Ascoltate Josè Saramago intervistato da Serena Dandini

venerdì 12 marzo 2010

A Catania i reati sono perseguiti su base etnica


Arrivano di corsa, urlando. Inseguono i senegalesi con le auto di servizio. Li scaraventano a forza nelle volanti. Chi ha i documenti in regola finisce ugualmente in Questura. Sono tante le segnalazioni di sequestri di merce senza verbale e multe fino a mille euro. Giocano a fare gli sceriffi, simulano una piccola guerra. Una camionetta della Polizia in pianta stabile all’imbocco di Corso. Retate quotidiane nelle ore di maggiore affollamento. Presidi in tenuta antisommossa. Inseguimenti e scontri fisici in pieno centro. Dallo scorso dicembre, a Catania i reati si perseguono su base rigorosamente etnica. La logica del “pacchetto sicurezza” è spesso ridicola, ma in alcuni contesti ancora di più. Per esempio, nelle città del Sud dove funzionari, politici e bottegai si illudono di essere in Padania e provano a fare i leghisti.

Gli effetti sono semplicemente grotteschi. A pochi metri di distanza gli italiani vendono di tutto, senza che nessuno indaghi su documenti in regola e provenienza. La merce contraffatta è frutto di circuiti mafiosi, ma è più comodo prendersela con l’ultimo anello della catena.

In tutta la città si organizzano le corse clandestine dei cavalli, con tutto l’indotto di scommesse, macellazione clandestina, stalle abusive e logistica. Le indagini non sono complicatissime. Basta digitare su Youtube “corse cavalli Catania” e compaiono centinaia di video, come evidenziato dalla sezione palermitana di Repubblica.it. A “Tempesta”, un purosangue imbattibile, hanno dedicato una canzone neomelodica. “A strada è ‘a stessa ‘i tante vote, quanti guaglioni ti currono appresso ‘cu i motorini ‘ppe te guardà…”. Infatti sono centinaia le persone che si affollano lungo le strade chiuse all’alba. I campioni sono “Ronaldinho”, “Valentino” e “Pocket Coffee”. Animali allevati nei quartieri di periferia, una vera mania di massa. E’ noto che la carne di cavallo che si trova sui banconi della città è di provenienza dubbia, che ci sono tante macellerie clandestine, che i cavalli usati per le corse sono gonfiati di estrogeni. Non è difficile ipotizzare gravissimi rischi per la salute pubblica, ma nessuno sembra preoccuparsi più di tanto. Meglio perseguitare i senegalesi, fingere che i portici di corso Sicilia siano quelli di una tranquilla città settentrionale: grassa, pacifica e razzista.

La city

Lo scorso 17 gennaio, uno dei tanti blitz della polizia. Una irruzione violenta, la fuga, i tafferugli. I senegalesi denunciavano di essere stati presi a colpi di manganello in testa. I poliziotti del sindacato autonomo Adp, invece, hanno parlato di sprangate ricevute, ma sono stati smentiti dal responsabile delle volanti. Il console onorario del Senegal a Catania chiedeva un incontro con le istituzioni. “La Sicilia” – il quotidiano locale - gioca a fare il foglio del Nord.

Corso Sicilia sarebbe la “City”, il quartiere degli affari violato dalla “povera merce” degli africani “violenti e abusivi”. In realtà, sono solo cinquecento metri di cubi di cemento, l’inizio di un sacco edilizio – per fortuna fermato - che stava per distruggere il centro storico barocco. A distanza di anni, l’Unesco riconoscerà il duomo di S.Agata come patrimonio dell’Umanità. Spariranno le banche e le imprese dei “cavalieri” legati a doppio filo con la mafia che anche lì avevano le loro sedi. La movida sostituirà il coprifuoco segnato dagli scippi e dalle rapine. Eppure c’è ancora chi rimpiange gli anni ’80: gli africani “deturpano il decoro della City”, secondo il cronista de “la Sicilia”. Rovinano il simbolo di quella che “era chiamata a ragione la Milano del Sud”. “Mi dispiace ma per me le regole vanno rispettate”, dice un cittadino interpellato da un cronista. “Alla fine hanno capito che bisogna cambiare aria”. Ed ancora: “E’ stata dura per gli africani digerire le regole”. “Abbiamo agito in corso Sicilia cercando di portare ordine e decoro”, conclude il sindaco Stancanelli.

