Ascoltate Josè Saramago intervistato da Serena Dandini

sabato 30 agosto 2008

Carne di ratto

Strano ma vero

“Per combattere questo spreco, che fa lievitare i prezzi del grano stesso, la soluzione piu’ facile e’ quella di mangiare i ratti, estendendo a tutta la popolazione un’abitudine diffusa tra alcune delle comunita’ piu’ povere del Paese. Se loro sono in grado di farlo, perche’ non anche altri?”.
La singolare proposta arriva dallo Stato indiano del Bihar, ed e’ stata formulata dal segretario del locale dipartimento della Pubblica Assistenza, Vijay Prakash.
Secondo il solerte pubblico funzionario, la carne di ratto potra’ essere gustata senza problemi tanto a casa quanto servendosi alle bancarelle di strada, nei ristoranti e persino negli hotel a cinque stelle. Anzi, l’intento di Prakash e’ di esportare la sua ‘ricetta’ contro il caro-prezzi anche all’estero, e tale scopo ha gia’ preso contatto con diverse compagnie alberghiere straniere. (AGI)

Tempi duri per i poveri ratti cambogiani:
l'aumento dell'inflazione, che come è noto, colpisce per prima cosa i prezzi dei generi alimentari, ha spostato i consumi della gente dalle bistecche bovine ai roditori.
L'agenzia Reuters da Phnom Penh, riferisce che il prezzo della carne di topo nei mercati rionali del Paese asiatico è andato alle stelle, aumentando di oltre il 400 per cento dall'inizio dell'anno.
Il topo va a ruba nei mercati - Ora le massaie che fanno la spesa nei mercati rionali, per un chilo di topo (più propriamente, di ratto), già pulito e pronto al consumo, spendono 5mila riel, che corrispondono a circa 86 centesimi di euro. La stessa quantità di manzo costa quattro volte tanto e secondo gli esperti del Governo cambogiano la spiegazione dell'aumento sta proprio lì, nello spostamento degli acquisti della povera gente - che non può permettersi le bistecche - verso la più economica carne di roditore
( Tiscali- Notizie)

Anzichè proporre di sostituire carne ad altra carne, sarebbe giusto dire come stanno realmente le cose

[...]La crescita della domanda di carne è particolarmente drammatica nei paesi in via di sviluppo: "In Cina il consumo di carne è in rapida crescita per via dello sviluppo e dell'urbanizzazione, ed è piu' che duplicata rispetto alla generazione passata" dice Rosamond Naylor, professore associato di economia all'università di Stanford. Il risultato è che la terra che prima era destinata a produrre grano per le persone, ora viene utilizzata per produrre mangimi destinati a polli e maiali.[...]

[...]Milioni di ettari di terreno nei paesi in via di sviluppo sono usati a questo scopo. Tragicamente, l'80% dei bambini affamati vivono in paesi che paradossalmente dispongono di eccedenze alimentari che vengono però usate per nutrire animali destinati al consumo nei paesi ricchi."[...] leggi ancora

Curiosità:


Mushika o Akhu è il Ratto amico e compagno inseparabile di Ganesha, la bellissima Divinità Indu col viso d'Elefante.


Infatti, in alcuni templi indiani dedicati a questa Divinità, vivono centinaia di Ratti liberi, protetti, alla cui alimentazione provvedono quotidianamente le monache, che portano loro contenitori larghi e bassi pieni di buon cibo.

Nei Panjarapol jainisti (ricoveri e centri veterinari per animali abbandonati, bisognosi e feriti), sempre in India, esistono interi reparti per animali normalmente considerati reietti, tra cui reparti per l'alloggio e la protezione dei Ratti.

venerdì 29 agosto 2008

Lo stupro - Franca Rame


Franca Rame recita "Lo Stupro", ovvero la storia vera di violenza su una donna
Uno dei monologhi più drammatici e sentiti (di GRANDE E TRAGICA ATTUALITA').


PRESENTAZIONE DEL MONOLOGO: "LO STUPRO" 1975
Al centro dello spazio scenico vuoto, una sedia.
PROLOGO

FRANCA - Ancora oggi, proprio per l’imbecille mentalità corrente, una donna convince veramente di aver subito violenza carnale contro la sua volontà, se ha la “fortuna” di presentarsi alle autorità competenti pestata e sanguinante, se si presenta morta è meglio! Un cadavere con segni di stupro e sevizie dà più garanzie. Nell’ultima settimana sono arrivate al tribunale di Roma sette denunce di violenza carnale.
Studentesse aggredite mentre andavano a scuola, un’ammalata aggredita in ospedale, mogli separate sopraffatte dai mariti, certi dei loro buoni diritti. Ma il fatto più osceno è il rito terroristico a cui poliziotti, medici, giudici, avvocati di parte avversa sottopongono una donna, vittima di stupro, quando questa si presenta nei luoghi competenti per chiedere giustizia, con l’illusione di poterla ottenere. Questa che vi leggo è la trascrizione del verbale di un interrogatorio durante un processo per stupro, è tutto un lurido e sghignazzante rito di dileggio.
MEDICO - Dica, signorina, o signora, durante l’aggressione lei ha provato solo disgusto o anche un certo piacere... una inconscia soddisfazione?
POLIZIOTTO - Non s’è sentita lusingata che tanti uomini, quattro mi pare, tutti insieme, la desiderassero tanto, con così dura passione?
GIUDICE - È rimasta sempre passiva o ad un certo punto ha partecipato?
MEDICO - Si è sentita eccitata? Coinvolta?
AVVOCATO DIFENSORE DEGLI STUPRATORI - Si è sentita umida?
GIUDICE - Non ha pensato che i suoi gemiti, dovuti certo alla sofferenza, potessero essere fraintesi come espressioni di godimento?
POLIZIOTTO - Lei ha goduto?
MEDICO - Ha raggiunto l’orgasmo?
AVVOCATO - Se sì, quante volte?





IL BRANO


C’è una radio che suona... ma solo dopo un po’ la sento. Solo dopo un po’ mi rendo conto che c’è qualcuno che canta. Sì, è una radio. Musica leggera: cielo stelle cuore amore... amore...
Ho un ginocchio, uno solo, piantato nella schiena... come se chi mi sta dietro tenesse l’altro appoggiato per terra... con le mani tiene le mie, forte, girandomele all’incontrario. La sinistra in particolare.
Non so perché, mi ritrovo a pensare che forse è mancino. Non sto capendo niente di quello che mi sta capitando.
Ho lo sgomento addosso di chi sta per perdere il cervello, la voce... la parola. Prendo coscienza delle cose, con incredibile lentezza... Dio che confusione! Come sono salìta su questo camioncino? Ho alzato le gambe io, una dopo l’altra dietro la loro spinta o mi hanno caricata loro, sollevandomi di peso?
Non lo so.
È il cuore, che mi sbatte così forte contro le costole, ad impedirmi di ragionare... è il male alla mano sinistra, che sta diventando davvero insopportabile. Perché me la storcono tanto? Io non tento nessun movimento. Sono come congelata.
Ora, quello che mi sta dietro non tiene più il suo ginocchio contro la mia schiena... s’è seduto comodo... e mi tiene tra le sue gambe... fortemente... dal di dietro... come si faceva anni fa, quando si toglievano le tonsille ai bambini.
L’immagine che mi viene in mente è quella. Perché mi stringono tanto? Io non mi muovo, non urlo, sono senza voce. Non capisco cosa mi stia capitando. La radio canta, neanche tanto forte. Perché la musica? Perché l’abbassano? Forse è perché non grido.
Oltre a quello che mi tiene, ce ne sono altri tre. Li guardo: non c’è molta luce... né gran spazio... forse è per questo che mi tengono semidistesa. Li sento calmi. Sicurissimi. Che fanno? Si stanno accendendo una sigaretta.
Fumano? Adesso? Perché mi tengono così e fumano?
Sta per succedere qualche cosa, lo sento... Respiro a fondo... due, tre volte. Non, non mi snebbio... Ho solo paura...
Ora uno mi si avvicina, un altro si accuccia alla mia destra, l’altro a sinistra. Vedo il rosso delle sigarette. Stanno aspirando profondamente.
Sono vicinissimi.
Sì, sta per succedere qualche cosa... lo sento.
Quello che mi tiene da dietro, tende tutti i muscoli... li sento intorno al mio corpo. Non ha aumentato la stretta, ha solo teso i muscoli, come ad essere pronto a tenermi più ferma. Il primo che si era mosso, mi si mette tra le gambe... in ginocchio... divaricandomele. È un movimento preciso, che pare concordato con quello che mi tiene da dietro, perché subito i suoi piedi si mettono sopra ai miei a bloccarmi.
Io ho su i pantaloni. Perché mi aprono le gambe con su i pantaloni? Mi sento peggio che se fossi nuda!
Da questa sensazione mi distrae un qualche cosa che subito non individuo... un calore, prima tenue e poi più forte, fino a diventare insopportabile, sul seno sinistro.
Una punta di bruciore. Le sigarette... sopra al golf fino ad arrivare alla pelle.
Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni. Io non riesco a fare niente, né a parlare né a piangere... Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa di orribile.
Quello accucciato alla mia destra accende le sigarette, fa due tiri e poi le passa a quello che mi sta tra le gambe. Si consumano presto.
Il puzzo della lana bruciata deve disturbare i quattro: con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo... mi tagliano anche il reggiseno... mi tagliano anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri. Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature...
Ora... mi aprono la cerniera dei pantaloni e tutti si dànno da fare per spogliarmi: una scarpa sola, una gamba sola.
Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena.
Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro. Mi viene da vomitare.
Devo stare calma, calma.
“Muoviti, puttana. Fammi godere”. Io mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho. Non voglio capire. Non capisco nessuna parola... non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta.
“Muoviti puttana fammi godere”.
Sono di pietra.
Ora è il turno del secondo... i suoi colpi sono ancora più decisi. Sento un gran male.
“Muoviti puttana fammi godere”.
La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa più volte sulla faccia. Non sento se mi taglia o no.
“Muoviti, puttana. Fammi godere”.
Il sangue mi cola dalle guance alle orecchie.
È il turno del terzo. È orribile sentirti godere dentro, delle bestie schifose.
“Sto morendo, – riesco a dire, – sono ammalata di cuore”.
Ci credono, non ci credono, si litigano.
“Facciamola scendere. No... sì...” Vola un ceffone tra di loro. Mi schiacciano una sigaretta sul collo, qui, tanto da spegnerla. Ecco, lì, credo di essere finalmente svenuta.
Poi sento che mi muovono. Quello che mi teneva da dietro mi riveste con movimenti precisi. Mi riveste lui, io servo a poco. Si lamenta come un bambino perché è l’unico che non abbia fatto l’amore... pardon... l’unico, che non si sia aperto i pantaloni, ma sento la sua fretta, la sua paura. Non sa come metterla col golf tagliato, mi infila i due lembi nei pantaloni. Il camioncino si ferma per il tempo di farmi scendere... e se ne va.
Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti. È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male... nel senso che mi sento svenire... non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo... per l’umiliazione... per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello... per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero... mi fanno male anche i capelli... me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia... è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca.
Cammino... cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura.
Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora... Sento le loro domande. Vedo le loro facce... i loro mezzi sorrisi... Penso e ci ripenso... Poi mi decido...
Torno a casa... torno a casa... Li denuncerò domani.

