250 milioni di euro di contratti ANAS) e la credibilità internazionale dell’azienda.

Condotte incassa comunque grande solidarietà dai “colleghi”. L’Istituto Grandi Infrastrutture (Igi) – che raccoglie i costruttori di opere pubbliche - dichiara: la vicenda Condotte “riporta l'attenzione sulla normativa antimafia che necessita di essere aggiornata, centralizzata e supportata da strumenti di tutela sia per le imprese, sia per le stazioni appaltanti”.

Il 18 giugno il Tar del Lazio annulla il provvedimento prefettizio “per un'evidente mancanza di istruttoria e di motivazione”, oltre che per carenza di “attualità ed adeguatezza alla realtà”.

Appena due giorni prima i carabinieri arrestavano 33 persone nell’ambito dell’operazione della DDA “Bellu lavuru”, così chiamata da una intercettazione telefonica tra il boss di Africo Morabito (il celebre “tiradritto”) e la figlia Antonia, che lo chiama in carcere e dice: - quello della statale 106 è proprio un bel lavoro, cioè un ottimo boccone…

Scenario dell’inchiesta, durata circa due anni, i lavori di ammodernamento della statale 106 jonica, la via che da Reggio conduce in Puglia, chiamata anche la “strada della morte” per i numerosi incidenti stradali.

Le indagini partirono dalla galleria del comune di Palizzi, la cui volta era interamente collassata, per fortuna senza conseguenze per gli operai. Condotte aveva subappaltato i lavori a due società, ambedue considerate dalla Procura distrettuale antimafia “creature” della potente cosca di Africo Nuovo. “A febbraio - dicono gli inquirenti - sono state effettuate le prove di schiacciamento sulle carote in calcestruzzo, alla presenza dei tecnici ANAS e della stessa Condotte, da cui sono emerse palesi difformità in ordine alla qualità dei materiali posti in opera”, così che Condotte decideva di sciogliere i contratti di subappalto. Appena in tempo.


Autore: Antonello Mangano pubblicato su: terrediconfine

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lunedì 14 luglio 2008

Gay Day a Pozzallo

Nonostante qualche retrogrado abbia detto no al Gay Day.

Il 28 luglio 2008 Pozzallo, piccola città in riva al mare in provincia di Ragusa, vedrà le strade animarsi di artisti di strada, spettacoli e musica.
Giornata colorata dunque, e in pieno stile "rainbow" per il primo Gay Day in questa parte di Sicilia dove la "cultura della della diversità" è ancora lontana.

Il Gay Day di Pozzallo, organizzato dall'Arcigay di Ragusa, nasce con una vocazione diversa rispetto ad altre manifestazioni gay; maggiore dialogo e apertura al confronto, infatti, saranno le linee guida su cui si muoverà il Gay Day di Pozzallo, che, quindi, rinuncia alla tradizionale parata in cui, troppo spesso, atteggiamenti ostentati mettono in ombra uno sforzo di accettazione che la comunità gay auspica.

Il programa della manifestazione prevede la presenza di nomi noti, come Aurelio Mancuso (presidente nazionale Arcigay), di Paolo Patanè (presidente regionale Arcigay), dei rappresentanti dei cinque comitati provinciali Arcigay siciliani (Palermo, Catania, Siracusa, Messina e appunto Ragusa) e delle autorità della Provincia.

Inizierà alle 19:00 in Piazza Cesare Battisti con la presentazione del libro di Riccardo Di Salvo "Stella del Sud".
Presentazione associazioni.

Musica, seminari, spettacoli teatrali, poesie, artisti di strada e, rassegna di pittura.

FLASHBACK (rock/blues) in concerto



Aderiscono alla manifestazione: Libera-nomi e numeri contro le mafie, Circolo Don Puglisi/P. Impastato, la Voce Ribelle, Arci-Il Clandestino, La Bottega Solidale, Caffè Letterario "Rino Giuffrida.




