Ascoltate Josè Saramago intervistato da Serena Dandini

domenica 14 febbraio 2010

Padre Carlo prete, scomodo, di frontiera e un giorno senza immigrati

Il nove febbraio, nove persone sono state arrestate dalla Polizia di Siracusa, su disposizione del Gip del Tribunale di Catania, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’illecita permanenza di stranieri nel territorio dello stato italiano, falso ideologico in atto pubblico e false dichiarazioni a Pubblico Ufficiale.
Le indagini, coordinate inizialmente dalla Procura della Repubblica di Siracusa e successivamente dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, ruotano attorno a una presunta organizzazione criminale che aveva la sua base logistica nella chiesa di Bosco Minniti a Siracusa.
Agli arresti domiciliari padre Carlo D’Antoni, parroco della Chiesa di Bosco Minniti, nei suoi confronti il Gip ipotizza il reato di associazione per delinquere.
L'11 febraio padre Carlo ha respinto ogni accusa, fornendo la sua versione dei fatti. Avrebbe chiarito di non aver mai voluto procurare documenti falsi e che il
suo intento aveva esclusivamente fini solidali.

Padre Carlo infatti è un sacerdote impegnato da tempo in prima linea nel sostegno ai disagiati e soprattutto agli immigrati.
Ha trasformato la chiesa di Bosco Minniti in un centro di accoglienza interculturale ed interreligioso con l'approvazione di tanti parrocchiani che lo hanno supportato condividendo le finalità.
Dopo i primi giorni di sbandamento, i volontari e le associazioni che ruotano attorno alla parrocchia, si sono riorganizzati e stanno proseguendo le attività in corso confermando gli impegni in programma.
La manifestazione nazionale degli stranieri che padre Carlo stava curando per la città di Siracusa, in qualità di responsabile locale del movimento " primo marzo 2010", si farà.

“Non sarà facile organizzare l’evento senza il supporto di padre Carlo. Il nostro non sarà uno sciopero etnico, come qualcuno lo ha definito, ma una riconferma dell’interculturalità sempre più presente nel nostro paese. Il nostro è un movimento meticcio – ha proseguito – che riunisce al suo interno italiani e stranieri e chiunque condivida il rifiuto del razzismo e delle discriminazioni verso i deboli”. Gli organizzatori lo hanno definito uno sciopero giallo durante il quale si proverà ad evidenziare l’importanza del lavoro svolto dagli immigrati per il sostegno dell’economia del paese. Cosa succederebbe se i quattro milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia, recita un volantino di propaganda della manifestazione, decidessero di incrociare le braccia per un giorno? Un fiocco giallo per aderire simbolicamente all'evento, gemellato con il francese "Journée sans immigrés: 24h sans nou”, che per una giornata richiamerà l’attenzione di tutti gli italiani sul tema stranieri e sulle barriere e i limiti che ancora resistono. Nella nostra città è previsto un corteo che si muoverà dal campo scuola “Pippo Di Natale” fino a raggiungere l’isola di Ortigia. Cassibile sarà probabilmente sede di un evento distaccato.

( Stefania Ragusa, presidente nazionale del movimento " primo marzo 2010" http://www.giornaledisiracusa.it)