Buio.

giovedì 28 agosto 2008

Pio La Torre, comunista, ammazzato dalla mafia


Comiso mi riporta indietro agli anni di una ancora non troppo remota giovinezza. Mi rilancia le immagini di giorni di passione civile, di scontri duri, il dolore di una violenza subita con quella pazienza dura che avevano i comunisti. Mi rilancia, questo nome, l’immagine di un uomo non più giovane ma non ancora anziano, che pur sotto la canicola, che già ad aprile attanagliava questa contrada di Sicilia, non smetteva una giacca grigia, concedendo a se stesso solo l’eliminazione della cravatta e il colletto della sua camicia candida allargato con un gesto quasi disperato. Stava su un palco mentre, sotto, gli Inti Illimani accordavano strumenti andini. Stava a spiegare ad una folla che arrivava a perdersi sotto le colline coperte di serre, che in quella terra grassa andavano piantati i pomodori e i peperoni, che erano la vera ricchezza e che quell’aeroporto doveva servire a farli arrivare nei mercati più lontani, che quelle piste non dovevano servire ad ingrassare le imprese mafiose e a far da rampa di lancio ai missili atomici in quell’ultimo feroce scampolo di guerra fredda.
Quell’uomo in grigio aveva la faccia asciutta come un legno d’olivo scavato dal tempo. Ci spiegava che quella era la battaglia vera per cambiare quel mondo che pareva non si potesse cambiare, che sulla nostra strada avremmo trovato i manganelli certo, ma anche le coppole storte degli uomini d’onore che, diceva, non sarebbero rimasti a guardare.
Quella faccia scavata, asciutta come un legno antico mi guarda muta. Coperta da un sottile velo che sembra ammorbidirne la severità contadina. Un velo come quelli che usano le spose nei paesi dell’interno. Come quello con cui nei giorni prima delle nozze le amiche avvolgono i confetti da lanciare agli invitatati. Un velo che pare coprire un scultura pronta ad essere svelata. Ma la faccia non è la stessa che vedevo tra i viottoli di Comiso. Aveva un piccolo insignificante dettaglio. Un foro, sotto la guancia. Un foro piccolo, scuro. L’unica traccia visibile della raffica del Thompson che lo aveva schiacciato con furia vigliacca. Una raffica che lui, quell’uomo con la giacca grigia e il volto secco di un contadino, aveva preso a calci, quasi un ultimo sprezzante segno di disprezzo e di orgoglio gettato in faccia a chi gli dava la morte.
Pio sembrava non si curasse di noi che ci mangiavamo lacrime, paura e rabbia facendogli corona funebre attorno. Sembrava che, con quell’aria distratta, ci dicesse di andar a fare cose più serie e non perdere tempo con tutte quelle formalità.
Comiso mi rilancia un'altra mattinata di canicola. Stavamo sotto le ali gigantesche di un Galaxi per cercare scampo al tormento del sole, mentre nel ventre dell’aereo scomparivano tante lunghe bare d’acciaio, ognuna con dentro due coppie di Cruise a testata atomica. Non ci ero mai entrato dentro l’aeroporto di Comiso, nonostante i molteplici tentativi naufragati tutti sotto i manganelli o gli idranti.
Mi feci mandare a posta per girare il servizio per il telegiornale. Spiegai al mio direttore che volevo godermela quella scena, dopo le tante legnate prese. E lui fu d’accordo.
A Comiso pensavo di tornarci una di queste mattine a godermi il nome di quell’uomo dalla giacca grigia e dalla camicia candida scritto sull’insegna. Il nome di un sogno, ieri spento a raffiche di mitra e oggi cancellato dall’arroganza stupida di un piccolo sindaco di provincia che pensa di poter far dimenticare la Storia.
Forse quel nome sull’insegna non lo troverò più, ma forse ci incontrerò un vecchio amico che, quasi certamente, di tanto in tanto ancora passeggia per quei sentieri e magari avrà ancora voglia di far due chiacchiere con uno di quegli scapestrati che lo facevano arrabbiare e che inutilmente tentava di rimettere in riga. Se sarà così, forse gli chiederò se, con quella sua giacca sulle spalle non ha caldo, magari ci siederemo a berci un bicchiere di Cerasuolo in quella piccola bettola che sta all’incrocio con la via che porta in paese. Sarà comunque una bella mattina.
( di Domenico Valter Rizzo )

*(Giornalista – gia membro della segreteria regionale della FGCI siciliana negli anni ’80)

Io voglio ricordare
Pio La Torre, comunista,
ammazzato dalla mafia


mercoledì 27 agosto 2008

Questa volta il nemico è l’insegnante meridionale (e la scuola al Sud è un miracolo)


Forse non è il caso di scomodare Adolph Hitler ed il nazionalismo estremo del XX secolo che, nell’individuare in una minoranza interna (in quel caso con l’antisemitismo) il nemico, il problema della modernità, il piombo nelle ali di una società in crisi, giunse a teorizzare e realizzare il genocidio.

Forse non è il caso di rammentare il fascismo, come fa perfino Famiglia Cristiana, per commentare le uscite della carneade Mariastella Gelmini contro gli insegnanti meridionali che una volta di più nascondono quanto di grave si sta per abbattere sul paese, quel federalismo contro il quale è necessario opporsi.

Una volta di più, l’infantile idiosincrasia non solo italiana dell’individuare un diverso, inferiore, al quale dar la colpa di colpe proprie, emerge come l’essenza di quel concentrato di grettezza, opportunismo, luoghi comuni, egoismo, vigliaccheria, rapacità, arretratezza mascherata da modernità, che è alla base dell’ideologia che per comodità chiamiamo berlusconismo.

Berlusconismo che si conforma su due ali. Da una parte vi è quella leghista, che è la variante più gretta e recessiva, fatta di milioni di Mastro don Gesualdo padani, che temono di essere fregati più di quanto aspirino a fregare il prossimo. Dall’altra c’è quella italoforzuta che del leghismo è la variante ottimista, che le studia tutte per conquistare meschini vantaggi per sé e per i suoi, anche minimi, anche a costi umani altissimi, anche a costo della disgregazione del paese. Entrambe le ali hanno bisogno del nemico.

In principio i nemici furono i lavoratori meridionali, che puzzavano, perché costruivano col sudore del loro lavoro salariato a basso costo la ricchezza della nazione. Quindi fu Roma ladrona, che succhiava il sangue alla società padana perfetta, quella che risciacquava i panni nel dio Po e metteva le insegne delle strade in bergamasco come antidoto alla propria chiusura mentale. Poi furono gli immigrati extracomunitari, i negri. Quindi gli albanesi da incolpare dei più efferati delitti familiari. Ricordate Erica e Omar o Roberto Spaccino e tanti altri assassini che beneficiarono di fiaccolate col pilota automatico in loro difesa.

