Un film di animazione dedicato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino della durata di 26 minuti, dal titolo"Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi", andra’ in onda su Raitre prima dell’estate in coincidenza con l’anniversario degli attentati in cui i due giudici siciliani, impegnati nella lotta alla mafia, persero la vita.
Il film di animazione, coprodotto da Rai Fiction e Larcadarte in collaborazione con la Regione Siciliana, è distribuito nel mondo da Rai Trade, ha l’obiettivo di insegnare e ricordare ai bambini i valori di dignita’ e coraggio che i due magistrati hanno testimoniato nella loro vita.
La drammatica vicenda dei due giudici uccisi dalla mafia è raccontata attraverso due bambini che nella Palermo degli anni Cinquanta lottano contro un mago malvagio che trasforma gli uomini in pezzi di legno, con lo scopo di poterli manovrare come un ‘puparo’.
''L'idea ci e' venuta dopo aver letto di una inchiesta condotta tra i bambini delle scuole che non sapevano chi erano Falcone e Borsellino'', dice Alessandra Viola che ha firmato la sceneggiatura insieme a Rosalba Vitellaro (che ha anche diretto il cartone animato) e Valentina Mazzola, mentre la direzione artistica e' di Enrico Paolantonio. ''Abbiamo cercato una metafora che facesse capire come lottando contro la mafia si vince sempre. Andando invece dallo stregone, metafora di Cosa Nostra, si diventa progressivamente di legno e si perde la liberta'.
Le famiglie Falcone e Borsellino sono state coinvolte nella fase di realizzazione del progetto''. Tra i doppiatori del cartone animato ci sono Leo Gullotta e Donatella Finocchiaro, mentre Giovanni e Paolo sono doppiati rispettivamente da Barbara Pittotti e Mattia Nissolino.
Tra le attivita' parallele collegate al cartoon e che avranno luogo in Sicilia nel corso del 2010, ci sono anche un concorso a fumetti dedicato alle scuole medie (gia' bandito nel mese di febbraio) e la realizzazione di un kit sulla legalita' che verra' distribuito in 1.500 scuole, per giocare in classe approfondendo temi di attualita' e di educazione civica.
Se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo.
Venerdì 16 aprileuscirà nelle sale del Circuito Cinema di Milano, Torino, Roma, Bologna, Firenze, Padova e Napoli"I gatti persiani", un film del regista iraniano Bahman Ghobadi, vincitore di due importanti premi al 62mo Festival di Cannes (2009) e consigliato dalla Sezione Italiana di Amnesty International.
Il film di Ghobadi, che in Italia esce con la BIM Distribuzione, racconta il forte desiderio di due ragazzi iraniani di esprimere le loro opinioni attraverso la musica. Il loro tentativo di formare una band musicale incontra i divieti e le proibizioni del governo. Sapendo di non avere alcuna possibilità di esibirsi a Teheran, pianificano una fuga in Europa con passaporti falsi.
Il regista Ghobadi ha girato con grande coraggio un film senza autorizzazioni (durante le riprese Ghobadi è stato arrestato due volte) e ha potuto offrire un ritratto di una Teheran nascosta in cui i giovani cercano di resistere come possono a un sistema politico che proibisce anche di fare musica.
"Ho voluto fare un'opera - ha detto Ghobadi in un'intervista - che si distanziasse dall'estetica della nostra cinematografia, parlando di qualcosa che per me è molto importante, la musica. Una finestra sulla libertà che viene sempre più a mancare e l'antidepressivo più potente che conosca. Il film viene dopo un periodo molto duro per me, in cui la musica underground iraniana mi ha aiutato in maniera determinante".
In questa intervista, realizzata in occasione del “Film Middle East Now”, il primo festival cinematografico italiano dedicato al Medio Oriente svoltosi a Firenze dal 3 al 7 febbraio 2010, il regista iraniano ci parla dell'idea alla base del film e dei problemi che ha dovuto affrontare per la sua realizzazione, vista la delicata situazione nella quale i registi iraniani sono costratti a lavorare a causa della feroce censura attuata dal governo.
Migliaia di rom residenti a Roma si trovano di fronte alla minaccia di subire molteplici violazioni dei diritti umani come effetto del nuovo piano destinato a chiudere buona parte dei campi della capitale. Il “Piano nomadi” spiana la strada allo sgombero forzato di migliaia di rom e al trasferimento della maggior parte di essi, ma non di tutti, in campi ampliati o di nuova costruzione situati nella periferia di Roma. Anche se sono state effettuate alcune consultazioni nei campi coinvolti nel “Piano nomadi”, gli standard internazionali sui diritti umani richiedono che vengano consultate tutte le persone di cui è previsto lo sgombero. Coloro che saranno titolati a essere trasferiti verranno portati in altri campi, non in alloggi permanenti in cui molti rom vorrebbero vivere. Non avranno possibilità di scegliere in quale campo andare. Molti temono che le loro prospettive d’impiego e la carriera scolastica dei figli verranno compromesse. Ma questi sono i fortunati. Agli altri non verrà fornito alcun alloggio alternativo: alcuni lasceranno Roma, altri troveranno un rifugio dove potranno, fino a quando non verranno di nuovo sgomberati.
Sabato 17 e domenica 18 aprile in alcune piazze italiane ci saranno dei banchetti per raccogliere firme contro il Piano nomadi”di Roma.
Il “Piano nomadi” non riguarda soltanto la città di Roma perché potrebbe rivelarsi un provvedimento da replicare in altre regioni interessate dalla cosiddettaemergenza nomadi e addirittura in altri paesi europei.
È importante mobilitarsi subito e mobilitarsi in massa.