Come sicuramente molti tra i visitatori di questo blog sapranno, martedì scorso è stato arrestato il nostro referente di Siracusa, padre Carlo D'Antoni, un uomo coraggioso e generoso, da molti anni schierato a fianco dei più deboli e impegnato nell'accoglienza dei migranti, e che non ha esitato a denunciare la situazione di degrado e sfruttamento (ancora più grave probabilmente di quella di Rosarno) che si è venuta a creare nelle campagne intorno a Cassibile (una frazione di Siracusa).
Le accuse formulate nei suoi confronti hanno lasciato increduli non solo noi di Primo Marzo 2010 ma tutto il mondo associativo, la Chiesa e le persone che hanno avuto la fortuna, in questi anni, di entrare in contatto con padre Carlo e conoscere il suo lavoro nella parrocchia di Bosco Minniti. Scrivo questo post poche ore dopo essere stata lì, in visita, e sono ancora emozionata e commossa. Ho partecipato a una riunione (già programmata) con il gruppo di Siracusa e con quello di Catania e ho visto con i miei occhi la famosa chiesa in cui l'altare è stato spostato per dare un posto e un ricovero a chi non ha un tetto sotto cui ripararsi. Ho visto con i miei occhi i ragazzi di padre Carlo (molti arrivano da Rosarno) e anche la processione di persone attonite venute a dare una mano dopo aver saputo dell'arresto. Persone di ogni tipo, in molti casi volontari o fedeli che da tempo non si erano più visti a Bosco Minniti ma che, dopo una notizia così sconvolgente, sono corsi a dare la loro testimonianza, e lo hanno fatto nel modo più congruo rispetto al carattere di Carlo e dei suoi collaboratori: attraverso le opere.
In questo momento il gruppo di Siracusa, che stava programmando molte e belle iniziative per il Primo marzo, coinvolgendo anche tantissimi immigrati, si trova in grosse difficoltà. Non solo perché è momentaneamente "assente" la principale guida spirituale e organizzativa, ma anche perché i materiali prodotti, le risorse finanziarie e molte altre cose sono al momento inaccessibili. Per questo invito tutti gli altri gruppi a solidarizzare e a dare una mano, nella misura che riterranno praticabile. Cliccando qui e qui troverete due articoli che permetteranno di inquadrare meglio la figura di padre Carlo.
La giustizia deve sicuramente fare il suo corso, ma da parte nostra esiste la convinzione dell'assoluta innocenza di padre Carlo. Se una colpa è stata commessa a Bosco Minniti è stata quella di praticare in modo radicale il principio cristiano dell'accoglienza.,Nello specifico, di dare un domicilio a chi non lo aveva e en aveva bisogno per avviare l'iter legale di regolarizzazione. Sappiamo bene che,oggi, anche per effetto della perversa saldatura che si è prodotta tra razzismo istituzionale e razzismo popolare, questa pratica nel nostro Paese può diventare un reato, nonostante da più parti si invochi la difesa delle radici cristiane. E' un paradosso che, in un Paese che si professa cristiano, praticare il cristianesimo possa diventare un reato. Il problema però evidentemente è a monte. Se una legge, da un lato, produce clandestinità (e c'è un'ampia letteratura che dimostra che questo ha fatto, sino ad ora, la Bossi-Fini, e che le cose stanno andando ancora peggio da quando è in vigore il famigerato pacchetto sicurezza) e, dall'altro, trasforma la solidarietà in illegalità, evidentemente, è da ripensare.


(Stefania Ragusa presidente di "primo marzo 2010" http://www.primomarzo2010.it )




IN NOME DELLA LEGGE: DIFENDI GLI IMMIGRATI? ARRESTATO!

