Ascoltate Josè Saramago intervistato da Serena Dandini

lunedì 8 marzo 2010

Mimose? No, grazie!

Come ogni 8 marzo, il sistema sociale e politico in cui viviamo concede a tutte le donne una giornata a loro dedicata, festeggiando la loro esistenza e riconoscendo la loro dignità. Sfruttata, umiliata e sottomessa in tutto il mondo e in tutti gli ambiti per trecentosessantacinque giorni all’anno, durante questa giornata ogni donna può però finalmente proclamare ad alta voce ciò che il sistema le suggerisce all’orecchio, ovvero il raggiungimento della tanto agognata emancipazione.
Un’emancipazione ovviamente illusoria e limitata entro i paletti delle logiche patriarcali e maschiliste che tracciano i confini sociali, culturali e sessuali oltre i quali non è concesso andare. Ci sono ruoli molto precisi ai quali ogni donna deve attenersi per godere di una libertà compatibile con il sistema: mamma, moglie, amante o oggetto sessuale. Ciò che importa è che le donne non ragionino con la loro testa e interpretino docilmente il ruolo che i maschi impongono loro anche attraverso i modelli propinati dalla TV e dalla pubblicità.
Se, ad esempio, si tratta di soddisfare il desiderio maschile di una donna sempre pronta e disponibile, l’emancipazione femminile viene incoraggiata sotto le mentite spoglie di una libertà che è solo mercificazione del corpo e della sessualità. Ma questa presunta libertà torna immediatamente a restringersi quando le donna rivendica la propria autodeterminazione a decidere sul proprio corpo e sulla propria vita, come davanti alla possibilità di scegliere se portare avanti o meno una gravidanza.

Il nostro pensiero, oggi che è l’8 marzo, va a tutte le donne in ogni angolo del mondo, alle donne ricattate dalle provocazioni e dalle violenze di mariti e fidanzati autoritari, a quelle che subiscono il moralismo dei preti e dei benpensanti, a quelle che si prostituiscono per vivere, a quelle che non trovano lavoro, a quelle che non ce la fanno ad alzare la testa.
Il nostro pensiero va alle donne immigrate che vivono una doppia condizione di discriminazione come le coraggiose ragazze africane "Joey, Florence e le altre" che l’anno scorso hanno partecipato alla rivolta nel Centro di identificazione ed espulsione di Milano, hanno denunciato un tentativo di stupro da parte di un commissario di polizia, sono state rinchiuse in carcere e, scontata la pena, sono state nuovamente deportate in altri Centri di detenzione per immigrati.

Se non si comprende che la libertà delle donne è "nella sua essenza" la libertà di tutti, allora non sarà possibile raggiungere una vera emancipazione.
Fin quando anche una sola donna sarà oppressa, svilita, umiliata, tutta la società non potrà dirsi veramente libera.
(Coordinamento Per la Pace, Trapani - pubblicato su http://a.marsala.it)


È donna. Pestata dal Branco.

Otto marzo: basta con le ipocrisie!





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1 commento:

calendula ha detto...

si anche io trovo francamente orrendo il fatto che si debba proclamare un giorno all'anno per ricordare i diritti delle donne... tu immagina quanto si sente superiore il "maschio retrogrado".. ci concede una giornata....che tristezza..