Ascoltate Josè Saramago intervistato da Serena Dandini

venerdì 25 giugno 2010

Arrivano le caporali

Nelle campagne siciliane il fenomeno del caporalato si tinge di rosa.
Sono donne che gestiscono altre donne, guadagnano 5 mila euro l’anno in più e lavorano sette giorni su sette, per conto del datore di lavoro.
Il comune capofila è
Rosolini, 20 mila anime nel siracusano agricolo, tra Cassibile e Pachino.
Il metodo è quello ereditato dai colleghi uomini.
La mattina delle caporali inizia alle quattro. Un pulmino carica 20 ragazze di origine rumena per portarle nei campi a raccogliere i fantomatici pomodorini di Pachino o le zucchine nei tunnel, piccole serre alte 80 centimetri. In casi di maltempo però si rivolgono ingenuamente al sindacato per chiedere assistenza.

“E’ venuta una ragazza - racconta Enzo Pirosa segretario della Flai rosolinese - che voleva aiuto perché le braccianti dell’est non volevano lavorare a causa della pioggia. Ha raccontato di avere affittato una casa dove le ospitava. Siamo intervenuti e bloccato lo sfruttamento. La paura però è che oltre a questo vi fosse altro. C’è una certa ingenuità nel
le caporali che, in balia dello sfruttatore, per 5 o 6 mila euro in più l’anno diventano delle sfruttatrici nei confronti delle colleghe”.

Le donne sono le nuove protagoniste della filiera agroindustriale siciliana, dalla raccolta al packaging rappresentano l’anello fondamentale della fascia trasformata. E spesso allietano anche le serate di padroncini e amici produttori.

A Vittoria
, nel ragusano, terra rossa e di lotte contadine, sono in voga i “festini agricoli”.

Sono serate - spiega don Beniamino Sacco che gestisce il centro di accoglienza per 70 migranti - dove il datore di lavoro, insieme ai suoi amici aiuta ad arrotondare il cachè delle lavoratrici che, per otto ore di lavoro, guadagnano fino a 20 euro, con la serata arrotondano a 30. Sono veri e propri fenomeni di abuso. Una prestazione di natura sessuale aggiunge 10 euro alla giornata. Si tratta di un fenomeno difficile da quantificare - conclude - quello visibile è circa il 15 per cento”. Le donne di origine rumena a Vittoria sono circa 2500, mentre i migranti sono 12 mila, di cui 8 mila impiegati nelle campagne della cosiddetta fascia trasformata che va da Vittoria a Cassibile e comprende le due province di Ragusa e Siracusa.


E’ discordia tra patate e pomodori


L’immigrazione è un fenomeno stanziale nel sud est della Sicilia. La sola Rosolini ospita 820 lavoratori stranieri residenti, la percentuale più alta è quella marocchina (459), mentre i rumeni sono 98. Avola, Pachino, Portopalo, Ispica, Scicli su 8500 lavoratori agricoli contano 3 mila lavoratori migranti regolari. A questi però vanno aggiunti i lavoratori a cui non viene rinnovato il contratto di lavoro e, a causa della Bossi- Fini, alimentano la manodopera irregolare. Il lavoro nero è stimabile tra il 35-40 per cento. “C’è un fenomeno nuovo - dice Monia Gangarossa del Forum per l`immigrazione di Vittoria - per cui i magrebini stanno perdendo il proprio posto di lavoro perché
i proprietari delle aziende prediligono i rumeni e le rumene che costano meno, in media 15-20 euro, e non hanno il problema del permesso di soggiorno. La comunità tunisina al contrario è strutturata, ma negli ultimi dieci mesi hanno perso il posto di lavoro. Attraverso il Forum vorremmo anticipare lo scoppio di un conflitto sociale”.

Il contrasto tra migranti del maghreb e neocomunitari caratterizza tutta la fascia produttiva delle due province siciliane. “Sono senza lavoro da dicembre - racconta Aziz di Casablanca che dorme nella tendopoli di Cassibile -. Vivo a Ragusa dal ’90 e ho sempre lavorato in un`azienda di Modica che lo scorso inverno mi ha licenziato perché parlavo troppo. Mi pagava 42 euro al giorno, ma il salario mi arrivava un mese sì e uno no. Ho una famiglia numerosa e quindi ho chiesto un pagamento più regolare. Così mi ha buttato fuori e preso un altro lavoratore rumeno. Per questo sono costretto a venire a Cassibile, ma fino ad ora ho lavorato solo due volte”.

Per raccogliere 500 quintali di patate, ad esempio, ci vogliono trenta operai, se la produzione della patata peggiora per raccoglierla ci vogliono 50 persone. La giornata lavorativa di otto ore, per un magrebino, è retribuita da 35 a 50 euro. Se per i lavoratori regolari è prassi, per gli irregolari i salari minimi, garantiti dal contratto, rappresentano una chimera. I lavoratori più vulnerabili sono quelli senza contratto. Ricattabili e senza diritti vivono sulla propria pelle la selezione dei caporali che, ogni mattina alle 5, raccolgono braccia da sfruttare nei campi. I caporali eseguono gli ordini degli imprenditori e ricevono 35 euro per gli operai da impiegare.

I lavoratori scelti versano tre euro per il trasporto e cinque per l’ingaggio. Molti lavorano anche la domenica. Sono soprattutto marocchini senza contratto, partono con i camion per i mercati di Siracusa e di Catania. Aija è sudanese, 26 anni, per lo Stato è un clandestino e non gli è permesso dormire nella tendopoli della Croce Rossa. I braccianti agricoli, senza permesso di soggiorno, rappresentano una risorsa per molti imprenditori che abbattono il costo del lavoro.

"Vivo in un casolare a pochi chilometri dal centro di Cassibile - racconta Aija -. Siamo in 40 e dormiamo in quattro stanze. I materassi sono a terra, ma abbiamo anche una cucina. Per lavorare nei campi ci pagano 30 euro al giorno, dalle sei alle due del pomeriggio". Se Aija avesse un permesso di soggiorno le sue braccia costerebbero almeno 20 euro in più. Il prezzo delle patate si è dimezzato nel corso del 2009 e di conseguenza anche la presenza straniera che “quest’anno arriva a 350 - dice Gianpaolo Crespi della Rete Antirazzista - di questi 150 dormono nella tendopoli. Al di fuori del campo, c’è una realtà che molti non vedono”.

La tendopoli è il frutto di un protocollo tra Prefettura, sindacati, associazioni ed enti locali e prevede, inoltre, che i datori di lavoro diano un alloggio al lavoratore. All’interno del campo possono alloggiare soltanto gli stranieri regolari. I volontari della Croce Rossa registrano i nomi. L’accesso al campo è sottoposto a regole ferree, per entrare o uscire i migranti devono presentare il tesserino di riconoscimento assegnato loro nel momento della prima registrazione. Chi non ha il permesso di soggiorno non può essere ospitato e trova rifugio tra le campagne circostanti, nei cascinali abbandonati.