E' il caso di Padre Carlo, di Siracusa: da anni “tenuto d'occhio” perché prendeva le parti dei “clandestini”: finché l'hanno arrestato. Nessuno di quanti lo conoscono crede alle accuse contro di lui. Una sola - che non hanno osato esprimere - è vera: quella di essere un cristiano. Aiutare i poveri, ospitare gli stranieri, difendere i perseguitati
Non è una chiesa come le altre. Nella Chiesa di Bosco Minniti a Siracusa, da molti anni, tutti possono trovare rifugio; gli extracomunitari, scappati per mille ragioni diverse dai loro paesi, ci abitano, la vivono, la animano condividendo le difficoltà quotidiane. Entrateci all’ora dei pasti: è la mensa di tutti i popoli. Al posto dell’altare una tavolata immensa dove almeno cento immigrati di ogni nazionalità si trovano riuniti a mangiare. Alle pareti, simboli di diverse religioni. Qui sono stati accolti anche molti di immigrati scappati da Rosarno e presto ci saranno, come ogni anno, quelli che arrivano per la raccolta stagionale nei campi tra Cassibile e Pachino.
Tutto questo dà fastidio ai potenti. In un momento in cui si tenta in tutti i modi di rendere la vita sempre più impossibile agli immigrati, si compie l’ennesimo attacco politico, l’ennesimo tentativo di stroncare l'accoglienza e l'integrazione.
Padre Carlo D’Antoni è ora agli arresti domiciliari insieme ad altri otto indagati (Antonino De Carlo, un collaboratore del sacerdote, l’avvocato Aldo Valtimora e sei immigrati), accusati di gestire il rilascio di permessi di soggiorno falsi. Il reato ipotizzato dal Gip di Catania è associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'illecita permanenza di stranieri nel territorio dello stato italiano. E poi accuse di riduzione in schiavitù e di falso ideologico in atto pubblico e false dichiarazioni a Pubblico Ufficiale per aver “inventato storie travagliate e commoventi” al fine di ottenere titoli di soggiorno per motivi umanitari o di protezione temporanea. Inventato!.
Ma se è vero che molti extracomunitari finiscono nelle maglie del mercato illegale delle regolarizzazioni e se è vero che un traffico di clandestini tra Siracusa e la Campania esiste, gli immigrati di Bosco Minniti dicono che l’attacco a padre Carlo è infondato, che lui non ha nulla a che vedere col racket dei documenti, che non ha mai commesso quei reati. Dicono che l’esperienza di Bosco Minniti deve continuare, in una chiesa senza frontiere, aperta a tutti, un luogo in cui si lotta per il diritto a una vita dignitosa.


Sonia Giardina

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Padre Carlo Dantoni è stato fra i primi a seguire il processo per il naufragio del Natale ’96 al largo di Portopalo e l'inchiesta di Dino Frisullo sulla holding degli schiavisti. Dopo 13 anni si è arrivati alla condanna a 30 anni dei 2 imputati, anche se in seguito alle leggi razziali e ai respingimenti in Libia le mafie mediterranee continuano sempre più ad ingrassarsi .
Come allora esigiamo verità e giustizia nel colpire i carnefici dei migranti , ma ci opponiamo a qualsiasi campagna di criminalizzazione di chi si spenda nell’accoglienza, anche disobbedendo a leggi ingiuste . Un motivo di più perché la giornata di mobilitazione antirazzista del 1° marzo a Siracusa e in Sicilia veda scendere in piazza i migranti e chiunque si batta contro le nuove politiche d’apartheid.


Rete Antirazzista Catanese

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ALLE LEGGI RAZZIALI BISOGNA DISUBBIDIRE

I “reati” di padre Carlo, se anche fossero veri, non sarebbero affatto reati nuovi: c'erano già prima. “Aiuto a schiavi evasi”, come nell'Alabama dello Zio Tom. “Aiuto a ebrei fuggitivi”, come nell'Italia del duce.
Non sono affato reati, in verità. Sono doveri per chi è cristiano - sono obbligo per chi è civile - sono vergogna incancellabile per chi ne ha fatto “legge” e angheria.
Alle leggi ingiuste bisogna disobbedire. Bisogna far fuggire gli schiavi, nascondere gli ebrei, aiutare i “clandestini”. Per noi cittadini italiani (non padani, non mafiosi: italiani) è un dovere precisissimo che ci ordina la nostra sovrana, la Costituzione. E' infedele quel funzionario che, nascondendosi dietro “leggi” antiitaliane, tradisce la Repubblica e viola il giuramento alla Costituzione. “Io eseguivo gli ordini” non è, e non è mai stata, una giustificazione.
La Fiat ora proclama apertamente: “Al diavolo voi siciliani! Io vi licenzio tutti quanti e porto le mie fabbriche in Cina”. Ai vecchi operai settentrionali: “E' vero, mi avete servito per quarant'anni - dice - Mi avete permesso di nascondere miliardi e miliardi all'estero e di governare di fatto il vostro paese. Che importa! Al diavolo anche voi tutti. Le prossime Cinquecento le farò in Messico o in Brasile”.
E il popolo, instupidito, tace. Fino a quando?


Riccardo Orioles (http://www.ucuntu.org/)





Lo scrittore Giuseppe Culicchia ha provato a immaginare un giorno senza immigrati e gli effetti sulla vita quotidiana.