Sabato 17 aprile Albiano d'Ivrea (TO) dalle 20.00 alle 23.00 presso il Castello di Albiano
San Giovanni in Persiceto (BO) per tutta la giornata nella Piazza centrale
Ragusa Ibla dalle 18.00 alle 24.00, C.SO XXV Aprile
Agrigento dalle 17.00 alle 20.30 presso il Piazzale Aldo Moro
Milano dalle 11.00 alle 17.00 in Piazza Cordusio angolo via Mercanti
Ancona dalle 10.00 alle 20.00 in Piazza Roma
Domenica 18 aprile
Termini Imerese (PA) dalle ore 11.00 alle 13.00 in Piazza Duomo
Scauri (LT) dalle 10.00 alle 18.00 sul Lungomare di Scauri (sarà anchepossibile trovare le cartoline e il depliant informativo presso "La Libreria di Margherita", via Rubino, 42 - Formia)
Milano dalle 15.00 alle 18.00 presso il Barrio's Caffè, in via Barona ang. via Boffalora
PANNELLA: LE CARCERI IN ITALIA SONO UNA DISCARICA SOCIALE
• da una nota di agenzia letta a Radio Radicale
"Le carceri in Italia sono una discarica sociale". Lo ha detto Marco Pannella che insieme a una delegazione radicale composta da Rita Bernardini e Matteo Angioli ha compiuto una visita ispettiva alla casa circondariale Ucciardone a Palermo. Il giorno prima i parlamentari erano stati nel carcere di Poggioreale a Napoli. "Vi sono grandi situazioni di povertà - ha aggiunto - si continua a usare la pratica della detenzione in un modo che non sarebbe permesso né dalla costituzione né dalla giurisdizione europea e internazionale. Il carcere è il museo della barbarie e della partitocrazia del sessantennio che ha preso il posto del ventennio fascista". "C'è la dimostrazione che in Italia siamo caduti - ha osservato - antropologicamente in basso. Ma stamattina all'Ucciardone con la nostra visita abbiamo suscitato qualche sorriso che ci consente di sperare che proprio da queste comunità forse riusciremo a rendere più civile questo paese" La situazione del carcere borbonico di Palermo è stata descritta da Bernardini. "Sono stata qui nel marzo 2009 e da allora - ha detto - non è cambiato nulla, la situazione è peggiorata e questo non per colpa della direzione o del personale che opera in questo istituto ma per responsabilità dell'amministrazione centrale". "Vi sono per ora 720 detenuti - ha affermato Bernardini - con un sovraffollamento enorme nelle celle. I reclusi vivono in una struttura fatiscente, senza riscaldamento. Si sta per aprire una nuova sezione ma manca il personale per farla funzionare. L'organico è sotto di almeno 200 unità: 300 agenti di polizia su 500 previsti"
Da circa quattro anni, mi trovavo per motivi di studio a frequentare la vicina città di Pachino dove da circa 10-15 anni c’è un movimento massiccio di migranti, provenienti principalmente dalla Tunisia, Marocco e Algeria. La cosa con cui mi sono scontrato subito è il pregiudizio di una buona parte della gente, che giornalmente non faceva altro che parlare di migranti con un senso di disagio. Nonostante i migranti fossero gli stessi che raccoglievano il famoso pomodorino di Pachino. Provai un certo imbarazzo, non ero preparato sull’argomento, ma non posso dimenticare un giorno una mia collega, che mi disse che la sera preferiva non uscire di casa perché fuori dalla sua porta tutte le sere c’erano dei migranti fermi a bivaccare, e aveva paura di essere aggredita. Da qui mi convinsi che dovevo in qualche modo capire davvero, cosa stava succedendo. C’era qualcosa o meglio qualcuno che da diversi anni stava facendo una campagna che individua il nemico «nell’uomo nero», come quello delle fiabe per bambini, ma con una sottile differenza, che questo è un essere umano e che ha diritto di esistere come tutti. C’era bisogno di questo lavoro, per i miei coetanei e non solo, ma soprattutto per chi, fino ad ora aveva un idea di migrazione che leggeva solo sulle testate nazionali o delle notizie dei telegiornali che riportavano solo informazioni legate alla politica nazionale. (tratto dall'intervista al regista, Francesco Di Martino, su Carta del 24 settembre 2009 ) Leggi l'articolo per intero quì
“U stisso sangu” non è un film, ma un racconto.
Il racconto di come la parola “viaggio” si possa trasformare nel termine “speranza”, e di come la prospettiva di un mondo possa cambiare, a seconda che lo si guardi da una parte o dall’altra del Mediterraneo.
“U stisso sangu” racconta il dramma dei migranti che arrivano in Sicilia, attraverso le loro parole, i loro sguardi, le loro storie.
Dallo sbarco ai centri di accoglienza e identificazione, fino all’incertezza, alla paura e all’umiliazione, l’odissea moderna parte dalla disperazione e dai sogni di uomini e donne, per scontrarsi con la burocrazia e, ancor più grave, con la cultura di un mondo che spesso pare dimenticare che abbiamo tutti “U stisso sangu”.
Un essere vivente, una persona, si trasforma così in un “clandestino”: un possibile problema che ha bisogno di normative e di certificazioni, di accertamenti e perquisizioni che non lasciano solo l’inchiostro sulle dita, ma anche un profondo senso di umiliazione.
Non c’è più lo stesso sangue, non esiste più la persona. (S.Zuccarello)
Sinossi: Il film ripercorre le tappe fondamentali che, in maniera diversa, affrontano i migranti che approdano sulle coste siciliane: il viaggio e lo sbarco, la prima accoglienza e il problema della casa, il lavoro e l’integrazione.Le storie si incrociano e a volte si scontrano con quelle della nostra realtà: la Guardia Costiera che li recupera in mare, il medico che presta loro i primi soccorsi, il reporter che segue le loro vicende, l’imprenditore che li prende a lavorare nei campi, il personale della comunità che li ospita, lo “sconosciuto” che pure assiste al rito di commemorazione di quelli tra loro che sono morti in mare.
Il film si apre a Portopalo di Capopassero, una cittadina di pescatori nell’estrema punta sudorientale della Sicilia: le sue coste, da aprile a novembre, nella cosiddetta ‘stagione degli sbarchi’, diventano punto di approdo di tutte le imbarcazioni partite dalla Libia che deviano o si smarriscono dalla consueta rotta che nella maggior parte dei casi le conduce invece a Lampedusa.
Un pescatore canuto del luogo, portavoce del malcontento degli abitanti, commenta candidamente, lasciando poco spazio al beneficio del dubbio, i comportamenti dei migranti che di tanto in tanto, secondo lui, si sbronzerebbero vicino alla sua barca. “Se non fosse per i marocchini, qui sarebbe tutto pulito. Lasciano per terra le bottiglie di birra vuote creando un macello. Sono tanti. Qua siamo più a sud di Tunisi!” sbotta. E in effetti, così come spiega un giornalista locale, sono molti gli immigrati che sbarcano al porto. Le barche in cui sono stipati sono in realtà dirette a Lampedusa.
