Ascoltate Josè Saramago intervistato da Serena Dandini

venerdì 26 settembre 2008

Sabato 27 settembre tutti allo Jatevenne day

Nei giorni di fuoco della protesta di Chiaiano, i cronisti di radio, giornali e tv hanno spesso descritto chi si opponeva alla discarica come una folla di egoisti o di oscuri personaggi, inventando storie di armi, droga e camorra. Lo stesso era accaduto a gennaio a Pianura, mentre allora come oggi il consiglio comunale e quello regionale si sono tenuti a distanza dalle tensioni che hanno contribuito a provocare con le loro assurde politiche sui rifiuti.

A loro e al governo Berlusconi, gli abitanti di Chiaiano, Marano e Mugnano chiedevano di non realizzare una discarica in un terreno non idoneo, già destinato a parco naturale, d’interrompere la gestione straordinaria dei rifiuti che perdura dal 1994 e che ha causato l’attuale disastro ambientale, di iniziare immediatamente la raccolta differenziata a Napoli e in Campania applicando la legislazione europea, di lasciare libera la magistratura di indagare sulle reti di illeciti intorno alla gestione dei rifiuti.
Dopo oltre cinque mesi gli uomini e le donne di Napoli nord, sono ancora aggrappati alla difesa testarda della propria terra e della propria salute. La protesta è ricominciata davanti alla rigidità del Commissariato di governo, sordo e cieco al lavoro di quegli stessi esperti che pure aveva riconosciuto. Le indagini hanno confermato che la cava è inadatta, le pareti franose, il suolo inquinato, la falda acquifera permeabile, la circolazione veicolare quasi impossibile.
Ad ogni obiezione si è contrapposto un progetto faraonico che allarga sempre più le maglie della spesa e dei finanziamenti, facendo ancora più danni, come la nuova strada a due corsie che dovrebbe violentare ulteriormente il Parco.
Se quattro mesi fa i rifiuti in strada erano la leva per cortocircuitare ogni discussione democratica, la loro parziale rimozione è usata oggi per giustificare un «decisionismo» autoritario e senza controllo. Eppure ci si è limitati a mettere i rifiuti in nuove discariche, aperte come ferite nelle campagne dell’avellinese e del casertano o allargando a dismisura la «città delle eco-balle», il mostro ecologico chiamato Taverna del Re.
Nessuno degli obiettivi per cui era nato il «piano rifiuti», principalmente la chiusura delle discariche, è stato praticato o perseguito.
Sui media, la popolazione campana appare sempre passiva o mobilitata perché prezzolata da loschi interessi. Si cita spesso la camorra. Se analizziamo il passato recente o le inchieste giudiziarie in corso, la camorra sembrerebbe più incline all’apertura che non alla chiusura delle discariche, avendo dimostrato di saper entrare nel loro funzionamento. Come per la camorra l’emergenza rifiuti è stata finora anche per politici e imprenditori un’occasione di speculazione e di violazione dei diritti sociali e ambientali.

Il decreto Berlusconi s’inserisce perfettamente in questa distorta filosofia emergenziale. E lo fa in più punti: nella costituzione di una superprocura che controlli le inchieste accettabili e quelle «inadeguate», nella possibilità di stoccare in discarica diverse tipologie di rifiuti speciali e tossici, nello stanziamento senza controllo di centinaia di milioni di euro per assegnare le infrastrutture senza gara d’appalto, nella previsione di ben quattro inceneritori per drenare i contributi statali come chiede apertamente Confindustria, nell’utilizzo dei militari, nell’imposizione di uno stato d’eccezione con norme penali ad hoc per colpire chi protesta.

Concretamente questo decreto perpetua per la Campania un futuro da discarica nazionale, sversatoio a basso costo dei rifiuti industriali e base di partenza per l’assalto al finanziamento pubblico.
Ma esistono altre vie d’uscita dall’emergenza: il riciclo, la riduzione drastica degli imballaggi, la separazione almeno del secco dall’umido, l’allestimento d’impianti per la trasformazione dei rifiuti differenziati e per la differenziazione «a valle» della raccolta, in grado di ricavare compost [utile per bonifiche e agricoltura], nuovi polimeri dalla plastica, nuovo vetro.
Perché non si può virare il piano in questa direzione? Un piano che è partito dalla chiusura delle discariche [come chiedeva la comunità europea] e vuole oggi riaprirne più di dieci in zone come le aree vulcaniche come Terzigno o la Selva di Chiaiano, unico polmone verde di Napoli, e tante altre.
Ancora una volta, si chiede ai cittadini di sacrificarsi al buio, senza nessun segnale di inversione reale di rotta, di emancipazione dalla sudditanza agli interessi forti.

E’ necessario esprimere la nostra solidarietà ai cittadini di Chiaiano; riconoscere che nella vicenda di Chiaiano si misura oggi una vicenda più grande che riguarda il modello di cittadinanza e la tutela dei beni comuni nel nostro paese e in particolare nel sud. Lo Jatevenne Day di domani non è perciò soltanto un urlo contro la militarizzazione del Parco delle Colline, è un appello contro la militarizzazione della società.

Un appello in cui Chiaiano non può essere lasciata sola. ( Fonte : CARTA )

jatevenne day spot : http://www.chiaianodiscarica.it/

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