Quindi è stato il turno dei cinesi, quelli che violando i diritti dei lavoratori obbligavano controvoglia gli imprenditori padani (perfino gli assessori leghisti, come abbiamo appreso in questi giorni) a fare altrettanto e a modificare in peggio i rapporti di produzione a quegli stessi docili lavoratori che poi votano Lega. E se non ci credevano allora la colpa era dell’Europa, e dell’Euro di Prodi. Gestito da Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi l’Euro di Prodi divenne il più grande trasferimento di risorse della storia dai lavoratori salariati a quelli autonomi. Tra poco sarà il secondo più grande, superato dal federalismo fiscale. Basta dar la colpa ad altri e ripeterlo goebblesianamente all’infinito.

Quindi è toccato ai romeni, i nuovi meridionali, i nuovi negri, i nuovi albanesi, che hanno l’aggravante di confondersi con i rom, gli zingari, i rapitori di bambini che mai nella storia hanno rapito un solo bambino. E se ricordi che la responsabilità penale resta personale il leghista medio ti disprezza con un sorriso beota come fossi l’ultimo Azzeccagarbugli.

Al di sopra dei romeni ci sono solo loro: i più odiati, i musulmani, tutti terroristi, che non meritano nemmeno la costituzionale libertà di culto. Ma non importa chi è il nemico. Un nemico è necessario, un nemico serve sempre, come per George Bush. Un nemico qualsiasi, che fosse Saddam Hussein, Osama Bin Laden, Fidel Castro, Vladimir Putin o le patate fritte (alla francese, french fries, per gli statunitensi che le boicottavano). La logica è sempre quella, noi contro loro, mori e cristiani, noi i paesani di Pietro Maso siamo quelli sani, loro, i concittadini di Nicolae Mailat (l’assassino di Giovanna Reggiani), sono la malapianta da estirpare.

Noi contro loro perché è più facile da capire. Noi contro loro perché altrimenti non scatta la macchina del consenso. Noi contro loro perchè altrimenti i nodi del fallimento del neoliberismo verrebbero al pettine. Noi contro loro perché altrimenti dovremmo interrogarci sui limiti della nostra modernità, sulla perdita di valori, cultura, coscienza civile. Noi contro loro nell’illusione che il problema possa essere espulso e noi si possa riprendere la nostra età dell’oro bucolica interrotta dall’irruzione dello straniero.

Noi contro loro perfino quando la logica si ribalta, politica contro antipolitica e viceversa. Noi lavoratori autonomi che, come vuole Renato Brunetta, mandiamo avanti la baracca, contro loro, gli statali, i lavoratori dipendenti, i mangiapane a tradimento, i fannulloni da colpire, come se poi ci fossero famiglie dove entrambe le tipologie, autonomi e dipendenti, non convivano come convivevano serbi e croati prima di essere indotti a scannarsi tra loro.

Adesso, che l’obbiettivo è imporre il federalismo, si ritorna all’antico: tra tutti quanti, gira gira, è sempre il meridionale l’invasore più odiato, anche a costo di perdere qualche voto al Sud. Non sono i tagli del governo all’educazione a far diminuire la qualità della scuola -ha sostenuto Mariastella Gelmini- ma è la carta d’identità dei docenti la tara ereditaria, il cromosoma impazzito che segna il destino della scuola pubblica da smantellare.

Gli insegnanti meridionali sono cattivi, quelli settentrionali sono buoni, ne sono convinti in tutti i bar di Gallarate. Come per le medaglie olimpiche, che i meridionali alla fine hanno vinto in proporzioni simili ai settentrionali, nonostante abbiano meno piscine, meno palestre, meno stadi e meno opportunità, fa capolino la razza. La razza padana è più sana, più atletica, più lavoratrice, ed è circondata da popoli inferiori da schiavizzare nei capannoni, e da dominare, slavi, napoletani, africani, arabi. Mancano solo gli ebrei, ma per ora. Questo si chiama razzismo; smentite e fraintendimenti non contano.

E’ così idiota la pretesa della Ministra Mariastella Gelmini di classificare i docenti in base alla carta d’identità e non in base ai titoli e al lavoro, che non varrebbe neanche la pena di essere commentata, se non con una richiesta in aula di dimissioni immediate da parte dell’opposizione. Richiesta di dimissioni che non arriverà. E’ così idiota ma è l’ennesima cortina di fumo che abbiamo già segnalato, per nascondere i tagli e lo smantellamento della scuola pubblica. Chi scrive ha più volte denunciato come emergenza nazionale il fatto che un numero importante di insegnanti (meridionali e settentrionali) non meritino la cattedra, precaria o di ruolo, sulla quale siedono ed ha anche indicato un rimedio così drastico che nessun ministro metterà mai in pratica: giudicare ed espellere dalla scuola gli inefficienti. Ciò perché il paese forse si può permettere degli impiegati fannulloni, ma non può permettersi degli insegnanti seduti e senza stimoli.

Ammettiamo pure, ma non concediamo, che gli insegnanti meridionali delle scuole settentrionali siano migliori degli insegnanti meridionali delle scuole meridionali ma, proprio i dati OCSE-Pisa che cita il Ministro (disponibili a p. 2 del quotidiano la Repubblica) la smentiscono. Offro pochi numeri cercando di non complicare il ragionamento. Nello studio della matematica la media nazionale ha un coefficiente di 462 punti. La provincia di Bolzano è in testa con 513 punti e la Sicilia in coda con 423 punti. A guardar bene questi dati ciò vuol dire che la provincia di Bolzano, la migliore, ha una media di appena l’11% migliore di quella nazionale mentre quella peggiore, la Regione Sicilia è dell’8% inferiore alla media nazionale. Ovvero sono dati notevolmente coesi, molto più coesi della maggior parte dei dati che dividono Nord e Sud. Se parlassimo di reddito, per esempio, la questione meridionale in queste proporzioni sarebbe un ricordo o quasi.

Le conclusioni che se ne possono trarre sono varie, compresa quella che sono gli insegnanti meridionali a frenare le scuole settentrionali, ma emerge invece soprattutto il valore unificante che persiste nella scuola pubblica. Nonostante le differenze di reddito, di disponibilità di libri, di computer, di connessioni Internet, di occasioni di cultura, di strutture, laboratori, palestre siano tutte abissalmente a favore degli studenti del Nord, proprio la scuola meridionale, che fa le nozze con i fichi secchi, se non ancora con doppi turni e altre carenze croniche, tampona e rende minimo il ritardo, solo l’8% in meno nel caso peggiore (ma appena -4% la Lucania, -4.5% la Campania). Un vero miracolo questa scuola pubblica meridionale, che non abbassa la testa, sulla quale investire per ripartire e non tagliare, come invece vuol fare il governo coloniale padano installato a Roma con il beneplacito di quasi tutti gli italiani.

A parità di risorse e di contesto, la scuola meridionale è dunque paradossalmente più efficiente di quella settentrionale. Faceva notare il preside di un Liceo trentino che invitò un paio d’anni fa chi scrive per una conferenza, che la sua scuola aveva un bilancio triplo (1.5 milioni contro 0,5 milioni di Euro) rispetto a strutture equivalenti nel resto d’Italia. Se questo triplo di risorse si converte in appena un +11% allora è mal speso e chi invece fa nozze con i fichi secchi e riesce a restare indietro di appena una spanna, ha tutta la mia ammirazione.

La rozzezza della Gelmini serve una volta di più a nascondere il dramma: la scuola italiana va male perché ha sempre meno soldi, risorse, strutture, di quelle dei paesi dell’Europa Occidentale con i quali dovremmo competere, non perché gli insegnanti sono nati a Sud del Garigliano e del Tronto. Quella meridionale ha ancora meno soldi e viene tenuta in piedi da migliaia di eroici docenti (dai quali sottrarre una percentuale di sciagurati, che ci sono anche al Nord e verso i quali non si dovrebbero fare prigionieri). La scuola italiana e meridionale va male e andrà peggio perché la Ministra, che non conta nulla, è lì solo per coprire gli ulteriori tagli imposti all’educazione da chi veramente conta, Giulio Tremonti.

Questo deve disperatamente far cassa per quell’enorme piano Marshall in favore dei ricchi che sarà il federalismo fiscale con il quale Berlusconi pagherà la sua tangente a Umberto Bossi e al Nord contro il Centro e il Sud del paese. La cortina di fumo federalista è già pronta. Siamo tutti federalisti e sempre più spesso trovi conversi progressisti dialoganti sulla via di Garlasco: “sì, dateci solo la metà dei soldi, solo così impareremo a gestirli meglio”, come se davvero credessimo che i trasferimenti Stato-Regioni fossero una concessione del Nord al Sud, e come se facessimo finta di non capire che la conseguenza sarebbe in molte regioni la chiusura di scuole e ospedali e la scomparsa dello Stato dal territorio.