Le telecamere si spostano poi a Caltanissetta, per documentare la tappa immediatamente successiva allo sbarco. Al CPTA di Pian del Lago, decine di afghani vivono da giorni, senza cibo né acqua per bere e lavarsi, nutrendosi di mandorle raccolte dagli alberi di un vicino campo, impossibilitati ad entrare nella struttura, sovraffollata, ma con l’ordine di non allontanarsi. Per via della loro nazionalità, sono da considerarsi rifugiati, e reclamano quindi la possibilità di stare sotto un tetto e di ricevere l’assistenza di base.
Altra vicenda di accoglienza, altra anomalia: ad Avola la Croce Rossa ha allestito una Tendopoli per accogliere gli immigrati, che nella stagione dei raccolti affollano la vicina città di Cassibile. La Croce Rossa ha però già stabilito la chiusura a fine giugno. Qui aveva trovato riparo un gruppo di Somali, una volta usciti dal CPA e ottenuti i documenti.
A luglio si trovano nelle terre del Marchese di Cassibile, dove hanno dovuto creare, con mezzi di fortuna, la loro tendopoli: dormono sotto gli alberi, i più fortunati in due sulla stessa brandina recuperata in qualche casolare abbandonato; non hanno acqua potabile, e mangiano il cibo cotto sul fuoco all’aperto, poggiandolo per terra sui sacchi della spazzatura. Ci confessano che se i loro familiari conoscessero le condizioni in cui stanno vivendo si meraviglierebbero, tuttavia nutrono ancora forti speranze, vogliono andare a scuola, imparare l’italiano e condurre una vita normale e dignitosa.
Rimaniamo a Cassibile e affrontiamo la questione del lavoro con un giovane imprenditore agricolo siciliano. Dice che ogni anno, quando inizia la raccolta della patata, ha difficoltà a reperire manodopera: gli italiani non sono disposti a svolgere un lavoro così umile, per questo motivo assume extracomunitari con regolare permesso di soggiorno, anche se, confessa, diventa sempre più difficile trovare immigrati in regola”.
Tappa conclusiva, infine, è Modica. Qui alcune donne, anche loro somale e richiedenti asilo, spiegano i motivi per cui hanno abbandonato il loro paese d’origine. Colpisce la grinta che traspare dalle lacrime di una di loro: “Quando potrò tornare nel mio paese, girerò un video per testimoniare le torture che siamo costretti a sopportare”. Si succedono le immagini della commemorazione dei morti di Vendicari e le parole di Rachida, marocchina integratasi a Marzamemi.
Tutte testimonianze che trascinano lo spettatore nel cuore della realtà vissuta da uomini e donne di colore e culture diverse dalle nostre. Ma conlo stesso sangue.
Avete presente “La giara”, il racconto di Pirandello ?
I lavoratori stagionali, i raccoglitori di olive, i cosiddetti “jurnatari” sono vittime del padrone tirchio ed iracondo, ma si concedono persino una serata di festa intorno alla giara di don Lollò. Sicuramente la realtà del lavoro agricolo nelle campagne siciliane era meno bucolica ed allegra, ma su un aspetto non c’era discussione: spettava al padrone l’ospitalità dei lavoratori. Seppure in masserie e con sistemazioni non comodissime, gli stagionali non dovevano però preoccuparsi dell’acqua potabile o di un tetto per la notte.
Non è più così oggi nelle campagne del Meridione, e lo ricorda uno degli intervistati di Cassibile intervistati nel documentario "U stisso sangu". I lavoratori devono accamparsi dove capita, oppure è lo Stato, per esempio con una inutile tendopoli che accoglieva solo i regolari o che si trovava a decine di chilometri dai campi, a “risolvere” il problema dell’ospitalità.
I lavoratori stranieri, le testimonianze sono unanimi, tengono in piedi l’economia agricola delle campagne. Eppure non hanno il riconoscimento economico di paghe dignitose, o quello giuridico di uno Stato che nega la loro esistenza, e vorrebbe imporre alle imprese l`assunzione di lavoratori sconosciuti, che si trovano dall’altra parte del mondo.
“Oggi nessuno più vuol lavorare nei campi. Loro sono la nostra unica risorsa” afferma un giovane agricoltore.
Ho voluto fotografare e pubblicate questa foto per farvi vedere in quali impianti agricoli sono costretti a lavorare ( sottopagati e in nero) i lavoratori stranieri.
Queti impianti chiamati tunnel, raggiungono appena il metro e mezzo di altezza , sono lunghi 50 metri, vi si può lavorare solo camminando carponi, non ci sono uscite laterali e in estate all'interno si raggiungono temperature di oltre 50° gradi. Vi si coltivano zucchine e meloni
Sintetizza bene la questione Fabrizio Gatti: solo un giorno di sciopero, un solo giorno, servirebbe a far capire agli italiani il ruolo oggi assunto dai lavoratori stranieri. Basterebbero ventiquattro ore per far comprendere a tutto il Paese che interi settori economici sarebbero paralizzati, e che questa gente merita maggior rispetto ed il riconoscimento dei propri diritti. Oggi, invece, sono disprezzati, marginalizzati, eppure tremendamente necessari.
In queto blog, in attesa di poter vedere l’intero documentario, gli autori ( Enrico Montalbano, Angela Giardina e Ilaria Sposito) hanno pubblicato un’anteprima del film documentario la "Terra(e)strema”. Girato nelle campagne della Sicilia per raccontare il lavoro dei braccianti immigrati. Inizia nella primavera del 2007, a Cassibile, frazione di Siracusa, il viaggio nella "Terra(e)strema”, il nuovo documentario di Enrico Montalbano, Angela Giardina e Ilaria Sposito. Girato nelle campagne della Sicilia per raccontare il lavoro dei braccianti immigrati. Ad Avola e Cassibile, ogni anno, per la raccolta delle patate, da maggio a giugno, si presentano centinaia di braccianti dal Nord Africa e dall’Est Europa. Vivono in accampamenti di fortuna, nei campi, a volte insultati e aggrediti dai residenti locali. Giampaolo e Pina, due abitanti di Cassibile spiegano come il borgo è cambiato. Il viaggio continua a Pachino, terra di pomodori, e poi verso ovest a Vittoria e Gela, verso le terre dei vigneti e degli oliveti, per poi terminare ad Alcamo, Campobello di Mazara e Giuseppe Jato.