Da Mantova a Rosolini per essere competitivi


Dal 1984 un’azienda agricola del mantovano promette qualità, genuinità e garanzia. A pagare il caro prezzo delle tre promesse commerciali sono, però, i lavoratori. E non quelli impiegati nella sede del mantovano, ma gli stranieri delle serre-tunnel del Siracusano.
A Pachino l’azienda venuta dal Nord lavora da molti anni. A sentire i migranti che ci lavorano i loro diritti rappresentano un costo accessorio. "Mi pagano 40 euro al giorno, ma non sempre sono precisi nei pagamenti - si altera Mohamed che da due anni lavora nei tunnel della ditta -. Per contratto dovremmo lavorare otto ore, in realtà ci obbligano a farne nove ore e mezza senza lo straordinario. Se arriviamo in ritardo, il padrone, detrae mezz’ora di paga oraria e per tre giorni non ci chiama a lavoro".

L’azienda applica il Cpl (Contratto provinciale di lavoro) di Chieti che prevede una paga più bassa rispetto a quello del siracusano".
La raccolta delle zucchine e dei meloni nei tunnel è l’anticamera dell’inferno. Durante i mesi estivi si raggiungono temperature elevate, fino a ottanta gradi con percentuali di umidità che toccano il 95 per cento. Sarebbero necessarie delle accortezze particolari per tutelare la vita del lavoratore. Ma la pausa di cui godono i migranti impegnati nella raccolta è di un’ora, ogni otto di asfissiante lavoro, e i dispositivi di sicurezza individuali sono a carico dei lavoratori stessi.

"Guanti e mascherine per ripararci dalle inalazioni dobbiamo comprarceli, il datore ha stabilito così - spiega Mohamed". Dalle descrizioni dei lavoratori e dei sindacati l’azienda e` totalmente indifferente alle sofferenze dei lavoratori, qualcuno in paese non utilizza mezzi termini nell’etichettarla con il termine di “negrieri”.
Nel 2006 è morto un pachinese impegnato nella raccolta delle zucchine. Infarto, ha fatto sapere l’azienda. Ma sindacato e colleghi di lavoro la pensano diversamente. L’operaio sarebbe morto per avere inalato, all’interno del tunnel di plastica, fumi degli anticrittogamici.


Cresce la produzione, diminuisce l’occupazione regolare

Nella fascia produttiva del siracusano, nonostante la crisi economica, il prodotto lordo vendibile è aumentato del 20 per cento. "Da un lato aumenta la produzione e dall’altro si abbassa il numero dei lavoratori, di conseguenza esiste una fascia grigia - fa notare Enzo Pirosa - la forza lavoro è scesa in provincia da 13 a 10 mila. Il lavoro nero è stimabile tra il 35-40 per cento. Al sommerso della manodopera si accosta l’evasione contributiva fiscale che accade all’80 per cento dei lavoratori immigrati, ma dalla quale non sono immuni neppure gli italiani. Abbiamo spinto come Flai Cgil affinché le grosse aziende assumano con contratti a tempo indeterminato per garantire uno stipendio fisso e la tutela del lavoratore.

Ma non tutti accettano il tempo indeterminato perché gli farebbe perdere l’indennità di disoccupazione agricola. In realtà non considerano i vantaggi a lungo termine, come una pensione dignitosa, che offre un contratto a tempo indeterminato. Certamente si potrebbe partire con le grosse aziende”.
A Pachino la cooperativa Aurora, ad esempio, garantisce ai lavoratori contratti fissi. Una realtà nata da 16 piccoli produttori, ora 100, che hanno scelto di associarsi per superare le barriere del libero mercato. Ci lavorano 12 operai a tempo indeterminato e 50 stagionali. La sua è una storia al femminile, dove il lavoro delle donne ha contribuito sia alla crescita aziendale che al difficile percorso di emancipazione, delle donne di queste terre ricche di “oro rosso”.

Lavorazione e confezionamento del prodotto sono state affidate alle donne. "Nei locali della cooperativa lavorano molti pachinesi - sottolinea Salvatore Dell’Arte, presidente dell’Aurora-. I contratti prevedono 6 euro l’ora più l’ingaggio previsto dai contratti della cooperazione. La nostra trasparenza si scontra con una realtà disomogenea fatta di Cpl diversi da provincia a provincia, avviene così che a Ragusa il costo orario previsto per un operaio è di 4 euro e 80 centesimi. E inoltre ci dobbiamo confrontare con la concorrenza sleale dei produttori". Per non scaricare sui lavoratori la mannaia della competitività, il modello cooperativo potrebbe essere una valida alternativa, anche nelle terre del sud Italia.

"Associarsi e creare una cooperativa conviene- specifica- si eliminano i passaggi intermedi riducendo i costi". La catena produttiva inizia nelle terre dei piccoli coltivatori diretti soci della cooperativa che, raccolti i pomodori, li portano nei magazzini. Una volta confezionati partono per i mercati nazionali. Coop Italia è tra i maggiori acquirenti dell’Aurora. "Per un chilo di prodotto lavorato sosteniamo 1 euro e 20 centesimi di spese - spiega il presidente -. Il trasporto su gomma è uno dei costi che grava maggiormente sui nostri bilanci. Se la Regione Sicilia si decidesse a eliminare le accise sul carburante i costi diminuirebbero di molto. A queste si aggiunge l’aumento, pari al 15 per cento, del costo di produzione e la crisi della redditività delle aziende associate, calata del 30 per cento.

Se il prodotto non viene venduto direttamente alla grande distribuzione, viene ceduto ai mercati generali a prezzi più bassi. Un chilo di ciliegino pachino costa a Coop Italia 1 euro e 80 centesimi, nel supermercato, mezzo chilo dello stesso prodotto, arriva a costare 3 euro e 50" - conclude Dell’Arte. Chi ci guadagna? I sensali, mediatori siciliani, incidono nell’aumento del prezzo finale a discapito del guadagno dei produttori. Quella del mediatore è una figura storicamente parassitaria e non regolata, che ricorda la guardiania dei campi della mafia agricola. I mediatori propongono direttamente i prezzi di acquisto della merce e raramente l’imprenditore è in grado di rifiutare, trattiene inoltre una percentuale non prevista da alcuna normativa in materia.
Lavoro fittizio, falsi braccianti, lavoratori veri e controllori distratti

A Vittoria gli ultimi blitz nelle campagne dell’ispettorato del lavoro risalgono al 2007. "Tre anni fa la polizia aveva fatto tre blitz nelle campagne che hanno dato importanti risultati - spiega Giovanni Consolino, del Forum per l’immigrazione vittoriese -. Dopo questi interventi, definiti dalla Confindustria come freno alla filiera, non ne sono stati più effettuati. Ora stanno ricominciando perché Rosarno ha messo un po’ di paura". Scarsi controlli dovuti anche al poco personale ispettivo della Direzione provinciale del lavoro in molte province siciliane. Nel nisseno gli ispettori del lavoro sono soltanto due.