La Gelmini è costretta ad alzare un polverone alla settimana per far polemizzare sul nulla o quasi nulla destra e sinistra, come per il grembiule o il 7 (o 5) in condotta. E’ un gioco che abbiamo già scoperto. E invece bisognerebbe parlare di cose serie, per esempio di un partito unionista, apertamente antifederalista, che rivendichi le ragioni unitarie di un’Italia che dal federalismo ha solo da perdere. Siamo davvero così sicuri di essere tutti federalisti? Per contarci si potrebbe cominciare dal non dialogare con chi vuole distruggere la scuola pubblica, chiedendo le dimissioni della razzista Gelmini. ( di Gennaro Carotenuto )

La Vignetta è di kanjano

martedì 26 agosto 2008

Panico, incidenti e leucemie. Il prezzo di Sigonella

Secondo un diffuso immaginario la base di Sigonella non procura fastidi al territorio, e per alcuni è anche utile alla “sicurezza”.

La realtà, purtroppo, è completamente diversa.


Momenti di panico collettivo, incidenti continui, limitazioni di sovranità e situazioni di grave rischio sono una spada di Damocle su tutta la Sicilia orientale. Dai continui incidenti sulle strade del circondario fino alla sindrome delle leucemie di Lentini...




Bare

Partiamo da due episodi del tutto dimenticati, quando la presenza della base causò veri fenomeni di panico collettivo. Nel marzo 2003 la notizia di migliaia di bare nascoste all’interno di Sigonella in previsione di un conflitto o di una catastrofe naturale dapprima sembrava una leggenda metropolitana, poi è comparsa qua e là sulla stampa locale ed infine è stata ripresa dall’arcivescovo Renato Martino, secondo cui “nei primi giorni di febbraio, nell’aeroporto militare erano stati scaricati 100.000 sacchi per cadaveri e 6.000 bare”. Notizia né confermata né smentita.

Dopo l’11 settembre 2001, una nuova ondata di panico si diffuse nel catanese. I cittadini in preda alla paura giravano per i negozi, alla ricerca di maschere antigas. Poche settimane dopo, l’8 novembre, due violenti boati sopra Paternò fecero pensare al peggio. In realtà, alcuni velivoli militari avevano “semplicemente” infranto il muro del suono.

Canaglie

I voli sono continui. Elicotteri da guerra in esercitazione, voli cargo che attraversano l’Oceano, Atlantique ed Orion in perlustrazione. Un traffico fuori dal normale che produce numerosi incidenti. Quelli conosciuti sono almeno tredici, dal ’75 ad oggi.

Alcuni hanno avuto effetti spaventosi, come quelli di Lentini. Altri hanno portato ad un passo dal disastro, come quelli di Augusta. Tutti insieme costituiscono un indizio inequivocabile sulla spada di Damocle che pende sulla Sicilia Orientale, asservita ai war games degli Usa.

Sigonella non è soltanto il supporto logistico alla Sesta Flotta della US Navy nel Mediterraneo, ma è anche il ponte verso i teatri di guerra mediorientali, in attività permanente da quando nel 1991 Bush padre scatenò la prima “tempesta nel deserto”.

Oltre alla logistica di guerra, mastodontiche esercitazioni sono ospitate nelle acque e nei cieli dello Jonio, in osservanza dei paranoici piani disegnati dai falchi del Dipartimento della Difesa, che scrivono “sceneggiature” degne dei peggiori copioni hollywoodiani, con immaginari Stati canaglia, terroristi senza scrupoli, caccia che braccano natanti infidi ed adrenalinici interventi risolutori. Il tutto a breve distanza dagli ignari cittadini che stanno svolgendo le loro normali attività.

PSI (Proliferation Security Initiative) e AGS (Alliance Ground Surveillance) sono i due piani pensati per contrastare il “terrorismo internazionale” e controllare tutto il Mediterraneo. Il primo è in esecuzione da anni, il secondo è in fase di progettazione e prevede di impiegare aerei con e senza pilota per le ricognizioni e la raccolta di informazioni su Africa e Medio Oriente. Il “PSI” è un “piano d’interdizione dei trasferimenti di armi di distruzione di massa”, cui aderiscono 11 paesi. Nell’ambito del piano, si sono svolte imponenti simulazioni, tra cui “Clever Sentinel” del 2004, in cui le forze speciali italiane arrivavano dall’alto con gli elicotteri, prendevano il controllo dell’imbarcazione sospetta, già circondata da navi militari, e procedevano a verificare la presenza di “chemical, biological and radiological weapons” (le famose armi di distruzione di massa), avvertendo dei risultati la Guardia Costiera, il ministro dell’Interno ed i Vigili del Fuoco (sic).

Elicotteri

Gli “stalloni neri” sono enormi elicotteri da guerra, di stanza a Sigonella, impegnati in continui voli di addestramento o perlustrazione.

Sono loro i responsabili maggiori degli incidenti nei cieli della Sicilia orientale. Si sono schiantati sulla pista della base, nelle campagne del circondario e nei pressi di centri abitati.

Il 19 novembre 1998 un CH-46 precipitava per cause ignote nei pressi di Riposto, quattro le vittime. Quattro anni dopo, durante la fase di decollo, un MH-53E si era schiantato violentemente sulla pista: interamente distrutto l’elicottero ma solo qualche lieve ferita per l’equipaggio. Il 17 luglio 2003, nei pressi di Ramacca, cadeva un altro elicottero: ancora quattro morti. L’intera area del disastro veniva confinata da un imponente cordone di protezione. Il 10 agosto 2004 un altro MH-53E, durante una fase di collaudo, precipitava all’interno della base ed i quattro militari che si trovavano a bordo restavano gravemente feriti. Dinamica simile per l’incidente del 16 febbraio 2005, stesso elicottero e quattro membri dell’equipaggio feriti.

Uranio

Il 12 luglio 1984 un Lockheed C-141 diretto in Kenia precipitò al suolo nei pressi di Lentini. I militari USA circondarono la zona e non rivelarono la natura del materiale trasportato. Medici, esperti e la società civile lentinese denunciano tuttora un forte incremento dei decessi per leucemia, presumibilmente dovuto al carico di uranio impoverito disperso nell’ambiente dopo l’incidente.

Ma la “sindrome di Lentini” è un fenomeno più ampio, che comprende le discariche a cielo aperto con amianto e rifiuti ospedalieri pericolosi provenienti dalle USL del nord, il benzene industriale ed i pesticidi utilizzati per anni - prima che fossero messi al bando - nel trattamento delle arance, la vicinanza dell’aeroporto militare di Sigonella, infine il lascito letale di misteriosi incidenti.

Petrolio

Sigonella è una base della US Navy, ma il suo porto è a molti chilometri di distanza, ad Augusta, a pochi passi dall’immenso polo petrolchimico di Priolo – Melilli. È evidente che un incidente avrebbe conseguenze gravissime tra enormi cisterne di carburante, aree industriali ad altissimo impatto ambientale, petroliere, depositi di armi ed esplosivi.

Il 22 novembre del 1975 si sfiorò il disastro, a causa di una collisione tra un incrociatore della marina USA e la portaerei Kennedy. Il primo aprile 1986, a bordo della portaerei statunitense “America”, ormeggiata in rada, un caccia si scontrava con un elicottero “Sea King”. Il 22 aprile 1988 un elicottero CH-46 si schiantò sul ponte di volo della nave munizioni “Mount Baker” durante le operazioni di rifornimento presso il pontile di Augusta. Restò ferito un operaio italiano che effettuava sulla nave USA dei lavori di manutenzione.

Automobili

E pensare che in questo delirio di elicotteri da guerra, portaerei a capacità nucleare, pattugliatori sovradimensionati e corpi speciali con stemmi a basi di aquile e folgori il problema più grande sono le automobili che sfrecciano sulla Catania – Gela. Ed i morti che producono.

Lo ricorda un lugubre cartello che accoglie tutti coloro che entrano alla base, con un elenco di morti e feriti, aggiornato giornalmente. È il bilancio di sangue degli incidenti stradali causati dai militari USA. La più grande battaglia di Sigonella è quella contro i suoi soldati ubriachi. Prima un osservatorio, quindi la cartellonistica, ancora tre riunioni a settimana del gruppo Alcolisti anonimi, un sistema interno di sanzioni a punti per gli indisciplinati, infine una rubrica fissa sulla prima pagina del giornale della base - The Signature - che implora: “Please, don’t become a statistic!”