Ai margini

Tutte le contraddizioni di Catania in pochi metri quadri: negozi di lusso, librerie, locali e aspirazioni nordeuropee. Banche e sedi di imprese. Più in là il cantiere della metropolitana. Ma anche la vitalità sregolata da suq della “fera o luni” - la fiera del lunedì, che però si tiene quotidianamente - dove un qualunque abitante del Sud del mondo può sentirsi a casa propria. Fast food cingalese, cinesi col carretto, due negozi di articoli alimentari importati da tre continenti, merci contraffatte e rubate, una folla pulsante, traffico caotico e venditori che banniano, cioè urlano per pubblicizzare la propria mercanzia.

“Da settimane la tolleranza zero si esercita solo contro giovani ambulanti che, privati dalle loro fonti di sostentamento e non trovando canali legali di regolarizzazione per lavoro autonomo o dipendente, vengono così spinti nell’accogliente industria della criminalità”, denuncia la “Rete antirazzista catanese” in un comunicato del 4 febbraio. Non ci vuole molto a capire che la marginalizzazione degli stranieri – alla fine - produrrà insicurezza per tutti. Poche settimane prima, il 22 dicembre, le associazioni antirazziste erano scese in piazza insieme agli africani. “Le forze di polizia non si occupano della violenza sfacciata e brutale praticata dalle bande criminali che imperversano nella nostra città”, recitava il volantino. “In corso Sicilia si trova anche merce contraffatta di alto livello, con un giro d’affari notevole”, ammette la giornalista Rosa Maria Di Natale. “Ma in una città normale le regole si stabilirebbero a tutti i livelli, invece a pochi metri di distanza gli italiani fanno la stessa cosa. In questo modo appare più comodo colpire ‘abusivi extracomunitari’ che concittadini”.

Aspettando

“Aspetto la sanatoria per la regolarizzazione”, mi dice Mohamed, un ragazzo senegalese che incontro alla sede dell’Arci, proprio in piazza Carlo Alberto, pochi metri da corso Sicilia. “Abbiamo avuto un incontro tra il vicequestore e il responsabile della nostra comunità, gli hanno chiesto di farci spostare. La delegazione è andata anche in Prefettura e al Comune, ci hanno promesso una tregua. Invece hanno continuato. Hanno parlato di un’area per noi. Se regolari”. Ma come si fa ad uscire dalla “clandestinità”? In nessun modo, non è possibile. Si può solo attendere una provvedimento di regolarizzazione.

“Qualche sabato fa alcuni poliziotti hanno colpito duramente alcuni migranti che non volevano lasciare le loro bancarelle”, racconta Daniela Di Mauro del movimento antirazzista catanese. “Tutto questo in pieno centro e sotto gli occhi di tutti. Due stranieri che hanno fatto resistenza sono stata portati via, gli altri sono riusciti a disperdersi. Il lunedì successivo un numero elevato di poliziotti in tenuta antisommossa si è schierato in piazza Stesicoro - adiacente al corso Sicilia - per impedire ai migranti di montare le bancarelle”.

“Hanno iniziato i controlli nel periodo di Natale, lo scorso anno”, ricorda Daniela Pagano dell’Arci. “Qui all’Arci abbiamo un numero di telefono per i migranti, possono chiamare in caso di abusi, ad esempio merce sequestrata senza verbale. Abbiamo ricevuto numerose segnalazioni. Tra le chiamate ricevute, un asiatico ci ha raccontato di due poliziotti che lo hanno inseguito lungo via Etnea, preso e scaraventato in macchina. Un nostro legale è intervenuto. Ovviamente noi denunciamo che si fanno due pesi e due misure.

Non dimentichiamo che siamo la città dell’illegalità”.

( Antonello Mangano)

Fonte:www.terrelibere.org

4 commenti:

calendula ha detto...

è successo anche qui a Cagliari.... ma la gente ha vivamente protestato...e quindi molto spesso le guardie vanno via

amatamari© ha detto...

Sarebbe ridicolo se non fosse tragico...
:-(

Anonimo ha detto...

Rosa
tesoro vieni a leggere il mio ultimo post...ho bisogno di conforto!!

Ti voglio bene un bacio
Ornella

Damiano Aliprandi ha detto...

Se la prendono con i disperati, e la mafia agisce in maniera indisturbata. Anzi, non dimentichiamolo, sfrutta per bene anche gli stranieri come succede a Rosarno.