“C’è qualcosa che non quadra - dice Pino Cultraro segretario Flai Caltanissetta - il prezzo non è crollato sul prodotto finale. E’ evidente che si sta risparmiando sul costo del lavoro, tanto da fare parlare di lavoro fittizio”. Il perverso meccanismo è storia di altri tempi che ha tre protagonisti. I proprietari delle aziende fanno lavorare in nero i migranti senza versare i contributi che, invece, vengono sistematicamente venduti ai falsi braccianti agricoli per 10-15 euro a contributo. Morale della storia: loro avranno l’indennità previdenziale“.

Ci guadagnano tutti - continua Cultraro - tranne il lavoratore. Perchè l’azienda passa per quella che paga i contributi, il falso bracciante percepisce l’indennità di disoccupazione agricola, il lavoratore, invece continua a lavorare in nero e senza tutele. Il fenomeno visibile, attualmente è del 30 per cento”. Ai controlli dell’Inps però non ci sono differenze perché una volta scoperta l’azienda l’indennità viene bloccata per tutti, anche per i lavoratori veri. Questi ultimi pagano da sé i contributi necessari per percepire l’indennità di disoccupazione agricola.

“Tu vuoi lavorare da me? Dato che posso avere manodopera anche a 20 euro, posso pagarti fino a 30 euro però ti paghi tu i contributi”. In provincia di Caltanissetta, tra carciofeti e grano, il mercato del lavoro si svolge nei bar dei paesi. Non c’è il caporale ma lo stesso titolare della ditta che va a prendere gli stranieri che ogni tre giorni vengono venduti da un’azienda all’altra per evitare denunce e controlli.
Per le donne? Il sistema di selezione è fisico. “Le aziende - conclude il segretario - si contendono le più carine”.

Fonte: http://www.terrelibere.org

giovedì 24 giugno 2010

DEDICATO A NIKI APRILE GATTI



24 GIUGNO 2008 - 24 GIUGNO 2010.
Sono trascorsi due anni e nessuno si è degnato di fare delle serie indagini sulla morte di Niki Aprile Gatti. Dopo tanto tempo non si sa cosa sia realmente accaduto quel giorno dentro il carcere di Sollicciano.
Niki non si è suicidato. Ci sono tanti particolari che non quadrano e che ci lasciano pensare che
questo gesto infame sia stato compiuto da una mano estranea .
Ripeto, perchè si è voluto archiviare così in fretta?
Perchè non si sono svolte indagini capillari?
Siamo in tanti a chiedere giustizia per Niki.
Vogliamo la verità !!!

giovedì 17 giugno 2010

Razzismo in autobus alle porte di Milano

Al confine tra Monza e Cinisello Balsamo, alle porte di Milano, martedì 15 giugno un autista dell'autobus z221, linea gestita dalla Brianza Trasporti, esclama:
“Non voglio la merda sul mio pullman, gli zingari no. Apriamo le finestre e cambiamo aria”.

Sono all'incirca le 9.45. Fuori piove. Come consuetudine la z221, l'autobus che collega la Brianza alla stazione di Sesto FS, effettua il proprio viaggio e come sempre al confine tra Monza e Cinisello Balsamo salgono anche i rom.
Resosi conto della loro salita, il guidatore perde il controllo e impone a quanti non hanno il biglietto di avvicinarsi alla sua postazione.
Dopo un primo momento di esitazione da parte dei viaggiatori incriminati, il tono si fa sempre più minaccioso e aggressivo.
Non contento, il conducente si alza in piedi e pretende che quanti sono sprovvisti del biglietto, scendano immediatamente dalla z221.
Intimoriti dalla reazione, i rom e la donna di colore abbandonano l'autobus.
Raggiunto il proprio obiettivo, il conducente non trattiene nemmeno i commenti offensivi.

Leggi tutto l'articolo QUI'


Mi auguro che daranno quantomeno un premio al suddetto autista, a questo campione di alta professionalità e di buona educazione (sic!).

P.S. Sarà mica parente di Borghezio?


martedì 15 giugno 2010

Il Governo ha deciso di continuare a buttare milioni di euro per progettare una mega-opera inutile e devastante.

Centinaia di cittadini hanno partecipato domenica all’iniziativa di informazione e sensibilizzazione indetta dalla Rete No Ponte per contestare l’inizio delle trivellazioni in via Circuito a Faro,nella zona nord di Messina, finalizzate a completare gli studi necessari per il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto.

I sondaggi, che si protrarranno per tutta l’estate e che procureranno non poche difficoltà nella viabilità nella zona di Faro-Ganzirri, sono stati giustificati nei giorni scorsi come opere necessarie a ridurre l’impatto che il Ponte sullo Stretto avrebbe sul nostro territorio.

Il movimento No Ponte ha chiarito più volte che non c’è nulla da mitigare, che il Ponte non va realizzato, che i cantieri non debbono avere inizio.

In questa prospettiva sono state ripetutamente elencate le alternative che, invece, andrebbero percorse e per le quali andrebbero investite le risorse pubbliche riservate alla mega-opera. Molto meglio sarebbe pensare alla messa in sicurezza sismica e idrogeologica, al potenziamento del trasporto pubblico nello Stretto, all’ammodernamento della rete stradale e ferroviaria, ad un piano di edilizia scolastica.

Cosa sconvolgerà il Ponte sullo Stretto e come?

Eccovi un breve pro-memoria:

· Nell’area dello stretto sono presenti undici Siti di Importanza Comunitaria (SIC), due Zone a Protezione Speciale (ZPS), un’area di riserva naturale orientata, un territorio fortemente abitato. Tutto lo Stretto di Messina è stato inoltre dichiarata IBA (Important Bird Areas) ed è una delle tre rotte migratorie più importanti d’Europa, insieme al Bosforo e Gibilterra.

· Cantieri, discariche, cave, passaggio di mezzi pesanti, avranno un impatto devastante su di un ampio territorio, densamente popolato, che va (lato Sicilia) da Venetico a Contesse

· E’ stato sottostimato il rischio sismico ed il ruolo delle frane.

· I siti di deposito sul versante messinese dei materiali di scavo sono stati individuati in zona contrada Catanese (Annunziata) per 220.000 metri quadrati (pari a 25 campi da calcio o, se preferite, al lago di Torre Faro); in contrada Marotta (pari a oltre 6 campi di calcio); in contrada Serri (pari a 5 campi di calcio); a Venetico (tre siti per un’area di 390.000 metri quadrati).

Le cave da cui sarà estratta la sabbia per i lavori di costruzione sono state localizzate in contrada Pace, in contrada Magnolia e lungo la Panoramica.