Nei primi mesi del 2008, 2 morti, 77 incidenti, 5 fermati in stato di ebbrezza. Nel 2006 gli incidenti furono 323, nel 2007 furono 246. All’inizio del 2008 uno degli incidenti più gravi coinvolge due coniugi catanesi. Una Hunday invade la corsia opposta, scontro frontale con una Multipla. Morti due giovanissimi militari USA, solo feriti gli italiani. ( di Antonello Mangano )


Il libro



“Un posto civile - Sette ottime ragioni per riconvertire la base USA di Sigonella” è il libro prodotto da terrelibere.org che illustra l’impatto della base sul territorio ed il suo ruolo nella guerra permanente degli Stati Uniti.

lunedì 25 agosto 2008

Brutale fermo di un ambulante: proteste contro i vigili urbani


Un venditore ambulante di collanine, probabilmente di origine indiana, è stato preso e trascinato sull’asfalto con la forza da tre agenti della polizia municipale, uno dei quali lo teneva per il collo fino a portarlo nell’auto di servizio e chiuderlo nel portabagagli. I vigili tentavano di stappargli di mano una cassetta di legno che all’interno conteneva qualche braccialetto. I passanti hanno seguito choccati l’episodio urlando che era un «poveraccio, e di lasciarlo stare», «pensate invece ai problemi seri», inveiva la gente contro i vigili.
Stando al racconto dei presenti lo straniero vendeva merce lungo il corso e quando ha visto i vigili ha raccolto tutto per andare via, ma uno degli agenti è riuscito ad afferrargli la valigetta. Ne è nata una colluttazione perché lo straniero non voleva lasciare la sua merce ed è finito a terra. Il venditore ambulante urlava e piangendo chiedeva aiuto, aveva gli occhi terrorizzati. Un ragazzo che passava di lì si è avvicinato agli agenti dicendogli che era un avvocato e che la loro reazione era stata eccessiva e che «non potevano permettersi di comportarsi in quel modo». Gli agenti però sordi alle richieste dei passanti hanno trascinato il venditore, assieme alla sua cassetta di legno, fino alla vettura parcheggiata di fronte all’entrata posteriore del Municipio. L’intenzione era quella di infilarlo nel bagagliaio e così i vigili hanno cercato di alzare di peso il venditore, mentre continuavano a tenergli la testa con forza dentro il cofano, come si vede nelle foto scattate con un cellulare


I presenti hanno iniziato ad alzare la voce con urla tipo: «vergogna», «pensate ai problemi seri». C’erano persone che cercavano di convincere in tutti i modi i vigili a fermarsi e a lasciare andare il venditore. «Che motivo c’è di trattare come un animale un pover uomo che come unica cosa guadagna pochi euro vendendo braccialetti» dicevano i più.

Il responsabile della polizia municipale Rocco Giacintucci, che non si trova in città, sostiene di non sapere nulla dell’accaduto: «Non sono a Termoli e non so nulla. Sto apprendendo da voi quello che è successo. Domani rientro in servizio e mi informo. Una cosa però è certa: se i vigili hanno agito in quel modo è perché evidentemente c’è stata una reazione spropositata del venditore ambulante. Le regole in qualche modo le dobbiamo fare rispettare. Capisco che certe scene possono apparire più o meno cruente, ma dipende dalla reazione del soggetto

E’ accaduto a Termoli, all’altezza del corso Nazionale, sabato 23 agosto
La notizia
Le immagini dell'aggressione

"Ho assistito a una deplorevole scena di crudeltà gratuita - commenta un testimone - i vigili urbani hanno trascinato e strattonato un ragazzo di colore perché non era in possesso della licenza. Alcuni miei amici hanno scattato delle foto con il cellulare. I vigili urbani è inutile che cerchino giustificazioni poiché non è vero - come affermano - che l’ambulante ha avuto una reazione eccessiva e che li ha autorizzati ad usare violenza nei suoi confronti. Ero presente ai fatti e ho ancora nelle orecchie la voce e il pianto dell’extracomunitario che supplicava".

sabato 23 agosto 2008

Scene da un matrimonio: truppe inglesi fanno strage di civili

Questo è il periodo migliore dell’anno per sposarsi, il grande caldo è passato e i fiori colorano ancora il paesaggio.

La festa inizia il mercoledì e si va avanti per tre giorni ininterrottamente, uomini all’esterno, donne e bambini all’interno, rigorosamente separati.

Bisogna affrettarsi, tra poco inizierà il Ramadan.
In un paese in guerra bisogna rinunciare a qualche usanza locale, come sparare in aria colpi di fucile per evitare di diventare un facile bersaglio, e la festa può avere inizio.

Sono le 9:30 a Sangin, provincia di Helmand, sud dell’Afghanistan. Qualcosa è andato storto: le precauzioni non sono bastate, il via vai di moto e macchine ha attirato l’attenzione. “E' stata una pattuglia di tank britannici – racconta un testimone - il primo razzo ha colpito una macchina che stava uscendo dalla casa dei festeggiati, gli altri sono stati tutti diretti verso l’edificio in cui si trovavano le donne e i bambini”.
Non c’è tempo di pensare e di guardarsi indietro, la prima macchina con due bambine e una donna parte alla volta di Lashkargah, correndo contro il tempo. Dopo tre ore di viaggio il mullah Baseer arriva all’ospedale di Emergency: la moglie incinta di sei mesi, la figlia di tre anni e la nipote sono in gravi condizioni, ma sopravviveranno. Il vestito bianco della festa è pieno di macchie di sangue, quello che ha visto gli si legge in faccia: “C’erano tre corpi di bambini dilaniati, le gambe erano da una parte e il busto da un’altra. Sono scappato troppo velocemente per rendermi conto di quello che stava succedendo e non volevo vedere nient’altro”, racconta toccandosi la lunga barba bianca.
Sabawoon, cugino dello sposo, arriva poco dopo con un’altra macchina con quattro feriti a bordo. La storia che racconta e il dramma nei suoi occhi sono sempre gli stessi: “Gli inglesi erano a due chilometri dal matrimonio e i razzi sono arrivati a poca distanza l’uno dall’altro, non c’è stato il tempo di scappare e noi uomini all’esterno non abbiamo potuto fare nulla per salvare mogli e figlie”. Con lui all’ospedale sono arrivate due zie della sposa, un bambino di tre anni e un neonato di pochi mesi. Hanno corso abbastanza velocemente contro il tempo. Sabawoon poco dopo saprà che anche la zia, che è stata immediatamente trasferita in sala operatoria, se la caverà.
Le informazioni corrono veloci, non si ha il tempo di farsi troppe domande che l’ultima macchina arriva al cancello. Wadaan è alla guida, è il figlio del mullah Baseer. Con lui in macchina altre due bambine e Bakhtawara, la madre dello sposo. Sono in ritardo, hanno preso una decisione difficile: anziché correre direttamente all’ospedale di Lashkargah si sono fermati in una piccola clinica a Grishk, a un’ora di distanza dall’ospedale. Il tempo che hanno perso è stato fatale: la madre dello sposo muore pochi minuti dopo essere entrata nel pronto soccorso.
All’esterno dell’ospedale, Bakhtawar, Ghamay e Wadaan sono troppo stanchi per disperarsi e per piangere, insieme portano via il cadavere di Bakhtawara. Ancora vestito a festa.

(Scritto da Emanuele Nannini per
PeaceReporter)

I luoghi e i fatti descritti dai protagonisti sono stati riportati fedelmente. I nomi dei testimoni sono stati cambiati per proteggere la loro identità.

E non è tutto : la notte scorsa nella provincia di Herat , in un bombardamento (che i bollettini militari spacciavano per una operazione che aveva coinvolto solo la guerriglia) hanno perso la vita settantasei civili, quasi tutti bambini


venerdì 22 agosto 2008

Clandestini nel suo capannone: nei guai un assessore leghista

I leghisti urlano contro l'immigrazione clandestina e nel frattempo sfruttano gli immigrati.

Predicano bene, ma razzolano molto male. I leghisti urlano contro l'immigrazione clandestina e nel frattempo sfruttano gli stessi immigrati per arricchirsi.

Faceva così anche Roberto Zanetti, assessore della Lega alle Attività produttive e presidente degli artigiani di Cartigliano, comune in provincia di Vicenza. Nel capannone di sua proprietà la Guardia di Finanza di Bassano del Grappa ha scoperto un laboratorio di confezionamento di abbigliamento con nove cinesi costretti a lavorare in condizioni pietose.

L'assessore adesso cerca di difendersi dicendosi sconcertato. «Questa storia mi toglie 10 anni di vita, io non ne sapevo niente»

.

Dopo aver effettuato una serie di controlli nei giorni precedenti, i finanzieri della Compagnia di Bassano sono entrati in azione all'una di notte di mercoledì. Nell'immobile c'erano 9 asiatici. A finire in manette sono state la donna cinese che gestiva il laboratorio, immigrata regolarmente in Italia, e due operai sui quali pendeva già un provvedimento di espulsione, arrestati per violazione della legge (pensa un po') Bossi-Fini. Tre erano regolari, di altri tre non avevano documenti.

Gli operai lavoravano giorno e notte in mezzo a puzza e rumore. Ma nel capannone erano completamente segregati dormendo in due stanzette nascoste dietro un armadio con un solo e lurido wc. Gli otto vivevano come schiavi: lavoravano tutta la notte, non uscivano mai. La "direttrice", almeno, aveva una camera tutta per sè.

«Quando siamo arrivati hanno iniziato a correre e a gridare, ma la cosa che ci ha colpito di più - spiega il capitano Danilo Toma della compagnia di Bassano del Grappa - è stato il doppio fondo che abbiamo trovato su un muro. Da una botola si accedeva alle stanze, di cui una piccolissima, pochi metri quadri con i letti ammassati e un puzzo incredibile».