Ieri mattina, saranno state le sette, ho deciso di comprarmi un fucile per sparare ai negri. Ma prima avevo voglia di una spremuta d'arancia. Suina o no, la vitamina C non e' mai troppa. Solo che in cucina le arance erano finite. «Peru!», ho chiamato. Zero. Ho cercato la domestica peruviana dappertutto, anche nel sottoscala dove la teniamo. Niente. Mi sono chiesto: che Paola le abbia dato un altro giorno di liberta', dopo quello dello scorso anno? Ma mia moglie dormiva. Non volevo disturbarla. Allora ho deciso di far colazione al caffe'. Tanto, mi sono detto, devo andare a comprarmi il fucile. E poi il mercato e' dietro l'angolo, prendo pure le arance. Cosi' sono sceso. Al caffe' pero' mi han detto che le arance erano finite. Vabbe', ho risposto, grazie. Fuori del locale non c'era la solita zingara. A forza di elemosine dovra' ancora tornare dalla settimana bianca, ho pensato. Tutti ricchi sfondati, 'sti zingari. Ma ora che mi compro il fucile, mi sono detto, forse posso sparare anche a loro. O si puo' sparare solo ai negri? Devo informarmi. Quando sono sbucato nella piazza del mercato, ho puntato dritto verso il banco dove si serve mia moglie. Poi pero' mi sono bloccato. Strano. Il banco non c'era. E neppure il mercato. Tranne per alcune donne che vi si aggiravano perplesse, la piazza era vuota, come fosse domenica. Eppure era martedi'. Ho raggiunto l'edicolante. Scusi, ho buttato li', ma il mercato? Lui si e' stretto nelle spalle: che cosa vuole, in questo paese non funziona piu' niente, pensi che sto ancora aspettando i giornali. Ho guardato meglio l'edicola. In effetti mancavano i quotidiani. Se li stara' leggendo il corriere, ho provato a scherzare. E lui: no, il corriere che me li porta e' rumeno, preferisce quelli romeni. Intanto non mi ero ancora tolto la voglia di spremuta. L'unico bar nei paraggi era quello dove non entro mai perche' pullula di marocchini, gli stessi che montano i banchi del mercato. Tra l'altro, ho pensato, chissa' se si puo' sparargli anche se non sono negri. Devo informarmi. Sia come sia, per una volta il bar era deserto. Sono entrato. Il barista si girava i pollici. Gli ho chiesto una spremuta d'arance. E lui: le arance sono finite. A quel punto, mi sono rassegnato. Stavo per andare dritto in armeria, quando mi e' partito il cellulare. Mia moglie. E la peru?, mi ha chiesto. Volevo domandarlo a te, ho risposto; le hai mica dato un altro giorno di liberta'? Macche', ha esclamato lei: ora guardo che non manchi niente in casa. Mancano le arance, volevo dirle, ma lei ha chiuso. Non ho fatto in tempo a riporre il cellulare che quello e' ripartito. Mia madre. Ho sospirato. Rispondo o fingo di non aver sentito? Massi'. Olga non si trova piu', mi ha ruggito lei nell'orecchio. Ho esitato. Olga? Vuoi dire...la tua nuova badante russa? E lei: chi, se no? Mamma, le ho ricordato, negli ultimi sei mesi ne hai cambiate dodici. Oggi, ha tagliato corto lei, doveva portarmi al ristorante. Trovamene subito un'altra, o mi ci porti tu, cosi' ti ricordi che esisto: e prenota un tavolo, io ora guardo che non mi manchi niente in casa. Ha chiuso anche lei. Per evitare rogne, ho subito chiamato il suo ristorante preferito. Mi spiace, signore, mi ha risposto il direttore di sala, ma oggi siamo chiusi. E' cambiato il turno di riposo settimanale?, ho indagato. No, e' che cuochi e sguatteri africani se ne sono andati. E dove?, ho chiesto. Andati, spariti, puff, si e' congedato lui. Mentre riflettevo sul da farsi, mi e' venuta fame. Per fortuna, li' accanto c'era una rivendita di pane. Ci sono entrato. Oggi niente pane, mi ha preceduto la proprietaria. Ma come, l'ha gia' finito?, le ho chiesto. Non me l'hanno consegnato, e' sbottata lei, stanotte i panificatori arabi non si sono presentati. Ho girato i tacchi. Alla fine, ho raggiunto l'armeria. Ma il proprietario, anziche' aprirla, la stava chiudendo. Quando mi ha visto un po' interdetto, mi ha chiesto: desidera? Un fucile per sparare ai negri, ho risposto. Lui mi ha indicato le vetrine vuote. Capisco, ho sorriso, quando arrivano quelli nuovi? Lui ha scosso il capo. Vede, mi ha spiegato, il fatto e' che stanotte i negri se ne sono andati tutti, e di conseguenza le fabbriche di fucili han chiuso; senza contare che mancando i negri sparare ai negri diventa un'utopia. Be', ho borbottato, senza negri diventa un'utopia anche bersi una spremuta. Pero', ho aggiunto, devo informarmi: forse si puo' sparare a zingari, romeni, marocchini. Non l'ha saputo?, mi ha risposto lui, sono spariti anche loro. Peccato, ho detto io. Peccato, ha detto lui. Bei tempi, quelli in cui si poteva sparare ai negri, ho sospirato io. Bei tempi, ha sospirato lui. Ma, gli ho chiesto io, torneranno? Lui ha allargato le braccia: e chi lo sa? Spariamo! Cioe', speriamo! Con un certo rammarico, mi sono avviato verso casa. E allora ho avuto un bruttissimo presentimento. Col cellulare ho chiamato Pantera, il mio trans preferito. Ma il numero risultava inesistente. Oh, no, ho mormorato. Allora ho provato a chiamare Ali', il mio pusher di fiducia. Ma non era raggiungibile. Solo in quell'istante ho capito il senso di una frase letta su un muro alcuni anni fa:
IMMIGRATI, VI PREGO, NON LASCIATEMI SOLO CON GLI ITALIANI.
( lastampa.it)