· Una decina di cantieri, per movimento terra, logistici, operativi, individuati a: Contesse (nei pressi del complesso “Il Peloritano”), Gazzi (per la nuova stazione); Curcuraci; a monte di fiumara Guardia in zona “Balena”; Granatari, nell’area del cimitero; tra i due laghi di Ganzirri e Faro e nell’area compresa tra la Ss 113 e la via Circuito (per un’area pari a 270.000 metri quadrati); Terrazzo; Faro superiore nord; Faro superiore sud; Guardia; viale Annunziata; altri cantieri lungo tutto il percorso dei lavori da Torre Faro a Contesse.

· La viabilità ordinaria nel territorio sarà in varie zone limitata per la presenza dei cantieri ed il passaggio dei mezzi pesanti. Quest’ultimi si prevede effettueranno oltre 2000 passaggi al giorno!

· Lo scavo previsto per la costruzione delle torri del Ponte potrebbe portare uno sconvolgimento idrogeologico catastrofico, alterando l’equilibrio dei laghi fino al rischio del prosciugamento del lago di Ganzirri. Occorreranno milioni di metri cubi di cemento per strutture dell`opera ponte, e occorreranno migliaia di mc di acqua dolce. La presenza trasversale del pontile previsto a Ganzirri causerà l’alterazione dei flussi d’acqua attualmente conosciuti. Non vi è alcuno studio reale sugli effetti che avrebbe il Ponte (e i cantieri collegati) sulla pesca, anche dal punto di vista economico. L’apertura dei cantieri, le alterazioni di fondali e correnti, “l’effetto ombra” di torri ed impalcato, modificheranno, con effetti devastanti, la rotta dei cetacei e il passaggio migratorio di migliaia di uccelli.

La lotta continua!
Prossima manifestazione lunedì 21 giugno a partire dalle ore 14.30 in prossimità dei cantieri.

FONTE: http://www.terrelibere.org/terrediconfine/index.php


E per concludere in bellezza, vi propongo un viaggio alla scoperta delle bellezze architettoniche delle opere dell'Incompiuto Siciliano





Queste opere pubbliche mai finite, questi scheletri in calcestruzzo che si alzano minacciosi verso il cielo, che qualcuno ha definiti "Corpi di reato in esposizione permanente", sono stati generosamente finanziati con soldi pubblici, soldi di tutti noi.
Di trecentocinquantasette opere pubbliche mai finite, più del cinquanta per cento - centosessantotto - sono tutte fra Palermo e Siracusa, Agrigento e Catania.
Secondo voi, questi " capolavori di architettura" sono nate per creare lavoro o per distribuire mazzette?

martedì 8 giugno 2010

Dodici motivi per NON dare l’8 x mille alla Chiesa cattolica



Report Rai 3 - di Paolo Mondani -

Lo stato della Città del Vaticano ha tre bilanci: quello della Santa Sede, quello dello Stato Vaticano, quello dell'obolo di San Pietro, cioè le offerte che giungono al Papa da tutto il mondo.

Sono venti anni che è stato introdotto "l'otto per mille" e l' incasso passa dai 210 milioni di euro del 1990 al miliardo e nove milioni del 2009.

Ma la Chiesa incassa dallo stato italiano anche nel comparto sanità e scuole private, esenzione dell'ici, finanziamenti diretti sotto le più diverse voci.

Lo IOR non è mai stata considerata una banca offshore eppure non rispetta le leggi internazionali antiriciclaggio. Lo statuto dice che deve amministrare opere di religione e carità. Ma non disdegna gli investimenti esteri in azioni e titoli, sopratutto negli Stati Uniti. E due mesi fa ha impegnato 100 milioni di euro nel bond emesso dalla Cassa di Risparmio di Genova.

Nel corso della nostra inchiesta abbiamo cercato di fare i conti in tasca al Vaticano e alla Chiesa italiana, analizzando bilanci, per vedere quanto entra e come spende.

Questo video è dedicato a tutti gli ex dipendenti della Banca di Roma già Banco di Santo Spirito già Banca dellla rovina di tante persone, troppe. Senza parole.



Fonti:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/
http://laverabestia.org/index.php

venerdì 4 giugno 2010

Un nuovo appello per Niki Aprile Gatti

Aderisco all'iniziativa promossa da : Daniele Verzetti, Rockpoeta, SR e L'Incarcerato .

Anch'io spedirò una e-mail al Tibunale di Firenze e p.c. al Ministro di Giustizia di San Marino, perchè spero che fra i tanti ci sia qualc'uno che abbia voglia di fare chiarezza sulla morte di Niki Aprile Gatti, attraverso una indagine accurata e non come è stato fatto finora.


Il testo è questo:



"Gentilissimi Procuratori Canessa e Monferini,


Sappiamo che state indagando su una inchiesta molto complessa ed importante: l'inchiesta Premium.

Tale inchiesta coinvolge alcune società informatiche e telefoniche , tra cui la Sammarinese Oscorp.

All'interno di quella Società, incensurato e disposto a parlare per fornire ogni dettaglio utile alle indagini, c'era Niki Aprile Gatti il quale fu arrestato per truffa insieme ad altri appartenenti alla società Oscorp.

Egli fu l'unico ,fin dal primo istante, a voler collaborare con la Giustizia, avendo la coscienza pulita.

Ci sono, a mio avviso, molti elementi che indicano come questa morte sia strettamente connessa con l'inchiesta di cui vi state occupando. Inoltre, anche grazie a numerosi articoli di giornale, si evince l'ombra della criminalità organizzata.

E' per questa ragione che sono qui a chiedervi di considerare l'ipotesi di allargare gli orizzonti della vostra indagine anche sulla morte di Niki Aprile Gatti
soprattutto alla luce del furto in casa di NIKI,per il quale il tribunale di Avezzano ha rinviato a giudizio la persona per appropriazione indebita: tra i beni sottratti ci sono anche i due Computer che il ragazzo possedeva.

Tutto questo, non solo per dare speranza di verità ad una madre affranta, ma proprio per stabilire la verità su una morte che troppo frettolosamente é stata archiviata come suicidio."


Con stima

(Firma di chi spedisce la e-mail)

Le e-mail vanno spedite a questi due indirizzi di posta elettronica


procura.firenze@giustizia.it

e per conoscenza

segreteria.giustizia@gov.sm

Chiunque crede che bisogna conbattere ogni forma di ingiustizia, ha il dovere di aderire.
Diversi indizi ci lasciano pensare che Niki sia stato ucciso perchè voleva collaborare con la Giustizia ed è per questo che ritengo ingiusto che il Gip di Firenze abbia archiviato come suicidio la morte di Niki.

Chi non conosce ancora la storia di Niki può consultare il blog : http://nikiaprilegatti.blogspot.com/

venerdì 14 maggio 2010

Un'altra morte senza responsabili

Niki Aprile Gatti non ha ottenuto giustizia !!!

Il Gip di Firenze archivia come suicidio la morte di Niki, nonostante siano numerosi i dubbi sulla sua morte che non hanno ancora trovato risposta, nonostante i disperati appelli della madre ( Ornella Gemini).