" Questo è il racconto di un film documentario, lo spazio di riflessione e accoglienza per quelle persone che hanno girato per due anni le zone rurali della Sicilia in modo da potere raccontare cosa succede “in campagna”, cosa succede a soggetti che sono diventati invisibili ai più, al mondo urbano e metropolitano: il coltivatore, il bracciante, l'operaio agricolo, ma soprattutto il bracciante straniero, uomo o donna, più uomini che donne, che invisibili lavorano, sopravvivono, o muoiono “in campagna” per due soldi."
Invece sul sito www.lostessosangue.com è possibile organizzare una proiezione pubblica del documentario oppure acquistarlo in DVD.
Mi chiamo Vita Maria Atria e sono la nipote di Rita Atria, Testimone di giustizia che il 26 luglio 1992, in un estremo atto di resistenza, si è lanciata dal settimo piano del civico 23 di viale Amelia a Roma. Nel '92 ero veramente piccola ma nella mia mente i ricordi sono vividi: lo "zio Paolo" [Paolo Borsellino], la zia Rita, la mamma [la Testimone di giustizia Piera Aiello] che mi chiedeva di non dire il mio nome, per la paura e il timore di essere scoperte. Da quando sono maggiorenne ho continuato a vivere nell'anonimato e non avevo ritenuto opportuno fare dichiarazioni pubbliche, affidando il mio impegno e la mia scelta ad un gesto: essere tra i soci fondatori di una associazione dedicata a mia zia e lavorare dietro le quinte, anche perché sono una ragazza dalle poche parole e ho preferito finora stare nell'anonimato per poter vivere una vita tranquilla e "normale", sempre fino a quando è possibile.Oggi, mio malgrado, sono costretta ad affidare all'Associazione Antimafie "Rita Atria" (anche perché non lo posso fare direttamente vivendo in località segreta) un comunicato per esprimere in maniera netta e determinata la mia posizione sul film di Marco Amenta dal titolo "La siciliana ribelle", stanca di leggere sui giornali e sui siti web che "è rimasto toccato dalla vicenda", stanca di veder speculare sulla memoria di mia zia, una ragazzina-donna che ha avuto il coraggio di credere nei propri princìpi e di fare determinate scelte, a discapito di se stessa, perché credeva che ci potesse essere un mondo migliore al di fuori del "suo", un mondo onesto, ma a quanto pare si sbagliava.Al signor Amenta vorrei dire che se proprio ci tiene a mia zia allora perché da 12 anni non restituisce materiale privato che in buona fede gli era stato affidato per la produzione di quel film documentario ("Diario di una siciliana ribelle") che per noi alla fine ha rappresentato l'ennesima prova del fatto che nella vita interessano solo le vittime morte, persone che hanno servito lo stato e che ora finiscono nel dimenticatoio o, nelle migliori delle ipotesi, vengono ricordate solo per scopi che poco hanno a che fare con il fare memoria in modo disinteressato. Nonostante il signor Amenta in presenza di testimoni avesse garantito che "Diario di una siciliana ribelle" sarebbe stato distribuito esclusivamente all'estero e nonostante avesse messo per iscritto che nel materiale filmato contenente immagini private dei miei familiari avrebbe alterato i visi e, inoltre, avrebbe reso irriconoscibile la voce e l'immagine di mia madre nell'intervista girata per il film documentario, non ha messo in atto quanto dichiarato sulla distribuzione esclusivamente estera, e non ha sufficientemente alterato visi e voci come sottoscritto. Così facendo ha invece messo in serio pericolo me e mia madre. Non mi interessa sapere se la storia di mia zia abbia toccato il signor Amenta,ma l'amore per una storia, per un impegno civile e morale, si dimostra con i fatti e non con la ricerca del successo, della gloria, degli applausi o della fama. Non credo che tutto questo serva a ricordare mia zia (e soprattutto una trama che è molto lontana dall'essere la sua storia), ma serva solo per scopi economici e io questo non lo ritengo opportuno. Spero che il signor Marco Amenta comprenda e accetti questa mia decisione, che viene dettata dal mio cuore e dal profondo amore e rispetto che nutro nei confronti della mia cara zia e della sua scelta. Appunto, una scelta di resistenza. Vita Maria Atria
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Marco Amenta è riuscito, con i suoi potenti mezzi, a far bloccare in tempi da record su You Tube l'intervista a Piera Aiello e a Luigi Ciotti in cui raccontavano di certo cose scomode. Ma Marco Amenta non potrà di certo fermare la verità.
L'Associazione Antimafie "Rita Atria" afferma: Tutta questa macchina pubblicitaria sulla memoria di Rita Atria ci fa orrore Stiamo assistendo ad uno dei capitoli più tristi della cinematografia italiana. Stiamo assistendo anche ad una cosa sconcertante: le grandi testate ignorano il comunicato di Vita Maria Atria e sponsorizzano il film di Amenta. Le grandi testate fino ad oggi hanno ignorato la presa di posizione di Luigi Ciotti e di Piera Aiello e continuano a pompare un film senza chiedersi come mai non sono stati usati i nomi veri. A tutti coloro che hanno ancora un minimo di dignità chiediamo coerenza perché Rita Atria non merita l'ennesimo tradimento sociale. Ovviamente la nipote Vita Maria sta prendendo provvedimenti legali.
“PaRaDa”, il primo film di Marco Pontecorvo (figlio di Gillo) presentato all’ultimo Festival del Cinema di Venezia, racconta la vera storia del clown di strada Miloud Oukili, il suo arrivo in Romania nel ’92, tre anni dopo la fine della dittatura di Ceausescu, e il suo incontro con i bambini dei tombini, i cosiddetti “boskettari”.
PA-RA-DAè la storia dell’amicizia tra unabanda di ragazzini tra i tre e i sedici anni e il giovane clown franco algerino Miloud, poco più che ventenne. I bambini vivono da straccioni, come randagi, dormono nel sottosuolo di Bucarest, nelle grandi condotte dove passano i tubi per il riscaldamento e sopravvivono con furtarelli, accattonaggio e prostituzione. Sono bambini fuggiti dagli orfanotrofi o dalla povertà di famiglie indifferenti o disperate, bambini che vivono ammassati nel sottosuolo, nella rete dei canali, su cartoni e materassi putridi, in ambienti sporchi e soffocantiMiloud coltiva il folle sogno di entrare in contatto con questi ragazzi diffidenti e induriti dalla loro drammatica esperienza di scontri, violenze, lutti, pedofilia e droga. Usa il suo carisma e la sua testardaggine per penetrare il muro di sospetto con cui si difendono e per tirarli fuori dalla loro condizione e portarli a una vita dignitosa. Insegnando le attività circensi e clownesche e riportandoli alla luce del sole, dà loro la speranza in un’esistenza futura.