lunedì 8 febbraio 2010

Debutta in Sicilia il primo ecopunto

Lo scorso 30 gennaio a Niscemi (in provincia di Caltanisetta) è stato inaugurato First, un negozio di alimentari molto singolare quanto utile.

Perchè singolare?

Perchè da First è possibile pagare la spesa anche in rifiuti.

Si, avete capito bene !

Nella bottega inaugurata dalla coperativa siciliana Liberambiente , i cittadini possono vendere o barattare con beni di consumo di prima necessità, i rifiuti domestici provenienti dalla raccolta differenziata.

Il metodo per la conversione dei rifiuti è fissato con una raccolta a punti .
  • Cento grammi di carta o cartone o ferro valgono 1 punto,
  • cento grammi di plastica valgono 3 punti,
  • cento grammi di alluminio 5 punti.
Ogni 70 punti, si possono ricevere mezzo chilo di pasta,ceci,lenticchie,riso... o 25 centesimi.


ecopunto ( il primo d'Italia ) compra al dettaglio dal cittadino e rivende il materiale al Conai, il consorzio nazionale dei produttori e utilizzatori di imballaggi che porterà avanti la filiera del riciclo.

L'obiettivo dichiarato dalla Cooperativa è quello di aprire un ecopunto in ogni provincia della Sicilia


Un esempio di business verde tutto da replicare




"Un centro come l´ecopunto, rappresenta a nostro avviso una forma di controllo democratico della gestione dei rifiuti. In pratica, se il rifiuto viene inteso come un valore da scambiare con generi di prima necessità o con denaro - continuano - è più facile fare responsabilizzare i cittadini. E magari, far comprendere che attraverso il riciclo è possibile ottenere un risparmio energetico che va a beneficio di tutta la comunità e una riduzione dell´inquinamento".
( Mario Meli e Salvatore Vasques, membri di Liberambiente )


giovedì 4 febbraio 2010

Catania : due episodi inquietanti

Issaka Troore, un ragazzo di 26 anni, della Costa D’Avorio, è morto mercoledi 27 gennaio alle 15,30 presso il reparto di rianimazione dell’Ospedale Vittorio Emanuele di Catania.

