Ascoltate Josè Saramago intervistato da Serena Dandini

sabato 17 gennaio 2009

EPILOGO



Ora basta con la finzione.
Io ho 50 anni siamo in pieno 2000 e mi domando che eredità stiamo lasciando ai nostri figli? Forse in alcuni casi un normale benessere, ma non è questo il punto...
Voglio dire c’è un’ idea, un sentimento, una morale, una visione del mondo?
No, tutto questo non lo vedo.
Allora ci saranno senz'altro delle colpe.
Si, il coro della tragedia greca: “... I figli devono espiare le colpe dei padri”.
Siamo forse noi i padri insensibili, autoritari, legislatori di stupide istituzioni? Credo di no.
Allora dove sono le nostre colpe?
E che è troppo facile per noi essere pacifisti, antiautoritari e democratici.
I nostri nonni avevano fatto la Resistenza... forse... avremmo dovuto farla anche noi... la Resistenza.
E’ sempre tempo di resistenza... magari ad altre cose.
Allora perché invece di esibire il nostro atteggiamento libertario non abbiamo dato lo sguardo all’avanzare dello sviluppo insensato?

Perché invece di parlare di buoni e di cattivi non abbiamo alzato un muro contro la mano invisibile e spudorata del mercato?
Perché avvertiamo l’appiattimento del consumo ma continuiamo a comprare motorini ai nostri figli?
Perché non ci siamo mai ribellati alla violenza dell’oggetto?
Perché non abbiamo mai preso in considerazione parole come essenzialità.
Il Mercato... ci ringrazia.
Gli abbiamo dato il nostro prezioso contributo.
E voi, ... sì ...voi come figli...
Voi venticinquenni di ora, non avete neanche una colpa?
Dove è il segno di una vita diversa? Forse sono io che non lo vedo
Ma rispondetemi, dove è la spinta verso qualcosa che sta per rinascere?
Dove è la vostra individuazione del nemico?
Quale resistenza avete fatto contro il potere, contro le ideologie dominanti, contro la logica del consumo, contro il dilagare del superfluo?... Il Mercato ringrazia anche voi.

D’accordo non posso essere io a lanciare ingiurie contro la vostra impotenza, c'ho da pensare alla mia
Però spiegatemi perché vi abbandonate ad un’inerzia così silenziosa e passiva?
Perché vi rassegnate a questa vita mediocre, senza l’ombra di un desiderio vero, di uno slancio, di una proposta qualsiasi?
Vitale, rigorosa, qualcosa che possa esprimere almeno un rifiuto, un’indignazione... un dolore.
Perché il dolore ti aiuta a crescere, il dolore è visibile... chiaro... localizzato.
Ma quale dolore? Ormai non sappiamo neanche più cos’è... Il dolore... siamo caduti in una specie di noia, di depressione
... certo il marchio dell’epoca, la malattia dell’epoca.
E quando la depressione s’insinua dentro di noi... tutto sembra privo di significato...s enza sostanza... senza nulla.
Salvo questo nulla... non identificabile... che ci corrode.





“Io quella volta lì avevo 25 anni”

Un testo che Gaber stava scrivendo assieme a Sandro Luporini nell´ultimo periodo della sua vita, e che non ha avuto il tempo di decantare, un testo composto da sei brevi monologhi, uno per decennio, a partire dagli anni Quaranta.
L'epilogo ci mostra un uomo ( il narratore) che vede il fallimento di un´utopia, di una speranza, e cerca di capire dove ha sbagliato.

6 commenti:

Alex ha detto...

La società moderna non cambierà finchè metterà al centro la produzione e non l'uomo. Nel mondo attuale l'uomo viene adattato alle esigenze della produzione, e non viceversa. Anche se, a dire la verità, non è vero che tutti lavoriamo in modo schizzofrenico per niente, ma c'è qualcuno che da tutto questo trae giovamento.


Ti aspetto sul mio blog.

Latitudine 37° 31' 0'' N ha detto...

monologo attuale e potente!

la nostra schiavitù nei confronti del mercato è causata da oggetti che il più delle volte non ci servono ma che aspiriamo, lottiamo e ci sacrifichiamo per avere ... se questa è la parabola della vita nel 2000, a cosa è servito il medio evo?

Unknown ha detto...

Nel secolo appena passato grandi uomini ci hanno offerto la strada, costoro sono stati tutti barbaramente uccisi da dei "folli"..M.L.King, Gandhi..John Lennon, oggi la stragrande maggioranza di chi arriva a posizioni di dirigenza e di fama come loro pensa che portare avanti questi principi fatti di amore er l'umanità sia quantomeno inutile;
attendo un altro grande uomo che sia in grado di traghettarci verso la virtù.
Quando arriverà?

Unknown ha detto...

Il dolore...
crediamo di conoscerlo,ma finchè non lo si vive,possiamo solo immaginare di conoscerlo.

Damiano Aliprandi ha detto...

Ma siamo sicuri che ha sbagliato, ma in realtà non siamo stati bravi a conservare e far crescere le utopie? E non a farle estinguerle completamente?

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Monologo interessante. Bisio è bravo come sempre.trala