Dopo molte disavventure e vere e proprie tragedie, osteggiato da funzionari corrotti, Miloud riuscirà a creare una vera e propria compagnia circense con questi ragazzi di strada e riuscirà a portare in scena lo spettacolo nella piazza principale di Bucarest, dimostrando che era possibile ridare dignità umana ad esseri che tutti consideravano animali.
• Miloud Oukili. Miloud Oukili nasce ad Algeri (Algeria) il 3 gennaio 1972 da padre algerino e madre francese. Ancora piccolissimo si trasferisce con la famiglia in Francia, dove frequenta la scuola di circo di Annie Fratellini. L’incontro con i ragazzi di strada di Bucarest avviene nel 1992 quando Miloud è in Romania dove ha scelto di fare il servizio civile con Handicap International. La strada evidenzia una radicalità di vita molto forte. Sulla strada si incontra tutta la pesantezza di modalità di vita dure, spartane, al limite della sopravvivenza, ma anche la fantasia del sempre nuovo, la curiosità su tutto ciò che transita, sia che si fermi per un rapporto strumentale o più profondo, oppure che trans iti e basta. L’incontro, nato dall’energia di un Clown, è diventato una sorta di provocazione continua, reciproca, dialettica e forte. E’ stata anche l’accoglienza di un’invocazione di aiuto e la promessa di risposte adeguate. E’ stato infine l’incontro evocativo di sentimenti umani che vanno al di là della sofferenza, del lamento, della lotta sociale per diventare purezza di espressione, evocazione di un mondo migliore. Mostrare se stessi nella propria autenticità vuol dire offrire umanità, cultura, poesia. Ed è con questi strumenti che Miloud dona ai giovani che vivono per le strade di Bucarest quelle opportunità che dovrebbe essere garantite a tutti i bambini del mondo. Forte di questo principio e realmente convinto dell’interesse e dell’urgenza di creare un contatto con i ragazzi di strad a, Miloud lavora dapprima sei mesi come volontario con Terre des Hommes e, una volta concluso il progetto, continua faticosamente da solo. L’associazione francese “Rue, Enfants, Ville” lo finanzia e gli permette di realizzare un primo programma a Bucarest. Attraverso la vita vissuta in comune per le strade e a stretto contatto con i bambini/ragazzi, Miloud trasmette la sua tecnica e il suo linguaggio e insegna a sorridere e a riconquistare la vita col sorriso. Un anno più tardi, insieme a un gruppo di ragazzi che ha deciso di accettare la sfida, viene montato il primo spettacolo. Nell’agosto del 1994 i ragazzi partecipano al Festival d’arte medioevale di Sighisoara. L’esibizione riscuote un reale successo, in particolare da parte degli operatori dei servizi sociali e culturali. Tutti concordano sull’importanza di sviluppare l’esperienza. La riuscita dell’impresa, gli applausi, l’orgoglio di un duro lavoro, trasmettono ai giovani il desiderio di cambiare vita e di abbandonare la vita di strada. Per garantire continuità all’impresa, nel dicembre 1996 Miloud crea “Fundatia PARADA”, una struttura locale, indip endente dove sviluppare attività artistiche intorno al concetto di reintegrazione. Attraverso Fondazione Parada, Miloud offre loro incontri sulla strada, ascolto in un Centro diurno, accoglienza in luoghi protetti e proposte progettuali finalizzate a costruire un futuro migliore.
Ora, al fianco di Miloud e di Fondazione Parada, c’è Parada Italia in consorzio col G.R.T. Gruppo per le Relazioni Transculturali che attraverso la campagna Un naso rosso contro l’indifferenza offre a Bucarest supporto organizzativo, progettuale, economico e formativo. Miloud per diffondere il progetto in atto a Bucarest partecipa a convegni e insieme ai giovani di Fondazione Parada tiene spettacoli in vari Paesi europei come Romania, Ungheria, Germania, Belgio, Portogallo, Francia e in particolare in Italia. In Italia gli spettacoli di Miloud con i ragazzi di Bucarest sono strutturati in tournée che hanno una valenza di scambio relazionale che fortifica i giovani attraverso l’acquisizione di modelli diversi rispetto al loro vissuto; inoltre sono ambasciatori, non solo del loro progetto ma sono anche la voce di tutti quei bambini e ragazzi ai quali i diritti sono negati.