Il ragazzo era stato ricoverato il giorno prima alle 11,03. Si era recato al pronto soccorso dell’ospedale, accusando dolori addominali, accompagnato da un amico, Chiaka Diarra.

Proprio quest'ultimo ha raccontato che Issaka, una volta giunto al pronto soccorso, dopo una lunga attesa, è stato sottoposto a una visita e che intorno alle 15,00 gli è stata somministrata una flebo.

Chiaca è rimasto con l'amico fino alle 17,00, quando erano già state somministrate altre 4 flebo. A quel punto i dottori suggeriscono il ricovero e Chiaka ritorna a casa, rassicurato da Issaka che si dice convinto di poter tornare a casa non appena i medici avranno finito di curarlo.


Nel frattempo, secondo quanto riferisce Chiaka, sulla base delle telefonate fatte durante la giornata all’amico, sono state somministrate altre flebo, e una trasfusione di sangue. Sempre da quel che riferisce Chiaka, Issaka parla tranquillamente al telefono e ripete che presto tornerà a casa.

Intorno alla mezzanotte, Chiaka richiama l’amico, ma Issaka non risponde più al telefonino, che risulta spento. Il giorno dopo, ritorna, con altri amici in ospedale, dove gli viene comunicato che le condizioni di Issaka sono gravissime, ma non gli viene ancora comunicata la morte dell’amico, che è avvenuta alle 15,30 di mercoledi. Sarà l’avvocato di Issaka a venire informato in serata dell’avvenuto decesso.

Gli amici di Issaka ritornano in ospedale il giorno successivo, siamo a giovedi, a questo punto vengono informati della morte del ragazzo, ma non vengono comunicate le cause del decesso. L’ospedale non può dare questo tipo di informazioni a persone diverse dai parenti, che comunque, secondo quanto dichiarato dalla direzione sanitaria, dovrebbero essere muniti di una specifica autorizzazione da parte di un giudice.

A questo punto Chiaka, insieme ad altri amici di Issaka, pensano di rivolgersi alla Caritas di Catania, alla quale altre volte hanno fatto riferimento per ottenere accoglienza per la notte o per la ricerca di un lavoro; lo stesso Issaka risulta essere stato assistito dalla Caritas di Catania da giugno di quest’anno, il ragazzo è stato accolto presso il dormitorio ed è stato aiutato a trovare un lavoro provvisorio. Il ragazzo aveva chiesto lo stato di rifugiato politico.

Raccolta la testimonianza di Chiaka e di altri due amici di Issaka, la Caritas di Catania si mette in contatto con l’Ospedale per cercare di capire cosa sia accaduto nelle ore trascorse tra il ricovero e la morte di Issaka.

Dalla rianimazione dell’Ospedale apprendiamo che Issaka è giunto in reparto in condizioni disperate, con l’addome gonfio e una grave emorragia in atto, quasi del tutto privo di sangue, il medico che ci risponde al telefono ci dice che non c’è stato il tempo di effettuare un intervento. Issaka è rimasto in rianimazione circa un’ora e mezza, dalle 14 alle 15,30, prima di andare in arresto cardiaco e morire.

Dalla direzione sanitaria ci informano che la causa della morte sarebbe una “Coagulopatia intravascolare disseminata”, una disfunzione della capacità di coagulare del sangue, ma non sanno il motivo per il quale si sia determinato tale evento. Inoltre non è possibile per la direzione darci ulteriori informazioni a causa della legge sulla privacy, occorre un’autorizzazione del giudice; anche per poter disporre un’autopsia occorre un’autorizzazione del giudice, i medici possono disporla solo se “avessero dei dubbi sulla terapia impostata”. Evidentemente, a parere dei medici del Vittorio Emanuele, in questo caso dubbi non ce ne sono.

Ci sembra utile precisare che Issaka si era già recato precedentemente al pronto soccorso dello stesso ospedale, con gli stessi sintomi, ma era stato dimesso senza ricovero.