In tanti ci siamo chiesti perché non si è ritenuto necessario approfondire le indagini?Perchè non si è voluto fare chiarezza su tanti punti oscuri della vicenda?

Per chi chiede giustizia da quasi due anni e si ritrova con un'archiviazione, consentitemi dirlo è un vero SCANDALO.

SIA BEN CHIARO , PER NOI LA STORIA DI NIKI RESTERA' APERTA FIN QUANDO:
NON SI FARA' CHIAREZZA,
FIN QUANDO NON SI SAPRA' COME REALMENTE ANDARONO LE COSE IN QUEL MALEDETTO GIUGNO DI QUASI DUE ANNI FA.
FIN QUANDO NON SAPREMO QUALE MANO HA "AIUTATO" NIKI A LASCIARE PREMATURAMENTE QUESTA TERRA.
FIN QUANDO NON SARANNO ASSICURATI ALLA GIUSTIZIA TUTTI I COLPEVOLI.

La famiglia di Niki ha il diritto di conoscere la verità, ha il diritto che venga fatta giustizia, ha il diritto che venga restituito l’onore alla memoria del proprio figlio.


Onorevole Presidente della Repubblica, almeno Lei avrebbe potuto aiutarci.
In tanti le avevamo inviata una
lettera nella quale la pregavamo di aiutarci a trovare la verità e a rendere giustizia a Niki (un ragazzo di 26 anni,incensurato, arrestato, tradotto in un carcere di massima sicurezza )
Le chiedavamo di fare in modo che venissero espletate delle indagini serie, tali da far emergere tutto quello che era accaduto all’interno di quel carcere il 24 Giugno 2008.
Ma lei come il Gip di Firenze ha ritenuto opportuno non indagare bensì
ARCHIVIARE.

GRAZIE!



mercoledì 12 maggio 2010

La legge sulle intercettazioni faciliterà la vita a molta gente

“La legge sulle intercettazioni non si può cambiare, si deve solo ritirare...”, così il professor Stefano Rodotà ha sintetizzato la sua posizione sulla legge bavaglio.
Ma siamo sicuri che il ddl del governo sulle intercettazioni telefoniche che diventerà legge nelle prossime settimane sia un reale problema per la collettività?
Forse ostacolerà il lavoro di giornalisti e magistrati, ma faciliterà la vita a molta altra gente.





Se ancora non l'hai fatto firma l'appello contro la legge bavaglio sulle intercettazioni, QUI'

domenica 9 maggio 2010

Ricordando Peppino Impastato

“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà.
All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.”

È questo l’insegnamento di
Peppino Immpastato, politico e conduttore radiofonico assassinato dalla mafia a Palermo la notte tra l'8 e il 9 maggio 1978. Lui fondò Radio Aut e attraverso la sua radio denunciò lo strapotere mafioso del boss Tano Badalamenti, padrone di Cinisi, ribellandosi al padre e alla maggioranza dei suoi compaesani.




"Trent'anni ho aspettato.In questo salone Gaetano Badalamenti avrà deciso la morte di mio fratello Peppino".
"Mi sembra ancora di vederli - dice
Giovanni Impastato - i mafiosi che ridevano al balcone e i politici che arrivavano da Palermo".
"Ma adesso la casa di Badalamenti è stata confiscata ed è stata affidata dal Comune all'associazione che porta il nome di Peppino. Qui si trasferirà anche la biblioteca comunale".


Dal balcone dove si affacciavano i potenti di Sicilia, Giovanni Impastato guarda adesso cento passi oltre, dove c'è la casa di Peppino:
"È come se quei cento passi non ci fossero più - dice - è come se Peppino e nostra madre Felicia fossero qui".
Tratto da la Repubblica.it ( l'articolo )



Chi l'avrebbe mai pensato che sarebbero state consegnate proprio oggi, in occasione del 32° anniversario dell'assassinio di Peppino Impastato, le chiavi dell'edificio dove viveva Tano Badalamenti all'associazione che porta il nome di Peppino?
Un Impastato si affaccerà dal balcone della casa del boss.
Una bella rivincita !


Carmen Consoli ed i Lautari interpretano Ciuri di Campu, tratto da una poesia di Peppino Impastato





Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali, e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.
( Giovanni Falcone )

lunedì 3 maggio 2010

Festa delle Oasi

Nell'Anno della Biodiversità il WWF dedica un intero mese alle Oasi e quindi alla natura d'Italia.

Tre domeniche di apertura speciale il 9, il 16 e il 23 maggio.

Sono previste moltissime attività per grandi e piccoli: si esploreranno boschi, fiumi e radure, si costruiranno nidi, si fotograferanno fiori e farfalle, si libereranno rapaci e tartarughe marine curati nei Centri di recupero. E poi spettacoli, concerti di musiche tradizionali, mostre, pic-nic...




“Le Oasi sono il luogo dove la biodiversità si può vedere, toccare, ammirare – ha detto Fulco Pratesi: sono una scuola a cielo aperto e non solo per i bambini. Rappresentano uno strumento diretto per far capire a tutti che cosa è la biodiversità e quanto vale per tutti. Più di qualsiasi “spiegazione”, la visita in un’Oasi regala la consapevolezza di quanto la natura sia bella e fragile. E sottolinea quanto sia importante proteggerla”.


Evento centrale sarà alle Saline di Trapani, Riserva Naturale regionale e Oasi WWF che coniuga la tradizionale attività della raccolta del sale con la conservazione di un’importante area umida per la sosta e la nidificazione per centinaia di specie di uccelli.
E’ prevista la diretta RAI su Tg3 Ambiente Italia la mattina del 16, presenze istituzionali, rappresentanti del festival Internazionale di Aquiloni, laboratori di aquiloni per bambini e l’inaugurazione di un percorso didattico.

In occasione della Festa delle Oasi è previsto il lancio della linea di prodotti alimentari “Terre dell’Oasi”, che saranno già in vendita in alcune delle Oasi coinvolte.

Seleziona una regione, e leggi il programma, QUI'.

BUON DIVERTIMENTO!!!





domenica 2 maggio 2010

AAA STUPRI ITALIANI VENDESI

Saverio Tommasi (http://www.saveriotommasi.it/) ha scoperto l'esistenza di un fiorente commercio di video pornografici ( N.B. le produzioni sono quasi tutte italiane) basati sulla rappresentazione di stupri e violenze sessuali.
Case di produzione, registi e siti internet che si arricchiscono tramite la banalizzazione e la mercificazione dello stupro.

SaverioTommasi ha prodotto un video nel quale vengono riportati anche i titoli e le trame di questi film "bestiali"
Il video inchiesta si conclude con un intervento di Teresa Bruno, psicologa e psicoterapeuta impegnata nel supporto alle donne che hanno subito violenza. Lavora con l'associazione Artemisia (Firenze).




L'intervista completa alla dottoressa Teresa Bruno.