L’associazione che a fianco di Miloud lavora con i giovani soli sulle strade Quasi dodici anni fa, il 16 dicembre 1996, il clown franco-algerino Miloud Oukili creò Fondazione Parada a Bucarest, e da nove anni i Ragazzi di Bucarest vengono in tournée in Italia, all’interno della campagna “Un naso rosso contro l’indifferenza”, per incontrare giovani e famiglie delle nostre città. Nel gennaio 2006 è nata Parada Italia. Miloud e i ragazzi hanno proposto un approccio con i gruppi e i giovani in situazioni difficili fondato sulla ricerca delle similitudini. I ragazzi di Bucarest di Parada sono ragazzi del mondo, uguali ai loro coetanei di qualsiasi altro Paese, con le stesse speranze e le stesse aspettative. Parada Italia continua questo cammino. L’obiettivo è di fare un altro pezzo di strada tutti assieme. Ci piacerebbe incontrare i ragazzi di altri Paesi, conoscerne le difficoltà e condividerne le sofferenze. Molti giovani sono venuti nelle nostre città, spesso da soli, ci piacerebbe che anche loro fossero nostri compagni di strada. Miloud ci ha donato la chiave per avvicinare questi giovani: “il circo” che si è rivelato uno strumento importante per ridare fiducia e autostima a tanti giovani in strada. Il circo è anche una proposta culturale, permette, infatti, di vedere gli altri, anche i più emarginati, i poveri del Sud del mondo, non più nella loro sofferenza ma attraverso un “prisma”, quello della gioia e dell’emozione. Ma c’è di più, la clownerie rende possibile una sorta di inversione di ruoli, i ragazzi, in modo giocoso e leggero, ci permettono di entrare nella profondità del loro mondo. Ecco che, per una volta, gli altri siamo noi. Parada Italia vuole essere un collettore delle volontà e del desiderio di assumersi responsabilità con gioia, a mobilitare intorno a un disegno progettuale chiaro e sostenibile le comunità dove siano garantiti, a tutti i bambini e giovani, adeguate condizioni di vita, rispetto dei diritti e uguali opportunità. Parada Italia è un’associazione composta da tanti soci, non solo perché essere tanti vuol dire essere più ascoltati nei nostri piccoli paesi, nelle nostre città, ma anche dalla grande politica. Tutti possono dare il loro utilissimo contributo: lo sguardo dell’artista che vede oltre i sintomi e la sofferenza per cogliere la insopprimibile voglia di vivere, l’ascolto psicologico che da coraggio e aiuta a fare chiarezza nei propri desideri, l’accompagnamento educativo nei primi passi riabilitativi,l’amicizia paritaria di un volontario, l’aiuto per l’autonomia economica con l’offerta di un lavoro da parti di imprenditori e mediatori al lavoro, e poi… avvocati, giornalisti, medici, comunicatori… (FONTE)
Beh, andate a vedere il film. Esce in tutta Italia Venerdì 19 Settembre
È già nelle sale “La terra degli uomini rossi”di Marco Bechis, il più bel film italiano in concorso all’ultima Mostra di Venezia. Il regista italo-argentino, autore del piccolo gioiello “Alambrado” e di un capolavoro del cinema civile come “Garage Olimpo”, è meno conosciuto dal grande pubblico di altri suoi colleghi ma ha le cose più urgenti e forti da dire. In questo caso la storia degli indios Kaiowa-Guaranì nel sud del Brasile, nel Mato Grosso del sud: privati della terra, rinchiusi nelle riserve o costretti a scappare in città e le loro foreste disboscate per far posto alle sterminate piantagioni dei latifondisti bianchi. Una sfida per la sopravvivenza che è emblema delle grandi sfide di oggi. Bechis racconta con grande rispetto di ragazzini senza speranza che si suicidano, di sciamani che cercano di trasmettere il loro sapere, di piccole occupazioni di terre da parte degli indigeni e di bianchi (ci sono anche Chiara Caselli, moglie di un fazendeiros, e Claudio Santamaria, servitore che cattura le attenzioni sessuali delle native) che vivono dentro le grandi ville, a guardare gli uccelli (come il titolo originale “Birdwatchers” suggerisce) e a non rendersi conto di essere invasori. Il film, toccante e carico di dolore ma anche speranza (“noi abbiamo speranza, guardiamo i bianchi con curiosità e rispetto e ci aspettiamo di essere trattati allo stesso modo” ha affermato uno degli interpreti), è nelle sale italiane da oggi completamente sottotitolato.
“Non voglio che il pubblico pensi si tratti di un documentario – chiarisce Bechis – Ho raccontato una situazione vera, tutti i fatti sono reali ma la storia è costruita e i protagonisti non interpretano sé stessi. Non ho neppure girato dentro le riserve per non dovermi rapportare con la burocrazia. I sottotitoli avrebbero alimentato il malinteso, invece ho voluto doppiare tutto perché chi guarda lo veda come una finzione costruita su elementi veri”.
È un film su desaparecidos come i suoi due precedenti o su dei sopravvissuti?
“Sui sopravvissuti al più grande genocidio che la storia ricordi, quello degli indigeni americani. Di desaparecidos la storia dell’America Latina ne ha tanti. Però la mia speranza è grande, sono convinto che gli indios abbiano le idee molto più chiare di noi, nonostante la nostra tecnica, di come si viva su questa terra. Spero ci trasmettano una speranza, che la loro curiosità verso le cose ci contagi perché senza uno scambio con loro non c’è speranza per noi bianchi”.
Come vivono queste persone?
“Non ho inventato nulla nel film. Molti ragazzini si suicidano perché non hanno sostegni nello studio, non trovano lavoro. I fazendeiros hanno preso le loro terre e con i grandi macchinari hanno bisogno di pochissima manodopera e non gli danno nemmeno un lavoro. Invece l’idea che si sono fatti i brasiliani è che gli indios si suicidano perché sono pigri. Qualcuno di loro va in città ma è tenuto ai margini come accade da noi con i rom. E quando tornano al villaggio si sentono rifiutati e qualcuno si suicida”.
E le musiche del film?
“Sono di due tipi, ci sono quelle composte apposta da Andrea Guerra e quelle di Domenico Zipoli, missionario italiano che visse con i guaranì nel ‘700 e scrisse queste musiche. Le suonava e cantava con gli indigeni che pare fossero più bravi degli europei. Sono musiche ritrovate solo 13 anni e per il pubblico saranno una vera scoperta”.
Il suo film vuole far conoscere questi popoli ma non solo.
“All’inizio di questo progetto c’è l’incontro con l’associazione Survival. Abbiamo creato un fondo per dare delle risorse a queste persone perché possano sopravvivere”
Primavera 2005. Una troupe cinematografica decide di girare un film sul finto rapimento di Silvio Berlusconi, per sottoporlo ad un processo popolare su Internet. Ma il film si interrompe al primo ciack: un film contro un potente uomo politico rischia di passare davanti ad un tribunale anzichè in una sala cinematografica, soprattutto se questa uomo è Silvio Berlusconi. L'unica soluzione è trasformare la storia in una satira politica. La troupe riesce a trovare un escamotage: trasportare la storia dall'Italia a Topolonia.
Il film é pronto nell’inverno 2005. In tempo per essere presentato prima delle elezioni del 9 aprile 2006.Ancora oggi questo film non é stato mostrato in Italia. Tutti i festival italiani, distribuzioni e televisioni hanno rifiutato. "Bye Bye Berlusconi!" si ispira, nei dettagli giuridici, rigorosamente alla realtà. Le accuse contro ilsindaco-criminale "Topolino" sono le stesse accuse rivolte in questi anni a Silvio Berlusconi.(Marco Travaglio, giornalista esperto dei casi i giudziari di Silvio Berlusconi, ha controllato prima delle riprese la veridicità dei capi d'accusa utilizzati nel processo organizzato dalla banda Cazzotti) Berlusconi e i suoi più stretti collaboratori sono stati coinvolti in numerose procedure penali, in cui si trattava di contatti con la mafia, di falsificazione di bilancio, di evasione fiscale e di corruzione. Una grossa parte deiprocessi è caduto in prescrizione. Altre accuse sonostate abbandonate perchè intanto, le leggi approvatedal governo di Berlusconi sono state cambiate in suofavore.