Per quanto riguarda la posizione dell'assessore, il capitano spiega: «Come il fratello, al momento non è indagato, anche perché il contratto di affitto era regolare». Difficile però credere che la famiglia Zanetti non fosse al corrente di cosa stesse accadendo nel capannone. «La casa dei Zanetti dista poche centinaia di metri», osserva il capitano. In più, non è la prima volta che nel profondo Nord est leghista vengono scoperti laboratori clandestini: «Di casi simili anche in zona ne abbiamo scoperti parecchi», ricorda il capitano.

Zanetti da parte sua cerca di difendesi. «La cinese titolare - spiega Roberto Zanetti - era venuta da noi la scorsa primavera; era stata costretta ad abbandonare la precedente sede, ne cercava un'altra e aveva saputo del nostro capannone. Era iscritta alla Camera di Commercio e, a quanto ci constava, i suoi dipendenti erano a posto con il permesso di soggiorno. Insomma, sembrava tutto in regola e abbiamo perfezionato la locazione, alla luce del sole».

Peccato che "alla luce del sole" però non lavorassero i cinesi. E Zanetti ne era al corrente. «Parevano invisibili - continua l'assessore vicentino - lavoravano di notte, come formiche, non disturbavano. Cosa combinassero là dentro, non lo sapevamo: avevano messo subito le tende alle finestre e non aprivano a nessuno. Consideravamo l'affitto che ci pagavano una sorta di compensazione: in fondo, è proprio per colpa della Cina che abbiamo cessato la nostra attività originaria».

È rimasto «sorpreso e sconcertato» anche il sindaco leghista di Cartigliano, Germano Racchella, nell'apprendere che il capannone dove è stato scoperto un laboratorio cinese clandestino è di proprietà di un suo assessore. «Una bella mazzata - commenta il primo cittadino - Sono sorpreso più come leghista che come sindaco», dice orgogliosamente. Racchella non ha ancora sentito il suo assessore e collega di partito Roberto Zanetti e non lo farà prima di sera. «Ho convocato una riunione - spiega il sindaco - vedremo cosa uscirà dall'incontro».

( di Massimo Franchi )

giovedì 21 agosto 2008

La Vendemmia in Sicilia


E’ arrivata la vendemmia sull’isola, partita il primo agosto terminerà il 10 novembre: si comincerà dalla costa per arrivare sui monti siciliani La vendemmia, che radicata nella cultura e nella storia siciliana rievoca suggestioni diventando momento di gioia, di condivisione con una forte carica aggregativa, quest'anno pare sarà eccezionale!
Eccezionale per l'aumento in termini di produttività rispetto l’anno passato.

Basti pensare che le previsioni fissano una possibile crescita del 40% raffrontata alla produzione del 2007, anno funesto per il settore vitivinicolo siciliano gravemente colpito dal flagello della peronospora.

Secondo questi pronostici quest’anno verranno prodotti circa 6 milioni di ettolitri contro i 4,5 milioni ottenuti nella vendemmia 2007.

Per tanti anni il vino siciliano è stato utilizzato nella maggior parte dei casi per "tagliare" vini meno corposi, ma grazie alla passione ed alla dedizione di molte aziende vinicole, oggi il vino delle terre di Sicilia è arrivato ad un livello di eccellenza nel panorama enologico nazionale ed internazionale.Accanto alla tradizione e alla riscoperta di tanti vitigni autoctoni, primi fra tutti il Nero d'Avola, l'Inzolia e il Catarratto è possibile trovare anche superbe produzioni di Merlot, Cabernet Savignon, Syrah, Chardonnay.

Una leggenda narra che la vite germogliò per la prima volta nell’Isola dalle lacrime di Dionisio assetato. Nacque così quel nettare che l’antico nume donò agli uomini per confortarli dalle fatiche e agli Dei per allietare i loro sensi. In realtà, sebbene il vino fosse diffusissimo nell'antica civiltà greca, pare che l'inebriante bevanda non fosse un'invenzione ellenica.


Storicamente, infatti, la il vino fu introdotto per la prima volta dai Fenici, prima nel Mediterraneo, poi anche in Sicilia. Peraltro nell'Isola è stata scoperta la presenza della vite selvatica, parte della flora mediterranea, alle falde dell'Etna e nell'Agrigentino a partire dall'Era Terziaria.
Alcune leggende, infatti, narrano che Bacco (Dio Romano) abbia piantato la prima vite ai piedi dell'Etna e che l'uva che vi crebbe fu la prima ad essere raccolta e piggiata per trasformarla in vino.

Quando nell’VIII sec. a.C. arrivarono i Greci sull’isola, i Sicani divennero esperti nella coltivazione della vite, ma anche dell'olivo e del grano. Grazie ai Greci, oltre ad essere introdotte tecniche colturali più efficienti, furono anche inserite nuove varietà di vitigni.

Sotto i Romani la coltivazione della vite divenne ancora più importante: furono esportati ed apprezzati in tutto il mondo latino la Malvasia delle Eolie, il Pollio di Siracusa e il Mamertino di Messina.

Con gli Arabi l’uniformazione al Corano causò l’azzeramento della produzione di vino, senza mai però vietarla: fu infatti incrementata la produzione di uve da tavola pregiate e dolci, come il Moscato d'Alessandria (Zibibbo) dell'isola di Pantelleria. L'uva veniva anche fatta essiccare per trasformarla in uva passa, più nota in Italia, come uva sultana o sultanina, proprio in omaggio ai Sultani che allora governavano l'Isola.

Nel 1061 con i Normanni la produzione siciliana si riprese, ma solo con Aragonesi e Spagnoli lo sviluppo ebbe il suo periodo d’oro.

Dalla fine del 1700 si registra in Sicilia un vero e proprio "boom" grazie alla commercializzazione su scala industriale dei vini di Marsala con l'inglese John Woodhouse.

Con l’avvento del fascismo in Italia, la lentezza burocratica negli espropri ai proprietari latifondisti bloccò il rilancio del settore vitivinicolo.

Ma nel 1970 la nascita del Mercato Unico Comunitario ha permesso quello che viene definito il "miracolo siciliano": nuove realtà produttive e DOC sono nate grazie al flusso di vini dell'Isola verso la Francia, il miglioramento delle tecniche di coltivazione ed una intelligente attività di riqualificazione del vino siciliano, da parte dell'Istituto Regionale della vite e del vino.

Fonte : Sicilia On Line

mercoledì 20 agosto 2008

Catania: 16enne tolto alla madre La motivazione: «È comunista»


Ed ora la militanza di sinistra diventa una discriminante sociale, anche per i fatti di famiglia. L'iscrizione al circolo Tienanmen dei Giovani comunisti (organizzazione giovanile del Prc) è tra le motivazioni del provvedimento con cui la prima sezione civile del Tribunale di Catania ha affidato sedicenne al padre anziché alla madre.

L'adesione del ragazzo al Tienanmen era stata segnalata dagli assistenti sociali, che hanno definito il circolo giovanile di Rifondazione un «gruppo di estremisti». Secondo il rapporto dei servizi sociali citato nella sentenza del Tribunale, ci sarebbe un adescatore maggiorenne, il segretario del circolo studentesco appunto, «che convince i ragazzi minorenni all’attivismo politico e all’iscrizione al gruppo». Peccato che nel circolo giovanile del Prc Tienanmen di Catania c’è una regola per la quale una volta compiuti i 18 anni bisogna iscriversi al circolo territoriale del partito. Come ci dice Pier Paolo Montalto, Segretario della federazione catanese del Prc, «l’attuale segretario ha 16 anni ed è un bravissimo ragazzo che ha fatto dell’antimafia e delle battaglie per la legalità una scelta di vita». «Se quello che è scritto sulla sentenza fosse confermato si tratterebbe di una discriminazione pesantissima – prosegue Montalto che tra l’altro è un avvocato – oltre ad essere una falsità disumana».

Il segretario provinciale del Prc continua: «La cosa più grave è che i servizi sociali hanno collegato la militanza politica all’uso di droghe e di sostanze psicotrope. Questo per noi è un insulto all’impegno quotidiano che i nostri ragazzi ogni giorno mettono in campo contro la mafia e le disparità sociali del nostro territorio, che sono tantissime – continua Montalto». Secondo il dirigente di Rifondazione «Il circolo studentesco è un “oasi felice” in una città dove forte è la criminalità giovanile e il disorientamento sociale». Conclude il segretario: «I giovani attivisti del circolo sono tutti ottimi ragazzi. Hanno tutti ottimi voti a scuola e sono impegnati nel volontariato sociale, altro che sbandati e pericolosi estremisti come li ha definiti il rapporto del Tribunale».