Non penso che il problema sia l'incitamento all'emulazione, perchè un uomo con una sessualità sana non acquisterebbe mai simile porcate. Il problema è che esistono delle "persone" come gli autori di queste orrende storie che si permettono di asserire che : " SONO TANTE LE DONNE CHE SPERANO UN GIORNO DI ESSERE VIOLENTATE".
Io, da buona madre, sarei venuta a trovarti " PORCO " e, due calci sulle palle non te li avrebbe evitati nessuno!

Divulgate il video-inchiesta, mi raccomando!


sabato 1 maggio 2010

ANPI e CGIL insieme nel ricordo dei morti per la libertà



Palermo
- Il 1° maggio 1947 si tornava - dopo 21 anni - a celebrare la festa dei lavoratori, dopo che il fascismo l’aveva conculcata al punto da renderla un’appendice del natale di Roma, spostandola al 21 aprile.
Circa duemila lavoratori della zona di Piana degli Albanesi, in prevalenza braccianti e contadini, decisero di riunirsi nella vallata di Portella della Ginestra per manifestare contro il latifondismo, a favore dell’occupazione delle terre incolte ma, anche per festeggiare la vittoria del “Blocco del Popolo” alle recenti elezioni per l’Assemblea Regionale Siciliana, svoltesi il 20 aprile di quell'anno e nelle quali la coalizione PSI - PCI aveva conquistato 29 rappresentanti (con il 29 per cento dei voti) contro i soli 21 della DC (crollata a meno del 20 per cento).

All’improvviso, sulla gente in festa, partirono - dalle colline circostanti - un numero incalcolabile di raffiche di mitra che lasciarono sul terreno, secondo le fonti ufficiali, 11 morti (9 adulti e 2 bambini) e più di 27 feriti, di cui alcuni morirono in seguito per le ferite riportate.


La CGL - allora gli mancava una “I” essendo ancora la Confederazione Generale del Lavoro un’organizzazione unitaria - proclamò lo sciopero generale, accusando i latifondisti siciliani di voler “soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori” ma questa tesi non fu sposata dal Governo che, per bocca dell’allora ministro dell’interno, Mario Scelba rispondendo alle interrogazioni in Assemblea Costituente, addossò l’intera responsabilità della strage agli uomini del bandito Salvatore Giuliano, già colonnello dell’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia (EVIS) che, come veniva indicato chiaramente nel rapporto dei carabinieri sulla strage, “faceva riferimento ad elementi reazionari in combutta con i mafiosi locali”.

La posizione di Girolamo Li Causi
Una tesi che, invece, non convinceva Girolamo Li Causi, deputato siciliano del PCI che, in sede parlamentare, a nome di tutte le forze della sinistra e della stessa CGL, sostenne che il bandito Giuliano era solo l’esecutore materiale del massacro mentre i mandanti fossero gli agrari e i mafiosi, che avevano voluto lanciare un preciso messaggio politico proprio all’indomani della vittoria del “Blocco del Popolo” alle elezioni regionali.

Lo stesso Li Causi, in un articolo dal titolo “La belva scatenata”, apparso su “La voce della Sicilia” il 2 maggio, scriveva che: “Sconfitta sul terreno della democrazia, della civile competizione, la casta dominante della nostra Isola ha minuziosamente, freddamente premeditato il piano di provocazione e di aggressione contro le sane vive forze che hanno voluto con le elezioni del 20 aprile manifestare il loro profondo deciso desiderio di rinnovamento”. Lungi dal rassegnarsi alla sconfitta e di trarre le necessarie conseguenze dalla affermazione delle forze democratiche, il blocco monarchico-liberal-qualunquista è passato alla controffensiva e non potendo più contare sulla intimidazione ha ricorso alla aperta violenza”.

La lettera del bandito Giuliano
Ad avvalorare la tesi del deputato siciliano del PCI, nel ’49, arrivò una lettera autografa - che proprio Giuliano scrisse ai giornali - in cui affermava lo scopo politico della strage. Una tesi - prontamente smentita da Scelba - che il malvivente, però, non riuscì a dimostrare durante il processo di Viterbo (a cui la Cassazione aveva rimesso gli atti per legittima suspicione del tribunale di Palermo) perché, nel frattempo, il 5 luglio del ‘50, fu assassinato nel carcere di Castelvetrano dal suo luogotenente Gaspare Pisciotta, il quale morì, anch’egli avvelenato in carcere, quattro anni più tardi, dopo aver affermato di voler rivelare i nomi dei mandanti della strage”.

La sentenza senza mandanti
Il 3 maggio 1952, con la condanna all’ergastolo di 12 imputati - tutti esecutori materiali - si concluse il processo di primo grado con una sentenza che, a proposito della ricerca della causale, sostiene che Giuliano compiendo la strage e gli attentati successivi ha voluto combattere i comunisti e si richiama la tesi degli avvocati difensori secondo cui la banda Giuliano aveva operato come “un plotone di polizia”, supplendo in tal modo alla “carenza dello Stato che in quel momento si notò in Sicilia”. La sentenza di Viterbo, però, non toccava il problema dei mandanti della strage e dell’offensiva contro il movimento contadino e le forze di sinistra, affermando esplicitamente che la causa doveva essere ricercata altrove. La vicenda giudiziaria si concluse con una sentenza della Cassazione che, dichiarando inammissibile il ricorso del Pubblico MInistero, confermava la sentenza dl 10 agosto ’56 della Corte d’Assise d’appello di Roma con cui venivano confermate alcune condanne di primo grado e assolti altri imputati per insufficienza di prove.

63 anni dopo ANPI e CGIL insieme nel ricordo dei morti per la libertà
Da allora sono passati 63 anni in cui, alla mancata individuazione dei mandanti, ha fatto riscontro l’impegno della CGIL (non più unitaria) per mantenere viva la memoria di quei morti ammazzati per la libertà.

E, proprio nel ricordo di quei morti, quest’anno l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e la CGIL si ritroveranno insieme, per la prima volta dopo 63 anni, a Portella della Ginestra per celebrare il Primo Maggio. “Per la prima volta nella tradizione delle iniziative commemorative di quella strage - sottolinea il sindacato - la lotta alla mafia si incontrerà con l’antifascismo e la Resistenza”.

Nell’appello dal titolo “Il dovere della memoria, il futuro dei diritti” con cui la CGIL di Palermo e l’ANPI hanno spiegato il senso della manifestazione si legge “Portella della Ginestra ha ancora oggi il volto e il sangue di una generazione disperata, privata di diritti, lavoro e democrazia. Ha il profilo inquietante di un emblematico buco nero della giustizia, della responsabilità collettiva, istituzionale. Politica. La prima strage nell’era repubblicana”.