10 febbraio2006Bye bye Berlusconi viene presentato alla 56° mostra del cinema di Berlino nella sezione “Panorama Speciale”.
15 febbraio 2006 Bye Bye Berlusconi trova una distribuzione: la Blu internation di Massimo Ferrero. L’accordo prevede di fare uscire il film prima delle elezioni politiche del’aprile 2006.
1 marzo 2006 notizia Ansa: “Ormai e' certo, per amor di par condicio, alla prima edizione di 'Berlinale a Torino' Bye Bye Berlusconi non ci sara'. La presenza del contestato film che tratta in modo ironico delle vicende del premier italiano, aveva suscitato perplessita' in considerazione del periodo preelettorale, e aveva spinto AN a chiedere, in caso di proiezione, il ritiro dei finanziamenti alla Torino Film Commission. A chiudere la rassegna sara' il vincitore dell'Orso d'Oro 'Grbavica'.”Bye Bye Berlusconi è stato palesemente boicottato tramite intimidazione economica effettuata da parte di un partito politico.
1 aprile2006Su Il Giornale esce una dichiarazione di Massimo Ferrero: «“Confermo che Blu International ha acquisito i diritti per l'Italia del film tedesco Bye bye Berlusconi”. Lo afferma Massimo Ferrero, titolare della casa cinematografica, spiegando inoltre che sta valutando “dal punto di vista strettamente imprenditoriale il periodo migliore per lo sfruttamento dell'opera. Di certo, in questi giorni di campagna elettorale, il rischio di strumentalizzazione politica di un'opera artistica presentata alla Berlinale 2006 è elevatissimo. Strumentalizzazione che Blu International, nonostante il rilevante impegno economico dell'acquisizione vuole assolutamente evitare, soprattutto nel nome della sua storia di casa produttrice totalmente indipendente”».
9 aprile2006Elezioni politiche in Italia. Ormai è chiaro che Bye Bye Berlusconi non uscirà prima delle elezioni.
2 maggio2006Bye Bye Berlusconi presentato al Los Angeles Gohete Institut
22 maggio 2006 Il film viene presentato al mercato del Festival di Cannes(Deutsche Reihe)
29 maggio 2006 Bye Bye Berlusconi partecipa al Film festival Alba Regia di Budapest
17 giugno 2006 Valencia,Spagna. Bye bye berlusconi chiude il festival “Cinema Jove”
02 luglio 2006 Il Film é invitatao in Polonia a Lubuskie “Lato Filmowe” a Lagow
26 luglio2006Bye Bye Berlusconi arriva in Australia al Melbourne Film Festival
21 settembre 2006 Presentazione del film al "Copenhagen Film Festival"
10 ottobre 2006 Partecipazione al Flanders Film Festival Ghent 20 Ottobre 2006 BBB partecipa al Film Festival di Sao Paulo Brasil
10 novembre 2006 Bye Bye Berlusconi Partecipa al "Ljubljana Film Festival"
Gli episodi di intolleranza e aggressivita' dilagano.
“Quando una parte della destra radicale viene sdoganata politicamente molti si sentono autorizzati e compiono gesti che probabilmente prima non avrebbero fatto”. Lo afferma ad Articolo21, il giornalista Claudio Lazzaro, regista di NAZIROCK, boicottato al cinema e nascosto nelle librerie.
Non e' stato possibile diffonderlo al cinema per le diffide arrivate da Forza Nuova, il film conterrebbe "immagini, affermazioni, frasi, scene, ricostruzioni, gravemente diffamatorie del movimento". Il film ha avuto anche una distribuzione in libreria, pare però che perfino le librerie hanno paura di esibire Nazirock e lo nascondono.
Vi hanno impedito di vederlo al cinema? Non lo trovate in libreria ?
Su eBay.it, l'11-Mag-08 è stata pubblicata questa inserzione : CROMOLITOGRAFIA FUSTELLATA ITALIANA RISALENTE AGLI ANNI '20 Raffigura la Madonna del Soccorso, detta anche Madonna del "manganello", per lo strumento che tiene nella mano destra. Proveniente dalla mia collezione privata. CONDIZIONI PERFETTE Formato cm 5,8 x 10,7...
Non sapevo che esistesse la Madonna del Manganello, pensavo che fosse una trovata pubblicitaria o uno scherzo da "preti" , visto l'aria che tira.
Invece scopro che è tutto vero.
La Madonna del manganello è una rappresentazione iconografica della figura cristiana della Madonna, diffusa a Vibo Valentia durante il ventennio fascista e caduta in disuso con la deposizione del regime. Pur non avendo mai avuto un riconoscimento ecclesiastico ufficiale, la Madonna del manganello rientrò in un insieme di rappresentazioni diffuse, principalmente in forma di statue e santini, negli anni trenta del XX secolo nell'ottica dello spirito clerico-fascista voluto dalla Chiesa e dal regime stesso. Nell'ambito di questa corrente, si arrivò ad alcune aberrazioni quali san Francesco proclamato "precursore del Duce" nel 1926, o l'icona di santa Chiara in trionfo sui fasci littori. La statua della Madonna del Manganello fu realizzata dallo scultore leccese Giuseppe Malecore come arredo sacro per una chiesa non parrocchiale di Monteleone, attuale Vibo Valentia. La statua rappresentava una Madonna con bambino, nella tipica iconografia della Madonna del Soccorso che mentre nella mano sinistra sorreggeva il figlio Gesù, con la destra sollevava un manganello nodoso. Ai piedi della donna si trovava un secondo bambino in piedi. La stauta era realizzata in cartapesta colorata, e da questa rappresentazione furono in seguito realizzati con metodo fotografico alcune serie di santini. L'immagine fu ripresa dagli organi del partito, che la elessero dapprima a "patrona degli squadristi", poi a "protettrice dei fascisti". Asvero Gravelli, giornalista del regime, fascista intransigente e direttore della rivista Antieuropa, compose anche uno stornello come preghiera per il retro dell'immagine, che citava
« O tu santo Manganello
tu patrono saggio e austero,
più che bomba e che coltello
co i nemici sei severo.