Sono invitati a partecipare alla manifestazione, tutti quelli che "sentono" particolarmente le tematiche care al mondo omosessuale.


FONTE: Le foto - Arcigay

venerdì 11 luglio 2008

DONNE in cerca di guai ?

Mentre ancora si parla di Federica Squarise , la ragazza padovana (20 anni) uccisa a Lloret de mar, dove sperava di trovare divertimento nella spensieratezza della gioventù...
Vuoi vedere che qualcuno dirà : la solita troietta sprovveduta che...!?

Ricoverata in prognosi riservata all'ospedale di Spoleto, per ferite da arma da fuoco provocatele dall'ex fidanzato, c'è Cinzia Martini (30 anni).
Il fidanzato"non sopportava di perderla". ( POVERINO!)

Le aggressioni e i femminicidi sono in spaventoso aumento e, la grande maggioranza di questi delitti senza castigo avvenga proprio tra le mura domestiche e per mano di familiari.

Madri, mogli, figlie, fidanzate, amanti, prostitute... donne.
Morte, non morti.
Erano donne, infatti, non uomini. E sono state uccise da violente mani maschili.
Molte erano giovani come gli eroi di Sapri, alcune quasi bambine. Altre erano di mezza età e altre ancora anziane: una di 78 anni. Molte non erano attraenti. Le loro vite non avevano nulla di eroico, a parte gli eroismi quotidiani, invisibili per gli uomini, di cui è fatta l' esistenza femminile. Non avevano utopie, o straordinari progetti di vita. Nemmeno erano femministe. Semplicemente, qualcuno le aveva messe al mondo - spesso, ma non sempre, in circostanze disagiate - e vivevano: vite, a volte, anche banali o infelici.
Molte sono morte nel senso fisico del termine: hanno smesso di respirare dopo essere state perseguitate, brutalizzate, stuprate, strangolate, accoltellate, uccise da pistole, martelli, bastoni, perfino da un lanciafiamme fabbricato in casa. Con accanimento, ferocia e furia difficilmente immaginabili tra esseri umani.
Molte altre, invece (e chissà se non sia peggio) sono morte "dentro": divenute mentalmente inerti, come vegetali. Incapaci di sorridere, di progettare, di amare. Il loro devastato paesaggio interiore è lunare, privo di vita.
Le loro storie sono "fatti di cronaca", ripresi, mese per mese, in un prezioso libro che non ha precedenti e che non c' è dubbio presto diventerà un importante strumento di lavoro: Amorosi assassini/ Storie di violenze sulla donne, che sta per uscire da Laterza (pagg. 261, euro 16). Ne sono autrici tredici donne del gruppo femminista Controparola. Le notizie, ordinate cronologicamente mese per mese nel 2006, sono state riscritte - per ogni capitolo, una a turno in modo più esteso - e si leggono come brevi pezzi di narrativa noir. Controparola, è composto, com' è noto, da sole donne "di penna": narratrici e saggiste come Dacia Maraini, Elena Gianini Belotti, Lia Levi; giornaliste e saggiste come Chiara Valentini, Elena Doni, Maria Serena Palieri, Claudia Galimberti, Paola Gaglianone, Simona Tagliaventi, Cristiana di San Marzano, Francesca Sancin. E universitarie, ricercatrici, saggiste e collaboratrici di prestigiosi quotidiani come Mirella Serri o Marina Addis Saba.

Anni fa fece rumore il film ,"Processo per stupro", documentario storico del 1979, vincitore del Premio Italia. Di Maria Grazia Belmonti, Anna Carini, Roni Daopoulo, Paola de Mortiis, Annabella Miscuglio e Loredana Rotondo, regia di Loredana Dordi, trasmesso su Rai2 nel 1979 in cui la donna che accusava ( Fiorella) finiva per essere l' accusata: lei "provocava", "ci stava", "se l' è voluta" etc.























Da ollora è cambiato poco o... niente.
La mattanza continua!

La vignetta è di : PV 64