«Stiamo ancora cercando di capire i motivi che hanno spinto il tribunale a prendere questa decisione. Il ragazzo non si droga, non ha commesso reati. La cosa che ci ha colpiti è che viene citato come appartenente ad un gruppo estremista. Secondo noi è stato montato un caso sul nulla». Lo afferma l'avvocato Mario Giarrusso, legale di Agata Privitera, madre del ragazzo. Secondo il quotidiano "La Repubblica", che ha rivelato il caso, nelle loro relazioni gli assistenti sociali avrebbero affermato che il giovane «frequenta luoghi di ritrovo giovanili dove è diffuso l'uso di sostanze alcoliche e psicotrope», e definito i comunisti «estremisti». La vita del sedicenne inoltre sarebbe «senza regole». Nelle relazioni dei servizi sociali e nell'ordinanza del Tribunale inoltre si rimprovera alla madre di aver nascosto al marito che il ragazzo ha avuto «una irregolare frequenza scolastica» e di avere dato il suo beneplacito a «mancati rientri a casa». Il padre è un impiegato comunale, la madre è un medico. La donna è stata obbligata a versare 200 euro al mese al marito per il mantenimento dei figli e a lasciare la casa.

«Mio figlio va al mare e studia - dice la madre - ha avuto tre debiti al penultimo anno del classico in greco, latino e filosofia. Come può essere sereno con questa guerra in atto?». La coppia ha altri due figli, una ragazza che ha appena compiuto i 18 anni, che viveva con il padre ma che ora dopo aver compiuto la maggiore età è andata a vivere con la madre, ed un maschio di 12 anni, che è stato assegnato anch'egli al padre ma che vuole andare a vivere con la madre. «In questo momento il Tribunale per i minorenni di Catania sta decidendo se mandare il ragazzo in comunità, come richiesto dagli assistenti sociali. Con l'aiuto di alcuni consulenti - ha aggiunto il legale - stiamo cercando di preparare una richiesta al Tribunale per un riesame della vicenda»

Sulla vicenda è intervenuto anche il leader di Rifondazione Paolo Ferrero, ex ministro della Solidarietà sociale: «Nell'esprimere la mia piena a totale vicinanza e solidarietà a M.P. e a sua madre, ritengo necessario che venga affrontata e risolta la gravissima violazione costituzionale che si è verificata a Catania». E chiede l'intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Che, nella loro relazione, i servizi sociali del comune di Catania trattino la militanza in Rifondazione Comunista come un fatto sostanzialmente illecito e negativo per un ragazzo è gravissimo e testimonia di pregiudizi incompatibili con l'espletamento di un pubblico servizio. Che la Prima Sezione Civile del Tribunale di Catania motivi una sentenza con le stesse argomentazioni non è solo gravissimo ma inaccettabile in uno stato di diritto», afferma Ferrero in un comunicato. «Ho quindi scritto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinché nella sua veste di garante della Costituzione e di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura intervenga per porre rimedio a questa situazione inaccettabile».
(
di Marco Fillippetti )


Quando all’avvocato siciliano Mario Giarrusso è arrivata l’ordinanza del Tribunale di Catania che accusava il suo assistito di appartenenza a «gruppi estremisti», ha subito pensato a frange ultras di estrema destra o a movimenti neofascisti, in una città come Catania dove due anni fa lo stadio si trasformò in un teatro di guerra tra tifoserie, con dentro anche gruppi di estrema destra, che finì con l'omicidio del commissario Raciti. Invece in questo caso, il riferimento alle frange politiche più estreme era nientemeno che a Rifondazione Comunista, un partito che sarà pure finito fuori dal Parlamento ma che resta con una solida presenza nel territorio catanese e con solide tradizioni democratiche.

Il provvedimento in causa è un'ordinanza provvisoria del Tribunale civile di Catania che riguarda l'affidamento di un ragazzo di 16 anni conteso tra due genitori. Il giudice, decidendo di dare la tutela esclusiva del figlio al padre del ragazzo si è basato essenzialmente sul rapporto fatto dai servizi sociali comunali. E in base a quello ha anche assegnato la casa di proprietà della coppia ora "scoppiata" al genitore affidatario, cioè al padre, togliendo anche questa alla madre. Il tutto perchè la donna è stata giudicata non una buona educatrice, troppo permissiva o debole. Al punto da non opporsi a quelle "pericolose" frequentazioni del figlio, iscritto al circolo studentesco "Tienanmen", organizzazione di "facinorosi" giovani comunisti, del Prc.

«È incredibile come il giudice abbia tolto il figlio dalle braccia della madre esclusivamente basandosi sul rapporto dei servizi sociali senza che il giovane abbia mai avuto problemi con la droga o con l’alcool», dice l’avvocato catanese Mario Michele Giarrusso dopo aver letto l’ordinanza. «In più, ed è la cosa più grave, il giudice ha chiesto “in via d’urgenza” l’internamento in una comunità terapeutica se il giovane si rifiutasse di andare in affidamento dal padre – continua Giarrusso - il tutto senza alcun precedente giuridico per possesso di stupefacenti. Anzi – aggiunge l’avvocato – l’unico atto ufficiale di questa vicenda è un “drug test” (esame specifico per verificare la presenza di sostanze stupefacenti nel sangue ndr) fatto dal figlio alla Asl locale». E risultato negativo.

Nonostante il figlio si sia sottoposto al drug test proprio per dimostrare al padre che non si drogava, il rapporto dei servizi sociali accusa il giovane «di frequentare luoghi dove si fa uso di sostanze psicotrope ed alcool». E il più «estremista» di questi luoghi, a dire dal rapporto, è proprio il circolo studentesco di Rifondazione Comunista “Tienammen”.

Strana coincidenza. Perché anche il padre, secondo le dichiarazioni rilasciate dal figlio alla stampa, «odia i comunisti e pensa che se uno sia comunista faccia uso di droghe e sia uno sbandato». Come dire, se fosse un gioco di strategia lo slogan potrebbe essere: “come passare dal pregiudizio di un genitore al giudizio di un tribunale in poche mosse”.

Altro aspetto sconcertante dell’ordinanza è la totale mancanza di motivazioni reali che hanno portato all’esclusione della madre dall’affidamento. «Al primo posto il provvedimento riporta la posizione lavorativa della donna – dice l’ avvocato -. La signora è medico e nell’ordinanza c’è scritto che lavorando la notte non può badare in maniera adeguata al figlio. In più – dice Giarrusso – e questo è l’aspetto più inquietante, viene contestato alla madre che una volta ha portato il figlio a donare il sangue. Questo per il giudice – continua l’avvocato - sarebbe un gesto “non moralmente sano” per il giovane». «Aspetteremo le relazioni del giudice – conclude il legale - e chiederemo la revoca del provvedimento».

Il Tribunale di Catania nega di aver affidato il figlio al padre per motivi politici. «Nel provvedimento non c'è alcun riferimento diretto indiretto alla militanza politica del ragazzo o a luoghi di ritrovo riconducibili a movimenti politici», si difende Massimo Esher, giudice della prima sezione civile del Tribunale di Catania che ha firmato l'ordinanza di affidamento al padre del sedicenne. Il giudice aggiunge che «l'unico riferimento contenuto nel provvedimento riguarda la frequentazione del ragazzo relativa a luoghi di ritrovo giovanili dove è diffuso l'uso di sostanze alcoliche e psicotrope. Ma questi non sono riconducibili a partiti». Esher dice di non ricordare traccia della tessera comunista e che questa comunque, assicura, «non è stata presa in considerazione».

«È possibile - ammette il magistrato - che il padre abbia prodotto fotocopia di una tessera di appartenenza a un partito ma per noi questo è assolutamente indifferente». Nella patria di Lombardo e Scapagnini, degli ultrà con le croci celtiche, non si può far altro che credergli. Ma il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero, ex ministro, continua a nutrire un ragionevole dubbio che ci sia una discriminazione politica in questa decisione del giudice catanese. E chiede l'intervento nientemeno che del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

(di Marco Filippetti)



martedì 19 agosto 2008

Il Veneto continua a odiare i Rom

Le condizioni dei Rom in Italia sono ormai insoportabili: nessun diritto, nessuna libertà, nessun programma di inserimento al lavoro o di valorizzazione delle professionalità, nessun sostegno educativo a bambini e giovani, nessuna assistenza sanitaria né tantomeno psicologica.

Solo discriminazione, esclusione, persecuzione.

Nuovo attacco incendiario di origine dolosa, attuato da razzisti a Mestre

Verso le ore 20 di sabato 16 agosto, il piccolo insediamento di Rom romeni che si trova in via Vallon , sotto al cavalcavia, è stato dato alle fiamme.
Le baracche, i materassi, i mobili, gi oggetti personali: tutto è bruciato in un rogo
devastante. Per fortuna le famiglie che abitavano quel povero rifugio, più volte oggetto di minacce e insulti razzisti, non si trovavano all'interno delle povere abitazioni.