O tu santo Manganello
Di nodosa quercia figlio
ver miracolo opri ognor,
se nell'ora del periglio
batti i vivi e gli impostor.
Manganello, Manganello,
che rischiari ogni cervello,
sempre tu sarai sol quello
che il fascista adorerà. »
La statua scomparve da Monteleone, e fu presumibilmente distrutta, alla fine della seconda guerra mondiale, con essa svanì la sua venerazione. ( TRATTO DA WIKIPEDIA ) NON PENSAVO CHE SI POTESSE ARRIVARE A TANTO, UNA MADONNA PROTETTRICE DEI VIOLENTI. BHO!
Un giorno incontrai un bambino cieco...mi chiese di descrivergli il mare, io osservandolo glielo descrissi, poi mi chiese di descrivergli il mondo...io piangendo glielo inventai...
Durante un incendio nella foresta, mentre tutti gli animali fuggivano, un colibrì volava in senso contrario con una goccia d'acqua nel becco. "Cosa credi di fare!" Gli chiese il leone. "Vado a spegnere l'incendio!" Rispose il piccolo volatile. "Con una goccia d'acqua?" Disse il leone con un sogghigno di irrisione. Ed il colibrì, proseguendo il volo, rispose:
"Io faccio la mia parte!".
Cambia menù per non consumare il mondo
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«E noi abbiamo una vera missione, in questa spaventosa miseria italiana, una missione non di potenza o di ricchezza, ma di educazione, di civiltà»
(P. P. Pasolini)
NIENTE REGALI ALLE MAFIE !
Ascolta l' intervento molto toccante di Salvatore Borsellino al NO B. DAY
La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.
Carlo Ruta
Censura, parla Carlo Ruta: "Ecco perché sono stato oscurato. E da chi"
Nel tempo dell'inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario.
Anche ad Avezzano il terremoto ha fatto i suoi danni e portato terrore. «Molta gente dorme ancora nelle macchine. Siamo sempre in stato d'allarme. Soprattutto perché ognuno di noi ha parenti, amici, colleghi che vivono a L'Aquila», racconta Ornella Gemini. Il suo pensiero, come quello di tutti, è per chi è vivo: «il dramma vero è vissuto da coloro che hanno perso tutte quelle cose a cui non si pensa mai, perché le diamo per scontate». La mente di Ornella, però, corre ogni notte a casa di quelle madri che hanno perso un figlio nella Casa dello Studente. Perché sa cosa vi troverebbe: «una mamma seduta in un angolo di divano che non riesce a dormire anche se imbottita di psicofarmaci. Sta lì, raggomitolata su se stessa, piange disperatamente il mondo che aveva tra le mani e il vuoto attuale». Ornella suo figlio lo ha perso il 24 giugno scorso, «"suicidato" nel carcere di Sollicciano, impiccato nel bagno». Niki Aprile Gatti aveva solo ventisei anni...
" La vigliaccheria chiede: è sicuro? L'opportunità chiede: è conveniente? La vana gloria chiede: è popolare? Ma la coscienza chiede: è giusto? "
(Martin Luther King )
Pandora : una voce diversa
ArcoirisTV
Dal blog di Daniele Sensi
Ponte sullo Stretto
Prima vennero per i comunisti, e io non dissi nulla perché non ero comunista.
Poi vennero per i socialdemocratici e io non dissi nulla perché non ero socialdemocratico
Poi vennero per i sindacalisti, e io non dissi nulla perché non ero sindacalista.
Poi vennero per gli ebrei, e io non dissi nulla perché non ero ebreo.
Poi vennero a prendere me. E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa.
(Martin Niemöller, pastore antinazista)
Genocidio dei Nativi Americani
Tutti devono sapere cosa è accaduto nelle scuole residenziali canadesi ad opera di funzionari della chiesa :centinaia di migliaia di bambini Nativi sono stati rinchiusi, dopo essere stati rapiti alle famiglie, e costretti a parlare solo inglese, a dimenticare la propria cultura e a professare la religione cristiana. Qui hanno subito violenze fisiche e sessuali, elettroshock, sterilizzazioni e, in molti casi, la morte.
Franca Rame recita "Lo Stupro"
Danilo Dolci
Se l'occhio non si esercita, non vede.
Se la pelle non tocca, non sa.
Se l'uomo non immagina, si spegne.
Gruppo EveryOne
ROM: "IO CHIEDO SCUSA"
LEGGI L'INTERVENTO DI DON CIOTTI
La maglietta «clandestina»
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Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948
EMERGENCY
Come scegliere
Chi finanzia la vivisezione - Chi aiuta i malati, ma non finanzia ricerche - Chi finanzia ricerche senza animali, e si oppone alla vivisezione, in Italia e in altri Paesi
Manifestazione virtuale contro la vivisezione
SEI UNO STUDENTE?
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Telethon finanzia questo.
Guida al Non Testato
Vieni a scoprire tutte le aziende italiane e straniere che aderiscono allo Standard internazionale
Dietro ad un capo in pelliccia o un semplice inserto si nasconde la sofferenza degli animali. Siano essi cresciuti nelle piccole gabbie di un allevamento o catturati con le tagliole, gli animali sono quelli che ci rimettono la pelle per la vanità e il profitto di alcuni esseri umani.
LA TERRA DIVORATA
Roghi tra Napoli e Caserta
Perchè le chiamano morti biache?
Film tratto da una storia vera
CADUTI SUL LAVORO
Ecco, in ordine cronologico, gli incidenti mortali riportati dalla stampa nel 2008 e i nomi dei tanti eroi ignoti morti di lavoro e nel lavoro e relegati in qualche breve di cronaca.
L'ARCHIVIO RAI SU INTERNET
Camilleri 5 poesie "incivili"
Camilleri 10 poesie "incivili"
Pro Tibet
Antonio Tabucchi
"...Io credo che c'è una classe politica italiana che si sta calando in uno scafandro dove non vuole essere ascoltata, dove ha paura. Dimostra molta paura! Il fiume della storia se la porterà via presto. Non sono eterni. Arriverà qualcosa di nuovo, sta già arrivando... io credo di sentirlo e lo auguro a me e a voi". (Anno Zero 05/02/2009)
BASTA! HAI PROPRIO ROTTO.
I PROCESSI DI BERLUSCONI
Ho ricevuto questo premio da stella.Grazie!
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