L’appello, quindi, ritornando ai momenti e alle motivazioni di quella strage, afferma: “Tra i monti di Portella si intrecciano storie diverse: da un lato ambienti deviati dello Stato che si coniugano agli interessi degli agrari, della mafia e del banditismo in un unico progetto reazionario e criminale. Dall’altro - prosegue il testo - i lavoratori della terra, in festa per il 1° maggio, con il cuore pieno di ansia di progresso e la voglia di cambiare il loro mondo. Il fuoco assassino spegne la vita di 12 di loro e tenta di cancellarne le speranze”. Portella della Ginestra ha passato, e reclama futuro”.

Per un’Italia migliore
“Ecco perché - conclude l’appello sottoscritto, tra gli altri da: Bice Biagi, Giorgio Bocca, Andrea Camilleri, Pierluigi Bersani, Nichi Vendola, don Luigi Ciotti - questo Primo Maggio, 63 anni dopo, per la prima volta, la lotta alla mafia s’incontrerà con l’antifascismo e la Resistenza.
Il segno, il simbolo di un impegno comune: la memoria diffusa del sacrificio più alto, la libertà, il lavoro, la dignità. E il loro domani. Per un’Italia migliore. Delle radici: Resistenza, Costituzione, Democrazia”.
(di Alessandro Bongarzone ).






Se avete ancora un'attimo di pazienza, vi voglio far leggere questo racconto, scritto da Andrea Camilleri, che ho trovato pubblicato sul sito dell'A.N.P.I. : Primo maggio. Portella e l’offesa di Scelba



A chi mi chiede, perché il primo maggio è la festa dei lavoratori ?
Io rispondo: LEGGI !

mercoledì 28 aprile 2010

Il sindaco Scalzone : " La nostra rovina sono stati i padri comboniani e le associazioni di volontariato.

«Daremo al ministro Roberto Maroni la cittadinanza onoraria di Castel Volturno. Lui ci aiuterà a rendere più appetibile il nostro litorale domizio. A Castel Volturno non ci occorrono centri di prima accoglienza per immigrati, ma centri di espulsione. La nostra rovina sono stati i padri comboniani, il “centro Fernandes” e tutti quelli che si occupano di stare dalla parte degli immigrati».


Antonio Scalzone
, da pochi giorni rieletto sindaco a capo di una coalizione di centro destra, fa capire subito che il vento è cambiato anche sul litorale domizio.



«Mi sono incontrato col Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ieri a Caserta e ho espresso tutto il mio apprezzamento per il lavoro egregio che ha fatto sinora nei confronti della camorra. E lui ha accettato di buon grado di diventare cittadino onorario del nostro Comune. Gli ho chiesto di darci una mano a risolvere anche gli altri problemi che abbiamo sul litorale, a partire da quello dell’immigrazione. Oggi Castel Volturnodice il neo primo cittadino - è una “zona franca”, una zona liberata dalla pressione della malavita organizzata. E questo ci permetterà di attrarre investimenti da parte dei privati. Ma occorre passare da una politica di tolleranza nei confronti degli immigrati, fatta in questi anni dalle associazioni di volontariato, ad una politica di rigore e rispetto delle regole. E sbaglia anche Saviano a dire che dalla camorra ci salveranno gli immigrati. La rivolta fatta dai neri a Castel Volturno due anni fa, era organizzata dai nigeriani, spacciatori di droga, che protestavano contro i camorristi. Una lotta tra bande per il controllo del traffico di droga. Il ministro queste cose le sa. E’ una persona seria e credo che ci darà una mano per risolvere i nostri problemi».

Scalzone, dunque, va per la sua strada. Dopo cinque anni di amministrazione di centro sinistra, sembra che nulla sia cambiato. Anzi, tutto è diventato più difficile.

Il problema, per il neo sindaco, restano gi immigrati e le associazioni di volontariato che cercano di alleviare in qualche modo le sofferenze e il disagio di tanti ragazzi che arrivano sul litorale domizio in cerca di un futuro.

Lui non va tanto per il sottile,
«Sono tutti uguali e se ne devono andare».

Non una parola sullo sfruttamento di questi ragazzi, considerati solo braccia da utilizzare, ma senza diritti.
Non una parola su quegli italiani che fittano a prezzi esosi le case sul litorale domizio dove ne infilano a decine in spazi angusti.
Non una parola sui caporali che sfruttano questi ragazzi che si alzano alle 4.30 del mattino per mettersi in fila alla rotonda di Villa Literno, nella “piazza degli schiavi”, o vicino al campo sportivo di Casal di Principe, o nelle rotonde di Qualiano, Villaricca, Mugnano, Giugliano, dove per 20/30 euro al giorno e per 10 /12 ore di lavoro aspettano di essere portati nelle campagne o sui cantieri edili per svolgere loro un lavoro senza tutela e a rischio.


Niente.

Con queste premesse non potrà accadere nulla di buono da queste parti.

di Raffaele Sardo - http://www.notiziemigranti.com/


Signor Sindaco, dato che lei parla di " centri di espulsione", perchè non ascolta i saggi consigli che Paolo Villaggio da a Borghezio, un'altro " grande uomo", che la pensa come lei ?




sabato 24 aprile 2010

25 aprile, sempre!

Il 25 aprile in Italia è la festa della liberazione dal nazismo, dal fascismo e dalla guerra .



Il 25 aprile cade quest’anno in un momento di crisi politica e sociale senza precedenti.
E’ sotto gli occhi di tutti il totale vuoto da parte del governo degli interventi che si renderebbero necessari per affrontare la gravissima situazione economico sociale in atto.
Situazione che colpisce sempre di più l’occupazione, le condizioni di vita delle famiglie e le prospettive dei giovani.
Un vuoto che la maggioranza al potere vorrebbe colmare mediante una falsa rappresentazione mediatica della realtà.
Questa destra berlusconiana è dedita essenzialmente a trasformare il nostro sistema politico da quello parlamentare, conforme ai principi e alle regole disegnate dalla Costituzione, ad un sistema autoritario e personale non più soggetto alle forme e ai limiti previsti dalle Istituzioni di garanzia.
Ciò avviene attraverso una serie di iniziative della maggioranza di governo, e in particolare dell’attuale premier, che sta creando nel nostro Paese una drammatica contrapposizione tendente a realizzare, e in parte ha già realizzato, un vero e proprio mutamento di regime.
Il momento è grave, ed è in relazione ad esso che l’ANPI lancia un appello affinché questo 25 aprile, festa della Liberazione d’Italia dai totalitarismi fascista e nazista, divenga un grande momento di mobilitazione civile e unitaria, di presa di coscienza da parte di tutti gli italiani per la difesa e l’affermazione dei principi e dei valori della Costituzione.
Tutto questo nella memoria del significato profondo che ha avuto nella storia d’Italia la lotta di Liberazione nazionale per la fondazione repubblicana e costituzionale che è stata, e deve continuare ad essere la bussola per il presente e il futuro della nostra democrazia.

"Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione" Piero Calamandrei




ANTIFASCISTI ORA E SEMPRE !

domenica 18 aprile 2010

SONO LIBERI !!!