"Nel Veneto la vita per i Rom è impossibile," commenta Razvan, un Rom che ha abbandonato il Veneto dopo che sua moglie e la sua bambina di sei anni sono state malmenate da razzisti italiani, "perché la polizia, i carabinieri, i vigili e ronde di cittadini cercano le nostre famiglie in ogni angolo delle città, per scacciarle senza sentire ragioni, con insulti, minacce e botte.
Quando la Romania è entrata nell'Unione europea, molti Rom hanno cercato lavoro anche nelle città del Veneto, ma hanno trovato solo ostilità.
Li hanno mandati via in massa, uno sgombero dopo l'altro, senza nessun rispetto per le donne incinte, i malati, i vecchi, i bambini.
C'erano manifesti contro gli 'zingari' dappertutto e tutti erano contro di noi: la destra, la sinistra e persino i centri sociali, che di solito cercano di aiutarci. Pochissimi Rom romeni sono rimasti nel Veneto e non certo per loro volontà. Sono famiglie poverissime, che non riescono neanche a mettere insieme i soldi per tornare in patria. Anche gli 'zingari italiani' che vivono da tanti anni nel Veneto subiscono questo terribile razzismo. I bambini Rom che vanno a scuola vengono insultati e spintonati dai compagni, che li chiamano con parole molto offensive. Gli adulti che lavoravano, hanno perso in molti casi le loro occupazioni. I negozi, i bar, le mense, le chiese e i volontari che assistono i poveri mandano via gli 'zingari', anche quelli italiani. Non sono sorpreso dall'incendio delle baracchine in via Vallon, perché non è la prima volta che la gente del posto se la prende con quelle famiglie".

L'articolo su: Gruppo EveryOne

lunedì 18 agosto 2008

A Ferragosto in onore di San Rocco, oca sgozzata appesa ad un cavo a Butera (CL)

Ferragosto in onore di San Rocco

Un’oca sgozzata, ancora sanguinante, viene appesa per le zampe ad un cavo sulla piazza del municipio di Butera (Caltanissetta)


e qui, su un podio di legno, un uomo cerca di strapparle il collo mani nude mentre un altro, da un terrazzo, tira il cavo per impedirne la presa strattonando il cadavere dell’animale che rotea per aria.
E’ questo l’incredibile quanto raccapricciante “gioco” che si è tenuto lo scorso 15 agosto nel piccolo centro del Nisseno, alla presenza di turisti e di decine di bambini, in onore di San Rocco per il quale si tiene questa “tradizione” dell’ “oca e ‘u sirpintazzu”.


La notizia ed altre foto sul sito :
LAVSicilia


La foto è di: Ennio Bonfanti, responsabile LAV di Caltanissetta

domenica 17 agosto 2008

Orrore a Porto Empedocle (Ag): cane randagio torturato e sepolto vivo



Pochi giorni fa a Porto Empedocle (Agrigento), un cane randagio è stato legato, brutalmente torturato, sodomizzato ed infine sepolto vivo.
A commettere l’efferato atto di violenza un gruppo di ragazzi.

Il cane è stato soccorso in extremis dalla Sig.ra Assuntina Rametta, Presidente della locale Associazione Animalista Empedoclina Protezione Cani Randagi Onlus, avvisata da una telefonata anonima.

Purtroppo, però, nonostante le cure veterinarie cui è stato sottoposto, a causa delle gravissime lesioni interne ed esterne procurategli dalle violenze, l’animale è deceduto.

La LAV ha scritto al Sindaco, e per conoscenza al Prefetto di Agrigento e al Comando Provinciale dei Carabinieri, per chiedere provvedimenti urgenti che assicurino che un tale raccapricciante atto non rimanga impunito. Il coinvolgimento di ragazzi d’età scolare rende ancora più grave l’accaduto e l’esperienza insegna che tali manifestazioni di violenza perpetrate da adolescenti ai danni di animali non devono essere intesi come semplici ragazzate ma vanno considerati in tutta la loro gravità.

Casi come questo purtroppo non sono isolati. Numerose, infatti, sono le segnalazioni di maltrattamenti e sevizie nei confronti di animali, per lo più cani e gatti, che giungono alla LAV e spesso sono proprio ragazzi in età adolescenziale a compiere questi maltrattamenti. La LAV da anni si avvale della collaborazione di un gruppo di psicologi del CNR di Roma che studiano la crudeltà di bambini e adolescenti nei riguardi degli animali e le relative implicazioni psicologiche, educative e sociali. E’ stato rilevato come spesso negli adolescenti i fenomeni di maltrattamenti sugli animali sono preludio di un comportamento pericoloso e violento da adulti.


Al Sindaco di Porto Empedocle, quale primo tutore degli animali presenti allo stato libero nel suo territorio, chiediamo una presa di posizione forte su quanto accaduto – dichiara Marcella Porpora, Coordinatrice regionale LAV Sicilia –. Atti di efferata violenza perpetrata ai danni di un essere vivente indifeso come questi lasciano sgomenti ma si possono e si devono contrastare e prevenire. Ecco perché al Sindaco abbiamo chiesto di mettere in atto una rete di interventi concreti che coinvolga anche la scuola e i servizi sociali per ricreare un corretto rapporto uomo – animale che dovrebbe essere prioritario per qualunque paese che si definisca civile..”

La promozione di un corretto rapporto uomo animale è estremamente importante poiché il disinteresse e la violenza sugli animali oltre ad essere eticamente inaccettabili si pongono anche in contrasto con i principi generali della L. 281/91, legge quadro sul randagismo, ed in Sicilia della L.R. 15/2000, secondo cui lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali d’affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti e il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale.

Pubblicato da : LAV SICILIA

sabato 16 agosto 2008

Berlusconi III, già 100 giorni a difesa degli interessi. Suoi


Sono cento giorni che il Berlusconi III è al governo.
Tempo di celebrazioni per il Pdl, forse di pentimento per qualche suo elettore.



Chi, se non il Giornale (quello di famiglia, s'intende), poteva dedicare un'esaltante intervista a piena pagina al cavalier Silvio per festeggiare il ferragosto e i primi cento giorni di Berlusconi III? E così il direttore Mario Giordano è volato a Porto Cervo per farci sapere che il presidente del Consiglio quest'anno ancora non si è fatto vedere al Bar del Molo, la sua gelateria preferita. È impegnatissimo con i nipotini, ci riferisce lo stesso Giordano.

D'altronde lo ha spiegato lo stesso Cavaliere qualche giorno fa. Adesso ha un sacco di tempo libero, non passa più il sabato con i suoi avvocati a preparate memorie e trappole per i magistrati che lo indagano. Merito di una leggina che ha tenuto banco per due mesi, bloccando il Parlamento e il dibattito politico. Una leggina che, per salvare Berlusconi dai suoi processi, avrebbe bloccato decine di migliaia di processi pendenti. Alla fine il ministro Angelo Alfano (era assistente di Berlusconi in una delle sue aziende, adesso è ministro della Giustizia) si è inventato il "lodo" che porta il suo nome e Berlusconi ha la sua perfetta leggina ad personam (estesa, tanto per non incorrere nella Corte costituzionale, al Presidente della Repubblica e a quelli di Camera e Senato) che lo tiene al riparo da qualsiasi processo, passato, presente e futuro.

Naturalmente della leggina di Angelino (Alfano) non c'è traccia nell'intervista di Giordano, anche se Berlusconi si lancia in uno sperticato elogio dello stesso ministro, opportunamente servito da una domanda del direttore del Giornale. «Alla riforma della Giustizia sta lavorando il ministro Alfano. Qualcuno dice che, insieme con la Gelmini, è una delle migliori sorprese di questo governo», suggerisce Giordano ad un Berlusconi che non vede l'ora di rispondere: «Angelino Alfano non è una sorpresa, e non lo sono neppure la Gelmini, la Carfagna, Raffaele Fitto e gli altri "giovani". Nel governo con i ministri di esperienza e competenza ci sono questi giovani capaci, entusiasti, appassionati che si stanno mettendo in luce».

Naturalmente Berlusconi si fa grandi elogi per Napoli, per l'Alitalia e per la politica della sicurezza. Peccato che nessuno gli abbia detto che per tutte e tre queste cose la Commissione europea abbia avviato delle procedure di infrazione e che non abbia nessuna intenzione di accontentarsi delle parole di Berlusconi per fermarle. Per Napoli resta aperta la procedura davanti alla Corte di giustizia, per l'Alitalia è in corso l'indagine sul prestito ponte (senza parlare dei settemila licenziamenti ai quali dovrebbe portare i piano del Governo, contro i meno dei duemila dell'ipotesi Air France che era stata percorsa da Romano Prodi e sabotata dallo stesso Berlusconi). Mentre per la politica della sicurezza e per le impronte ai rom, anche ai bambini, oltre all'indagine europea per verificare che non vi siano politiche razziste o discriminatorie vi è una risoluzione di condanna del Parlamento europeo. Dei bellissimi cento giorni.

Noi, per aiutarvi a farvi un'idea più precisa di che cosa sia stato fatto e non fatto nei cento giorni di Berlusconi, ecco un e-book che abbiamo preparato: in 64 pagine c'è tutto quello che avreste voluto sapere sul governo, ma nessuno vi ha mai raccontato (a parte noi de l'Unità)

La Vignetta è di :