A questo punto la Caritas si chiede cosa possa essere accaduto a Issaka, arrivato al pronto soccorso accusando dolori addominali, ma con le sue gambe, e che, dopo diverse ore dal ricovero, arriva in rianimazione in condizioni disperate.

Senza voler necessariamente gridare all’ennesimo caso di malasanità sarebbe utile ottenere chiarezza dai medici che hanno prestato le cure al ragazzo.

Sentito dalla stessa Caritas il dr. Giovanni Castorina, che ha seguito Issaka dal momento in cui è stato ricoverato, è stato confermato che Issaka si era già recato in precedenza al pronto soccorso del Vittorio Emanuele, accusando gli stessi sintomi, ma era stato dimesso con la diagnosi di “colica addominale”.

Il ragazzo, secondo quanto dichiarato dal medico, soffriva di ulcera duodenale, il 26 gennaio è arrivato in ospedale con dolori addominali ed è stato sottoposto alla profilassi prevista in questi casi: visita, osservazione breve e flebo.

“Sono stati effettuati gli esami di laboratorio del caso, dopo di che, il paziente improvvisamente si è aggravato, manifestando sintomi acuti di una forte anemia, in un’ora ha perso circa un litro e mezzo di sangue, è stato sottoposto a una gastroscopia e a una tac, e trasferito in rianimazione”- riferisce Castorina.

A quel punto si era già innescata una reazione chiamata CID (coagulazione intravasale disseminata) che in poco più di un’ora lo ha ucciso. ( www.siciliatoday.net)

Il direttore della Caritas di Catania, P. Valerio Di Trapani ha dichiarato che la Caritas Diocesana di Catania ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica, interessando l’autorità giudiziaria, per ottenere la documentazione clinica di Issaka Troore e chiedere che venga disposta un’autopsia sul cadavere del ragazzo per chiarire se le cure somministrate dai medici dell’ospedale siano state tempestive o meno.Issaka era stato assistito dalla Caritas di Catania da giugno di quest’anno, il ragazzo è stato accolto presso il dormitorio ed è stato aiutato a trovare un lavoro provvisorio. Il ragazzo aveva chiesto lo stato di rifugiato politico.

La web tv TeleStrada (visibile all’indirizzo www.telestrada.it) ha registrato le testimonianze di Chaka, amico di Issaka, che lo ha accompagnato in pronto soccorso il giorno prima della morte e del dr Castorina, uno dei medici dell’Ospedale Vittorio Emanuele di Catania, che ha seguito il ricovero del ragazzo, queste interviste sono state accompagnate all’esposto presentato in Procura come prove documentali.



Malasanità o razzismo?

"E' partita la campagna per la schedatura degli studenti stranieri nel nostro Paese?".

E' il quesito posto in un'interrogazione urgente da 14 deputati del Pd, prima firmataria Colomba Mongiello, e indirizzata ai ministri dell'Interno e dell'Istruzione a proposito di quanto accaduto a Catania nel novembre scorso

Si denuncia che l'ufficio scolastico di Catania, il 23 novembre scorso avrebbe inviato alle scuole della Provincia una circolare in cui si chiedeva la compilazione, entro il 14 dicembre 2009, di schede di rilevazione dei dati relativi a tutti gli studenti stranieri, con la seguente motivazione: attuare interventi 'a favore degli alunni immigrati che in atto frequentano le istituzioni scolastiche di questa provincia'.

"A questo comportamento
già di per sè anomalo - aggiungono i senatori del Pd - si è aggiunta la richiesta dei dati di tutti gli studenti stranieri, anche frequentatori abituali delle istituzioni scolastiche, che conterrebbe tutta una serie di dati sensibili quali: nomi, cognomi, data e luogo di nascita, eventuali spostamenti nel corso dell'anno per tornare al paese d'origine".

'E' evidente - sostengono i senatori del Pd - che la richiesta di dati sensibili nel caso di studenti stranieri ha come conseguenza una schedatura di eventuali immigrati irregolari e che scuole e ospedali non hanno l'obbligo di denunciare secondo la legge vigente. E' necessario che sia il ministro Maroni che Gelmini facciano chiarezza su un episodio per molti versi inquietante".
(www.stranieriinitalia.it)