SONO LIBERI


Così la pagina web di Emergency ne ha dato la notizia

Gli operatori di Emergency Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani, sono stati liberati, non essendo stato possibile formulare alcuna accusa nei loro confronti.



"Non avevamo dubbi sul fatto che tutto si sarebbe risolto bene, perchè abbiamo sempre saputo che sono innocenti, così come lo sapevano le centinaia di migliaia di cittadini italiani che ci hanno sostenuto in questi giorni"

(Cecilia Strada, presidente di Emergency)


Le prime parole di Gino Strada, dopo la liberazione




IO RIPUDIO LA GUERRA E SOSTENGO EMERGENCY E VOI?


L'attacco di Silvio Berlusconi a Saviano è disgustoso

Octopus vulgaris

18 aprile 2010 - Fabio Magnasciutti

Presidente Silvio Berlusconi, le scrivo dopo che in una conferenza stampa tenuta da lei a Palazzo Chigi sono stato accusato, anzi il mio libro è stato accusato di essere responsabile di "supporto promozionale alle cosche". Non sono accuse nuove. Mi vengono rivolte da anni: si fermi un momento a pensare a cosa le sue parole significano. A quanti cronisti, operatori sociali, a quanti avvocati, giudici, magistrati, a quanti narratori, registi, ma anche a quanti cittadini che da anni, in certe parti d'Italia, trovano la forza di raccontare, di esporsi, di opporsi, pensi a quanti hanno rischiato e stanno tutt'ora rischiando, eppure vengono accusati di essere fiancheggiatori delle organizzazioni criminali per il solo volerne parlare. Perché per lei è meglio non dire.
è meglio la narrativa del silenzio. Del visto e taciuto. Del lasciar fare alle polizie ai tribunali come se le mafie fossero cosa loro. Affari loro. E le mafie vogliono esattamente che i loro affari siano cosa loro, Cosa nostra appunto è un'espressione ancor prima di divenire il nome di un'organizzazione.
Io credo che solo e unicamente la verità serva a dare dignità a un Paese. Il potere mafioso è determinato da chi racconta il crimine o da chi commette il crimine?...........................







Accusare chi racconta il potere della criminalità organizzata di fare cattiva pubblicità al paese non è un modo per migliorare l'immagine italiana quanto piuttosto per isolare chi lo fa. Raccontare è il modo per innescare il cambiamento. Questa è l'unica strada per dimostrare che siamo il paese di Giovanni Falcone, di Don Peppe Diana, e non il paese di Totò Riina e di Schiavone Sandokan. ...........




Pensiero Unico

16 aprile 2010 - Paolo Lombardi

Finalmente in libreria il libro che nessun editore voleva pubblicare



Da aprile in libreria l'ultimo lavoro di Antonio Mazzeo:
I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina
(Edizioni Alegre, Roma, 14 euro).

Il libro, sulla base di una documentazione che privilegia le fonti giudiziarie, fornisce una sistematizzazione di innumerevoli denunce e indagini sugli interessi criminali che ruotano attorno alla costruzione del Ponte sullo Stretto.
La prefazione è stata curata da Umberto Santino del Centro Siciliano di Documentazione Antimafia "Giuseppe Impastato".



Nel libro il lettore incontra speculatori locali o d'oltreoceano; faccendieri di tutte le latitudini; piccoli, medi e grandi trafficanti; sovrani o aspiranti tali; amanti incalliti del gioco d'azzardo; accumulatori e dilapidatori di insperate fortune; frammassoni e cavalieri d'ogni ordine e grado; conservatori, liberali e finanche ex comunisti; banchieri, ingegneri ed editori; traghettatori di anime e costruttori di nefandezze.
I portavoce del progresso, i signori dell'acciaio e del cemento, mantengono intatta la loro furia devastatrice di territori e ambiente. Manifestazioni di protesta, indagini e processi non sono serviti a vanificarne sogni e aspirazioni di grandezza. I padrini del Ponte, i mille affari di cosche e 'ndrine, animeranno ancora gli incubi di coloro che credono sia possibile comunicare senza cementificare, vivere senza distruggere, condividere senza dividere.

Agli artefici più o meno occulti del pluridecennale piano di trasformazione territoriale, urbana, ambientale e paesaggistica dello Stretto di Messina, abbiamo dedicato questo volume che, ne siamo consapevoli, esce con eccessivo ritardo. Ricostruire le trame e gli interessi, le alleanze e le complicità dei più chiacchierati fautori della megaopera, ci è sembrato tuttavia doveroso anche perché l'oblio genera mostri e di ecomostri nello Stretto ce ne sono già abbastanza.

E perché non è possibile dimenticare che in vista dei flussi finanziari promessi ad una delle aree più fragili del pianeta, si sono potuti riorganizzare segmenti strategici della borghesia mafiosa in Calabria, Sicilia e nord America. Forse perché speriamo ancora, ingenuamente, che alla fine qualcuno avvii una vera inchiesta sull'intero iter del Ponte, ricostruendo innanzitutto le trame criminali che l'opera ha alimentato. Chiarendo, inoltre, l'entità degli sprechi perpetrati dalla società Stretto di Messina. Esaminando, infine, i gravi conflitti d'interesse nelle gare d'appalto ed i condizionamenti ideologici, leciti ed illeciti, esercitati dalle due-tre famiglie che governano le opere pubbliche in Italia.

Forse il recuperare alla memoria vicende complesse, più o meno lontane, potrà contribuire a fornire ulteriori spunti di riflessione a chi è chiamato a difendere il territorio dai saccheggi ricorrenti. Forse permetterà di comprendere meglio l'identità e la forza degli avversari e scoprire, magari, che dietro certi sponsor di dissennate cattedrali nel deserto troppo spesso si nascondono mercanti d'armi e condottieri delle guerre che insanguinano il mondo. È il volto moderno del capitale. Ribellarsi non è solo giusto. È una chance di sopravvivenza.


(Dalla prefazione)

I padrini del Ponte, copertina del libro

Chi è Antonio Mazzeo ?

Un militante ecopacifista ed antimilitarista, ha pubblicato alcuni saggi sui temi della pace e della militarizzazione del territorio, sulla presenza mafiosa in Sicilia e sulle lotte internazionali a difesa dell’ambiente e dei diritti umani.
Ha inoltre scritto numerose inchieste sull’interesse suscitato dal Ponte in Cosa Nostra, ricostruendo pure i gravi conflitti d’interesse che hanno caratterizzato l’intero iter progettuale.
Con Antonello Mangano, ha pubblicato nel 2006, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte (Edizioni Punto L, Ragusa).

Per saperne di più su visita il sito : www.peacelink.it


I primi due capitoli del libro sono dedicati alle vicende giudiziarie di Giuseppe Zappia (l’anziano ingegnere italo-canadese condannato al primo processo per la Mafia del Ponte ) e all’interesse delle organizzazioni criminali nordamericane alla realizzazione del Ponte.